2025-08-18
Carlo Fidanza: «Sui rom la sinistra fa come gli struzzi»
Carlo Fidanza (Imagoeconomica)
Il capodelegazione di Fdi all’Europarlamento: «Altro fallimento della giunta di Milano: zero bastone e troppe carote. Ora si proceda con sgomberi non di facciata. Donald merita il Nobel? Certamente più di Obama».Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo e vicepresidente di Ecr Party: il giudice minorile di Milano ha disposto il divieto di espatrio per i tre minori rom che, a bordo di un’auto rubata, hanno travolto la 71enne Cecilia De Astis a Milano. Un caso che ha scatenato il dibattito sulle «zone franche» dove la legalità non arriva.«Siamo di fronte al fallimento del modello Milano. Si pagano anni di mancate risposte, a causa dell’approccio ideologico delle giunte di sinistra. Hanno sempre considerato la sicurezza come un vezzo borghese, una questione di “percezione”, quando invece si tratta di un’emergenza tragicamente concreta».Non è sorpreso di quanto accaduto al quartiere Gratosoglio?«I nostri consiglieri di quartiere avevano spedito lettere e avanzato interrogazioni, recependo il grido di dolore dei commercianti e dei residenti, vessati dalle scorribande dei rom dell’insediamento abusivo di via Selvanesco. Era una questione nota, su cui si è scelto di chiudere gli occhi».Dunque a Milano si guarda solo ai quartieri di lusso?«Milano è diventata una città per pochi, molto ceto medio è andato via. A causa dei costi, della guerra alla mobilità privata, e per l’appunto, dell’insicurezza. Chi non ha potuto fuggire, si è ritrovato a vivere in quartieri periferici sempre più degradati, abbandonati dalle istituzioni locali. I quartieri difficili sono il simbolo di un modello di integrazione che non ha mai funzionato, e che è finito in tragedia».Il ministro Salvini dice: quel campo rom è da radere al suolo.«Ovviamente quell’insediamento non doveva affatto nascere. Durante le amministrazioni di centrodestra, gli accampamenti irregolari venivano perseguiti a suon di sgomberi, 350 in pochi anni. Oggi tutto è lecito. I problemi non riguardano solo i campi rom abusivi, ma anche quelli autorizzati, dove si è totalmente perso il controllo, non ci sono più verifiche né censimenti. Non si sa chi siano i residenti, è proliferata la popolazione, i bambini non vanno a scuola, e vengono utilizzati per delinquere».Quindi occorre superare il sistema dei campi rom?«L’integrazione funziona se è accompagnata dalla legalità. Per dirla diretta: servono il bastone e la carota, ma in questi anni abbiamo visto solo carote. Nessuno fa rispettare la legge in certi territori».Al governo c’è il centrodestra: non avete responsabilità?«Sono i Comuni che pianificano le operazioni di sgombero e chiedono l’ausilio della forza pubblica al questore e al prefetto, i quali danno ordini di conseguenza. L’input deve arrivare dal Comune, che deve preoccuparsi anche dei relativi interventi sociali, visto che tanti minori dovrebbero essere inseriti nelle comunità, con accompagnamento per i fragili. Nel caso specifico, a Milano avevamo istituito un nucleo specializzato di polizia locale per lo sgombero di campi abusivi e delle case popolari occupate. Quando arrivò Pisapia e iniziò l’era della sinistra, la polizia locale tornò a fare le multe ai milanesi e le pattuglie militari-polizia vennero abolite».Dunque non ci sarà un intervento sui campi rom a livello nazionale?«La collaborazione dei Comuni è imprescindibile, ma con certe amministrazioni purtroppo parliamo lingue diverse. Speriamo che dopo questa tragedia la smettano di mettere la testa sotto la sabbia e si attivino per sgomberi non di facciata. Il governo è pronto a fare la sua parte».Walter Veltroni sostiene che con questo governo gli italiani si sentono più insicuri.«Veltroni non è informato e non legge i dati. Gli ultimi numeri del Viminale dicono che i rimpatri degli irregolari sono aumentati, e con essi il rigetto delle richieste d’asilo infondate. C’è stato un ottimo risultato contro le occupazioni abusive di immobili. Insomma, un lavoro positivo che va avanti, nonostante le campagne della sinistra e l’opposizione ideologica di una parte della magistratura. Intanto la realtà si è già incaricata di smentire Veltroni».Lasciamo l’Italia e parliamo di sicurezza globale. Dall’Alaska ci sono «spiragli di pace», ha detto il premier Giorgia Meloni. Ci sarà modo di ottenere per l’Ucraina quelle garanzie necessarie per chiudere il patto?