Pulisic torna e segna. Maignan para tutto. Il Milan di corto muso vince un altro derby
Codice Rocco. Il fantasma del grande Nereo aleggia sul derby vinto dalla difesa del Milan (1-0) e perso dall’Inter che ha attaccato per 90 minuti più recupero. Lampi di anni 60 sul campionato di Max Allegri, che sorpassa l’armata nerazzurra di cortissimo muso come gli piace di più: con un tiro in porta. Giusto così se i guantoni d’oro di Mike Maignan sono rossoneri: tre salvataggi formidabili e un rigore parato. Giusto così se i pali (l’Inter ne ha presi due) non sono mai gol. Giusto così se perfino Hakan Calhanoglu si fa irretire dal dischetto. Un Milan di pirati si mette di nuovo alle spalle un’Inter di polli, che scopre come l’estetismo senza la concretezza sia una fregatura. E non serva a niente contro le grandi (ko anche con Juventus e Napoli, solo vincente a Roma).
Un paio di guanti, un pensiero per Ornella Vanoni e via con la sfida «senza fine» che illumina Milano. Dopo un brivido immediato dalle parti di Maignan con gran parata del medesimo (colpo di testa di Markus Thuram a un dito dal palo), il derby si scioglie nella tattica e nell’attesa. La partenza è lenta e nel vecchio San Siro (per la prima volta di proprietà dei due club) c’è tempo per i numeri. Settantacinquemila spettatori, otto milioni d’incasso per il nuovo record delle casse nerazzurre, segnali chiari che la sfida conta eccome. Squadre toste, giocatori di ottimo livello, aria d’alta classifica. E poi ci sono i derby: degli ultimi 10 l’Inter ne ha vinti 6, il Milan 3 e un pareggio. Ma nel 2025, dopo la scorpacciata dell’anno prima, i nerazzurri non hanno mai vinto. E spesso i rossoneri hanno preso a schiaffi in velocità la pachidermica difesa rivale.
La partita si snoda sui binari attesi, più che scontati: Inter col baricentro altissimo a ruggire con coraggio e con 5-6 uomini in area milanista, Milan nel bunker ma con due frecce, innescate da Luka Modric, pronte a scattare nelle praterie lasciate libere dai nerazzurri: Rafa Leao e Christian Pulisic. Tutto questo sulla carta perché per mezz’ora si dormicchia che è un piacere. L’unico dubbio riguarda una gomitata di Lautaro Martinez a Matteo Gabbia, involontaria. La sveglia arriva da un palo pieno di Francesco Acerbi (27’) di testa, con la difesa rossonera in trance.
Uno sparo nel buio che dovrebbe destare dal torpore i centrali del Milan: l’Inter fin qui è più intensa, più determinata, più cattiva. E lo conferma al 36’ quando una sponda di Thuram consente a Lautaro di battere al volo a porta spalancata. Ma il portierone francese fa ancora il Superman e devia con le unghie sul palo. Attenzione perché Fikayo Tomori, Strahinja Pavlovic e Gabbia sembrano statuine del presepe in anticipo di un mese. Nell’Inter tutti sul pezzo e nessuno che brilla tranne Federico Di Marco: Calhanoglu e Petar Sucic corrono e poco più, Thuram più concreto di Lautaro, Nicolò Barella come di consueto (da un annetto a questa parte) manda in campo il cugino. Il tempo per una ripartenza rossonera d’autore con sassata di Pulisic a un millimetro dal palo di Yann Sommer e tutti a rimuginare negli spogliatoi. Perché Milano sta prendendo freddo per un’Inter-Maignan 0-0. Troppo poco.
Nel secondo tempo si attende la discesa in campo di Leao e Modric, fin qui mai visti. Se il Milan ha retto, ha tenuto, ha comunque mostrato nervi e muscoli, il merito è di Adrien Rabiot e Youssuf Fofana. E invece ecco Pulisic nel più classico dei contropiedi, bravo a ribattere in rete (53’) un diagonale di Saelemaekers, partito nel deserto dei tartari nerazzurri su errore banale di Calhanoglu. Anche Sommer non è esente da colpe perché devia ma lascia lì la palla. Così il Milan, fin qui onestamente larvale, si trova in vantaggio e prova a meritarlo. Si toglie la scimmia dalla schiena, stringe marcature e denti, comincia a giocare sui nervi.
L’Inter va nel pallone e fallisce due volte il pareggio. Prima con Bastoni che a centroarea spara al Lorenteggio, poi addirittura su rigore (73’) per un fallo di Pavlovic su Thuram. La fiesta milanista è totale quando Maignan, stasera più adorato della Madonnina, para il penalty al turco. Il finale è come al solito da tonnara fuori stagione: l’Inter arremba, il Milan sta in trincea. In questa fase si distingue Sucic, 21 anni, il più lucido di una squadra colpita dal destino e da un paio di guantoni magici.
Per il popolo cacciavite è già Natale, per quello bauscia vale una strofa della Vanoni: «La musica è finita, gli amici se ne vanno. Che inutile serata». Quanto alle panchine, il magico mestierante Allegri ha dato una lezione di real politik al filosofo situazionista Chivu. Il derby è ancora del Diavolo, ma un appunto il mister se lo merita. È vero che conta solo buttarla dentro, difendere il vantaggio, giocare per i tre punti e stringere i denti nell’ultimo secondo. Ma non siamo negli anni 80, quando Allegri giocava nella Cuoiopelli di Santa Croce sull’Arno. Quindi conterebbero anche il modo e il gioco. Prima o poi.







