2025-08-06
Roccella: «Troppi pochi dati: perciò limitiamo i farmaci che bloccano la pubertà»
Il ministro per la Famiglia Eugenia Roccella (Getty Images)
Il ministro per la Famiglia spiega il ddl sull’uso della triptorelina nei minori: «Occorreranno una diagnosi precisa e un percorso psicoterapeutico. Ragazzini schedati? Bugia di Zan: la privacy sarà rispettata».Eugenia Roccella, ministro per le Pari opportunità e la famiglia, ieri il governo ha deciso di licenziare un ddl con cui limita l’uso della triptorelina, farmaco bloccante della pubertà solitamente somministrato ai minorenni con disforia di genere. Perché questa decisione?«Si tratta innanzitutto di capire cosa accade ai nostri ragazzi. Stiamo attenti a ogni farmaco che diamo ai nostri figli, facciamo grandi riflessioni sull’uso eccessivo degli antibiotici, dibattiti sugli integratori alimentari, campagne sul cibo bio... È impensabile che non ci si ponga il problema di percorsi così impattanti e in gran parte senza ritorno, soprattutto quando si iniziano in un’età tanto precoce. A livello internazionale, Paesi che erano andati molto avanti sulle transizioni di genere dei minori stanno facendo marcia indietro. Ma i dati da noi oggi sono scarsi e poco significativi, sostanzialmente inservibili. Anche il Comitato nazionale per la bioetica ha segnalato questo problema, sollecitando procedure e monitoraggi più rigorosi. Credo che la nostra proposta di legge sia una iniziativa a tutela della salute dei minori. L’interesse dei minori deve venire sempre al primo posto».Ora chi potrà accedere al farmaco? «Il tema riguarda i minori con diagnosi di disforia di genere, cioè che manifestano un forte disagio nel riconoscersi nel sesso di nascita. Una difficoltà che non voglio banalizzare, ma che sarebbe grave ideologizzare, anche perché può avere tante cause e soprattutto sviluppi non univoci, perché condizioni come la disforia nel corso dell’età evolutiva possono modificarsi. Fare di questi bambini e di questi ragazzi una bandiera della fluidità, senza attenzione né sufficienti cautele, significa attentare alla loro salute e al loro sviluppo. Oppure vogliamo far finta di non vedere le esperienze dei detransitioner, che vivono indicibili sofferenze e difficilmente riescono a tornare indietro? C’è un’età per ogni cosa, una maturità per ogni cosa, soprattutto a fronte di corpi che crescono e che crescendo si modificano. Con la nuova legge non proibiamo nulla: semplicemente, per somministrare i bloccanti della pubertà e gli ormoni bisognerà seguire un percorso serio e molto rigoroso”.A chi spetta il compito di decidere a quali ragazze e ragazzi potrà essere somministrato il farmaco?«Ci vorrà una diagnosi specifica da parte di una équipe multidisciplinare, e bisognerà documentare gli esiti dei percorsi precedenti sul piano psicoterapeutico. Ci saranno inoltre dei protocolli specifici emanati dal ministero della Salute, e in attesa di questi protocolli servirà l’assenso del Comitato etico pediatrico nazionale, un organismo già esistente. Infine, i farmaci saranno dispensati soltanto presso le farmacie ospedaliere. Mi aspettavo un plauso almeno su questo. E invece niente, quando c’è di mezzo l’ideologia si accetterebbe perfino che i farmaci bloccanti venissero distribuiti in farmacia come un’aspirina…».Che cosa prevederanno i protocolli del ministero per la somministrazione?«Prevederanno modalità più appropriate per la somministrazione dei farmaci. Il riferimento per orientarsi sarà la letteratura scientifica e la sua evoluzione. E anche qui, i campioni di coerenza, per i quali ogni progresso tecnoscientifico equivale a un progresso sociale, vorrebbero far finta di non vedere i grandi dubbi che stanno crescendo a livello internazionale sulle transizioni di genere dei minori. Basti pensare al fatto che in Gran Bretagna, a seguito del rapporto Cass, non si possono più prescrivere bloccanti».Come dovrà comportarsi ora l’Aifa, l’agenzia del farmaco?