
Acerbi, Thuram, Bastoni e un autogol di Angelino chiudono la pratica con i giallorossi. Ma nel primo tempo i ragazzi di De Rossi erano andati al riposo in vantaggio. I nerazzurri, a +7 sulla Juventus (che gioca domani), provano a fare il vuoto alle loro spalle.Lo squalo tigre ha un nome, Marcus Thuram. Nella vasca da bagno dello stadio Olimpico il francese azzanna alla giugulare la Roma quando è in vantaggio e sta giocando meglio, tiene in piedi un’Inter per la prima volta sull’orlo dell’abisso, dà il via alla rimonta che porta la capolista a più sette in classifica sulla Juventus. E a dare l’impressione di avere disinnescato una trappola letale. Roma-Inter finisce 2-4, con le squadre stremate dopo una battaglia spettacolare e cattiva, con un’altalena di punteggio che esalta il campionato troppo spesso depresso dai «corti musi» e da chi li ha inventati. Onore all’Inter che non muore mai, onore alla Roma che dopo un mese di Daniele De Rossi alla guida sembra una fuoriserie. Con Josè Mourinho era un camion, all’andata in 95 minuti non aveva fatto un tiro in porta, qui sette. Unico giocatore svanito e svampito, reduce da un’altra era geologica, sembra sempre Romelu Lukaku, il grande paracarro.Sotto il diluvio, in uno stadio Olimpico fremente, va in scena anche la sfida fra i club più indebitati d’Italia: Roma 448 milioni di rosso, Inter 437, anche se John Elkann è pronto a staccare un assegno di 900 milioni (terzo rifinanziamento consecutivo in quattro anni) per la Juventus. Ma Exor può permetterselo. Al fischio d’inizio dell’arbitro Marco Guida, De Rossi mostra la barba e la grinta di Leonida alle Termopili. Sin qui non ha sbagliato una mossa: 9 punti in 3 partite, 8 gol fatti e solo 2 subiti. Finora ha un passo da scudetto e può seriamente ribaltare una stagione nata male sotto l’imperatore Mourinho in palese declino. Gli obiettivi sono due: tenere dietro la Lazio e fare la corsa sull’Atalanta per il quarto posto in Champions. Si intuisce subito che sarà una sfida vera, senza tatticismi, perché i gladiatori di Trastevere non hanno nessuna intenzione di lasciar fare all’Inter il suo gioco euclideo, peraltro frenato dal terreno fradicio che trasforma il palleggio insistito in un ruminare calcio di stile breriano. I giallorossi aggrediscono e già nei primi dieci minuti ribaltano il cliché classico: è Yann Sommer a dover deviare con i guantoni sulla traversa una conclusione di Stephan El Shaarawy, destinato a trasformarsi in un giustiziere mancato. La Roma sta bene, ha gamba e facilità di pensiero, sembra l’Inter.In partite come questa è sempre decisivo il centrocampo. E allora va subito sottolineato come Lorenzo Pellegrini (strepitoso nel primo tempo), Leandro Paredes, lo stesso Paulo Dybala siano giocatori rinati. Si muovono con sapienza e potenza, liberati dai fantasmi in testa e dalle scimmie sulle spalle, pesi insopportabili che nell’era Mou impedivano loro di giocare semplice, verticale, senza paura di sbagliare. Senza paura di finire inceneriti dalle occhiatacce di compatimento del guru portoghese.L’Inter sembra mogia, inzacchererata nell’anima. Hakan Calhanoglu è in lotta con un pomeriggio sbagliato, Henrikh Mkitaryan si muove con i reumatismi addosso, Nicolò Barella spinge senza incidere, Lautaro Martinez non pervenuto. Ma alla prima pallagol (17’) è la capolista a passare con Francesco Acerbi su azione da corner. Su rinvio di Lukaku, l’ex laziale (gastrite giallorossa) di testa manda in rete. L’arbitro Guida viene richiamato dal Var per un possibile contatto di Thuram con Rui Patricio, ma nel calcio dei padri, dei nonni e anche dei bisnonni è tutto regolare. Un lampo, potrebbe essere quello decisivo se di fronte non ci fossero 11 guerrieri. La Roma riparte senza paura e in un quarto d’ora la ribalta con merito. Al 28’ una punizione sciabolata da Pellegrini viene inzuccata con ferocia da Gianluca Mancini. Gran gol, con il difensore tenuto in gioco da Acerbi. Al 44’ El Shaarawy merita il premio ciabatta d’oro: conclude con un «traversa-palo-gol» un contropiede perfetto orchestrato ancora una volta dal terribile Pellegrini. Inter tramortita, al riposo fra incertezze e dolori. E l’ombra della Juventus addosso. Il tè caldo però funziona e al rientro i nerazzurri tornano in vantaggio con due morsi dello squalo Thuram. La Roma sembra appagata e sbaglia a pensare di avere domato la partita con quel primo tempo da cineteca. Al 48’ il francese insacca su cross di Matteo Darmian, sette minuti dopo (azione allo specchio) costringe Angelino a deviare nella sua porta un cross al millimetro di Mkhitaryan. Adesso è un’Inter con una marcia in più e il motivo è semplice: quest’ultimo ha deciso di far vedere ai suoi ex tifosi che è sempre «l’armeno che corre come un treno». I nerazzurri potrebbero dilagare se Rui Patricio e il palo non ribattessero un tiro al volo di Benjamin Pavard da 20 metri.Dopo un’ora e la solita roulette dei cambi, la partita diventa una battaglia stanca. La Roma non ne ha più, i nerazzurri pasticciano ma tengono il pallino. Gattone Sommer toglie la palla del pareggio dai piedi di cemento di Lukaku. E in un perfetto contropiede lanciato da Marko Arnautovic, Alessandro Bastoni (incredibile, ne ha ancora) chiude il conto del sabato romano. Alla fine piove sul mondo, piove sul campionato. Ma l’Inter, dopo aver rischiato di annegare, si asciuga a più sette. Meglio di un cognac col camino acceso.
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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