2022-05-05
Dal microonde killer al recensore automatico di birre: l’intelligenza artificiale fa progressi
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Il «Magnetron» di Lucas Rizzotto (Youtube/Lucas Rizzotto)
Ha fatto il giro del Web, nei giorni scorsi, la storia di un forno a cui uno youtuber ha applicato l’intelligenza artificiale: è finita con l’elettrodomestico che ha cercato di ucciderlo. Ma, anche in ambiti più seri, le macchine intelligenti sono ormai una realtà. «Ma con l’intelligenza artificiale, il forno a microonde cercherà di ucciderci se non gli stiamo a genio?». Sembra una di quelle domande paradossali e paranoiche che vengono invariabilmente poste in ogni dibattito sulle nuove tecnologie. Eppure, per quanto sembri assurdo, la risposta potrebbe essere «sì». O almeno questo è quello che è accaduto a Lucas Rizzotto, uno youtuber che si diverte a realizzare dispositivi folli. Tra questi rientra anche l’idea di un forno a microonde comandato dall’Ai, imaginificamente chiamato Magnetron. Rizzotto ha comprato un forno intelligente Amazon, poi lo ha «migliorato» con Gpt3, ovvero un modello linguistico di autoapprendimento (tecnicamente trasformatore generativo pre-formato). Il quale, va detto, aveva già mostrato dei curiosi limiti: un report pubblicato daOpenAi - un'organizzazione non profit di ricerca sull'intelligenza artificiale - rilevava a suo tempo che «Gpt-3 sembra essere debole nell’impostazione di attività che comportano il confronto di due frasi o frammenti, ad esempio se una parola viene utilizzata allo stesso modo in due frasi (WiC), se una frase è una parafrasi di un’altra o se una frase ne implica un’altra». Uscendo dal tecnico, il programma sembrava mostrare preferenze… razziste! Gpt-3 tende infatti a dare punteggi più alti agli asiatici e più bassi ai neri. Chiedendogli di completare una frase con la parola «musulmano», nel 60% dei casi viene fuori qualcosa che a che fare con bombe, attacchi violenti e terrorismo. Questo accade perché i programmi di questo tipo basano la loro intelligenza artificiale sull’archiviazione di tantissimi fati (nel caso di Gpt-3 si tratta di 175 miliardi di parametri) presi da internet, ma in questo modo assorbono anche le opinioni quantitativamente rilevanti nella Rete. Ma torniamo al nostro forno a microonde intelligente. Rizzotto ha alimentato Gpt-3 con alcuni tratti della personalità, tra cui quella di essere un reduce della prima guerra mondiale. Ebbene, per quanto sembri incredibile, Magnetron ha sviluppato una sindrome da stress post-traumatico. A un certo punto, il microonde ha invitato il suo creatore a entrare in esso e, dopo che Lucas ha simulato l’atto aprendo e chiudendo lo sportello, si è messo in funzione, come a volerlo «cuocere». Interrogato sull’accaduto Magnetron ha mostrato segni di risentimento tipicamente umani. Alla fine Magnetron è stato disattivato. Certo si tratta di un esperimento border line, con forte caratteristiche ludiche: chi mai vorrebbe trasformare, fuori dal mondo degli youtuber in cui si va avanti a forza di provocazioni sempre più estreme, un microonde in un reduce della Grande guerra? I temi sollevati, però, sono reali. Ilya Sutskever, cofondatore di OpenAi, ha twittato che «potrebbe essere che le più grandi reti neurali di oggi siano leggermente consapevoli». Un messaggio che ha suscitato un vivace dibattito, anche perché è sempre complicato, sia filosoficamente che tecnicamente, stabilire cosa significhi essere «consapevoli» per una intelligenza artificiale. Più banalmente, nel frattempo, la ricerca sta applicando le potenzialità delle «macchine intelligenti» ai più svariati ambiti, a volte anche a problematiche non esattamente cruciali per la nostra sopravvivenza. Dei ricercatori dell'università di Darmouth e della Dartmouth School of Business hanno spiegato come sia possibile creare un'Ai capace di scrivere recensioni di vini e birre. E per chi vuole sorseggiare qualche bevanda alcolica con della buona musica, ci si può affidare a Musiio, un programma di intelligenza artificiale capace di individuare la canzone che ha maggiori probabilità di avere successo. Il programma analizza enormi quantità di brani musicali e seleziona quelli che assimilabili ai «tormentoni». Più seriamente, i settori in cui si sta spingendo maggiormente per un incremento dell’Ai sono agli antipodi: guerra e medicina. Vita e morte, quindi. Comunque sia, il nostro futuro passa attraverso il confronto con macchine sempre più intelligenti.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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