«L’Aifa dovrà attivare un registro per monitorare i percorsi diagnostici e prescrittivi, i decorsi clinici, i follow up. Ogni sei mesi trasmetterà un rapporto al ministero della Salute, dove un tavolo tecnico guidato dai nostri due ministeri studierà i dati e invierà poi una relazione al Parlamento. Questo tema è delicatissimo, ha tante implicazioni, deve essere monitorato e conosciuto, anche per evitare che interventi così pesanti, e in buona parte irreversibili, vengano decisi e praticati con leggerezza. Siamo di fronte a una autentica questione antropologica, e l’attenzione non può essere solo medica ma deve essere anche sociale. Qualcuno ha parlato di “contagio sociale” a proposito delle transizioni, ma noi non abbiamo neanche i dati più elementari per dire se sia vero o no».Se ho capito bene uno degli scopi di questo ddl è il monitoraggio dei pazienti con conseguente raccolta di dati. Finora tutto ciò non è stato fatto?«No, e appunto, come detto, i dati non ci sono e quando esistono sono discontinui, disomogenei, assolutamente inadeguati. Ricordo ancora una volta che di mezzo c’è la salute dei bambini e dei ragazzi e che lo stesso Comitato di bioetica ha sollevato il problema. Sempre per questa ragione, insieme al ministro Orazio Schillaci, abbiamo istituito qualche tempo fa un tavolo di professionisti ed esperti che sta ancora lavorando. Ma la legge potrà dare un grande aiuto, e portare l’Italia al passo con il dibattito che c’è nelle altre nazioni. In Inghilterra, ad esempio, prima ancora che dai detransitioner la retromarcia è stata innescata dalle persone che hanno lamentato la superficialità del percorso, la carenza di informazioni, e quindi sostanzialmente una transizione non abbastanza consapevole. Sapere come si arriva alle prescrizioni, quanti ragazzi dopo il blocco della pubertà sono andati avanti con l’assunzione degli ormoni, quanti poi proseguono con la transizione chirurgica, è importantissimo per comprendere il fenomeno a tutela dei più piccoli. E probabilmente scoraggerà prescrizioni mediche a cuor leggero».Ora come saranno raccolti questi dati, e come saranno utilizzati?«Ho letto dichiarazioni stravaganti, come quella di Alessandro Zan, che parlano di “schedatura” di minori. Siamo oltre il ridicolo. A parte infatti che il registro riguarda l’uso dei farmaci e non le persone, segnalo che presso l’Aifa ci sono già decine e decine di registri analoghi su altri farmaci, che seguono procedure consolidate anche ovviamente in materia di privacy. Non a caso la legge prevede che il registro sia tenuto non dal ministero, che è un organo politico, ma dall’Aifa, che è l’ente di farmacovigilanza. Forse Zan pensa che l’Aifa che voglia schedare i ragazzini? Ma è singolare che dopo tanti registri gli venga in mente solo ora…».Esiste la possibilità che l’uso della triptorelina sia bloccato totalmente? «La decisione dipende delle autorità di farmacovigilanza, e infatti fu l’Aifa tempo fa a porre i farmaci bloccanti e gli ormoni a carico del Servizio sanitario nazionale (nel caso della triptorelina in modalità definita “off label”, e cioè per un uso diverso da quello per il quale il farmaco aveva avuto l’autorizzazione al commercio). A monte, però, si deve considerare l’evoluzione della letteratura scientifica e del dibattito a livello internazionale».Finora, soprattutto fuori dall’Italia, l’approccio alla disforia di genere è stato per lo più affermativo. Si dice cioè che i minori debbono affermare il proprio genere e, in buona sostanza, i professionisti e la società dovrebbero sostenerli in questa affermazione. Questo approccio va cambiato? Come?«C’è stata nel tempo una progressiva negazione della dimensione biologica del corpo sessuato, che ha portato all’affermazione dell’auto-percezione, del “non binarismo”, e per questa strada a grandi ingiustizie, soprattutto nei confronti delle donne. Basti pensare alle competizioni sportive. E vorrei ricordare che tutti i dubbi sulla correttezza della vittoria di Imane Khelif alle Olimpiadi di pugilato oggi si sono rivelati fondati. Alimentare questa ideologia sulla pelle dei bambini è qualcosa di molto preoccupante. Ma il vento sta cambiando».È giusto secondo lei che un minore sia avviato verso un percorso di transizione di genere?«Io credo che la consapevolezza del corpo biologico vada riaffermata. Ma in ogni caso, nel rispetto delle scelte di ciascuno, sono tante le scelte e le azioni della vita che richiedono la maggiore età. Tutelare i minori di fronte a situazioni così delicate, dalle quali è difficile se non impossibile tornare indietro, è un atto d’amore e di protezione nei loro confronti».
Brunello Cucinelli (Imagoeconomica)
Plastico del Ponte sullo Stretto (Imagoeconomica)
Nel riquadro, Andrea Baccarelli, preside della T.H. Chan school of public health di Harvard. (IStock)
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