«Nell’incontro Trump-Putin si è parlato di garanzie di sicurezza fondate sul meccanismo dell’articolo 5 della Nato,. È una proposta che è stata lanciata proprio da Giorgia Meloni, come garanzia per l’Ucraina e per l’Europa. È quella la strada da seguire, che prevede il coinvolgimento degli Stati Uniti, senza i quali, volenti o nolenti, non si può parlare di sicurezza nel continente europeo. È ovvio che ci sarà bisogno di tempo, ma già arrivare a questo punto non era pensabile».Merito di Donald Trump?«Il presidente Trump ha il merito di aver insistito su questa strada con decisione. Assistiamo a una corsa della sinistra e del mainstream a condannare Trump per aver steso i tappeti rossi a Putin. Ma dobbiamo badare alla sostanza, in questo tipo di trattative. Conta il risultato, e ci aspettiamo da parte russa passi concreti per il raggiungimento della pace».Trump può aspirare legittimamente al Nobel per la pace?«È stato assegnato a Barack Obama senza che facesse nulla. Biden ha fatto disastri. Trump in pochi mesi ha fermato sei guerre e lo meriterebbe più dei suoi predecessori».Una parte d’Europa non rema a favore della pace?«L’Europa si è molto spesa per Kiev ma oggi il carro lo guida Trump, è evidente. Ci sono leader, in Europa, che non si rassegnano e cercano disperatamente di ritagliarsi un ruolo senza averne la forza».Si riferisce all’incontro, in Scozia, tra Trump e Von der Leyen?«Non ho mai votato Ursula Von der Leyen, al contrario di Partito democratico e M5s, che prima l’hanno messa in sella e oggi la scaricano pubblicamente. Tuttavia, Von der Leyen ha responsabilità solo negli ultimi sei anni: per il resto, paga anche le scelte politiche sbagliate compiute in Europa negli ultimi due decenni. La competitività è stata indebolita, la burocrazia è cresciuta a dismisura, le follie green di Timmermans hanno distrutto la nostra forza industriale. Non abbiamo mai investito nella difesa, riparandoci comodamente sotto l’ombrello americano, abbiamo accumulato ritardi enormi su tecnologie ed energia. La debolezza politica dell’Europa di oggi è la conseguenza di questo sfacelo».Quindi i dazi di Trump sono solo il colpo di grazia su un’ Europa che si è auto flagellata?«Sì, e favorire l’ingresso della Cina nel Wto è stato uno degli errori più grandi. Un evento che era stato salutato dalle élite europeiste come un grande momento di sviluppo democratico, si è poi rivelato molto più disastroso dei dazi americani».È preoccupato delle mani cinesi allungate sulle aziende pubbliche italiane?«L’Italia ha già una normativa sul golden power molto evoluta. Bisogna attuarla seriamente, senza fare caccia alle streghe ma assicurandosi che le imprese strategiche siano saldamente sotto il controllo nazionale. È stato fatto con Pirelli, e a maggiore ragione questa condotta dev’essere applicata sulle società a partecipazione pubblica».Romano Prodi scrive che, con i dazi, il presidente Usa Trump sta perseguendo fini politici con strumenti di tipo economico.«Ben svegliato. Trump fa gli interessi degli Stati Uniti, ed è legittimo. Alza i dazi anche all’India per portarla dalla sua parte. Il punto è che i dazi americani dovrebbero indurci a compiere una scelta di campo».Quale?«La scelta è tra una politica economica e industriale filo-cinese, come quella che l’Europa ha perseguito in questi anni, favorendo le delocalizzazioni e la dipendenza energetica verso Pechino, oppure procedere con un riorientamento delle catene del valore, con i partner occidentali e gli amici dell’Occidente. L’Europa dovrebbe scegliere con decisione questa strada. Con buona pace di Prodi, principale esponente europeo del partito filo cinese».Dunque l’Europa dovrebbe muoversi come Donald Trump sul piano economico-commerciale?«Sì, ma alcuni leader europei, Macron in testa, reagiscono d’impulso, e vorrebbero riconsegnare l’Europa nelle mani dei cinesi, i nostri principali competitor. E tutto ciò solo per fare un dispetto a Trump? Un suicidio».Quindi sono i filo cinesi a preoccuparla, in Europa?«Con il Green deal ci hanno legato mani e piedi alla Cina, e oggi approfittano dei dazi Usa per spingerci ancor di più tra le braccia di Pechino, condannandoci alla desertificazione perpetua dell’industria europea. Faremo di tutto per impedirglielo».
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