Lo chiamano novel food o cibo del futuro. La lista degli alimenti è quasi infinita: formiche, cavallette, grilli, termiti, locuste, larve, bachi da seta, coleotteri, ragni, scorpioni, insetti, aracnidi, vermi e compagnia bella. In realtà il novel food non è per niente nuovo: molte popolazioni del passato se ne cibavano, Greci e Romani compresi. E il cibo del futuro appartiene da tempo al presente di almeno due miliardi di persone sulla Terra. Secondo un rapporto della Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di alimentazione e agricoltura nel mondo, sono molto più di 1500 le specie di insetti che l’uomo può mangiare. Un centinaio di Paesi distribuiti tra Africa, Asia, America ed Europa, hanno in menu svariate specie di insetti. In Thailandia considerano prelibatezze ragni fritti e scorpioni arrostiti; in Ghana si mangiano panini imbottiti di termiti preparate con varie salse; in Messico, nei baracchini di strada, la lista dei tacos, fatti con farina di frumento o di mais ripiegati e imbottiti come piadine, comprende tacos farciti con cavallette fritte e speziate. Una leccornìa a parte è il gusano, il grasso bruco dell’agave che viene introdotto nelle bottiglie di mezcal. Il brucone bianchiccio è il trofeo di chi arriva all’ultimo sorso.
Hirohito, imperatore del Giappone dal 1926 al 1989, andava pazzo per il riso bollito con le vespe croccanti. Nella provincia nipponica di Gifu le larve di hebo, una specie di vespa nera, hanno prezzi da gastronomia di lusso. Vengono cucinate in vari modi: col riso, infilzate in spiedini, cosparse di cioccolato. Umberto di Savoia, re d’Italia, in un viaggio diplomatico in Oriente, tenne alto l’onore italiano a costo di un terribile sacrificio. Lo racconta il giornalista e scrittore Filippo Ceccarelli ne Lo Stomaco della Repubblica. Umberto per non dispiacere all’ospite che gli aveva promesso un «cibo degno della mensa degli dèi» (cavallette fritte in un olio denso e maleodorante), racconta: «Mi feci coraggio e inghiottii, una dopo l’altra, le abominevoli cavallette. Fu un supplizio atroce. Ma all’anfitrione che mi guardava con aria trionfante riuscii persino, tra un boccone e l’altro, a rivolgere qualche pallido sorriso di compiacimento».
L’entomofagia, il mangiare insetti, è una delle gastronomie, forse la più importante, con la quale, entro pochi anni, dovremo fare i conti: il disgusto, lo schifo di mangiare larve, cavallette, grilli, bruchi, locuste e, schifo degli schifi, ribrezzo al quadrato, scarafaggi, è tale che ci pare assurdo il solo pensarci. Vade retro, larva. Disgusto o no l’argomento è da affrontare. Lo stanno già facendo da tempo scienziati, nutrizionisti, biologi e legislatori che studiano come far diventare entro poco tempo gli insetti parte integrante della nostra alimentazione. Molti cuochi, anche famosi si stanno attrezzando: Carlo Cracco ha già cucinato e degustato con soddisfazione le cavallette. Il mensile Wired gli ha dedicato una copertina dove lo si vede con il tocco bianco in testa pieno di questi insetti dalle cosce lunghe come quelle di Alba Parietti.
Proprio l’Unione europea si è data nel 2018 un regolamento che precisa quali specie di insetti possono essere allevati e commercializzati a scopo alimentare. Renzo Pellati, specialista in Scienza dell’alimentazione recentemente scomparso, già 11 anni fa ne La Storia di ciò che mangiamo spiegava perché ci toccherà mangiare insetti: «In futuro ci saranno ancora i nostalgici dei sapori della nonna perché la fonte principale di proteine della nostra dieta non saranno i bovini, i suini, i polli, ma soprattutto gli insetti. Il nostro pianeta fra pochi anni sarà popolato da 10 miliardi di abitanti e non saranno l’hamburger, il culatello o il pollo arrosto la risposta ai fabbisogni proteici della popolazione mondiale a meno che non si voglia far collassare l’ecosistema. Gli insetti hanno contenuti proteici anche doppi rispetto alla fettina di vitello e a parità di peso richiedono utilizzi 100 volte inferiori di suolo e di acqua». Gli insetti salveranno il pianeta per tre buone ragioni: fanno bene alla salute; salvaguardano il pianeta perché richiedono meno terra e meno acqua rispetto a vacche e maiali e sono una fonte di ricchezza in quanto possono essere allevati ovunque.
Che sapore hanno gli insetti? Riportiamo una modesta esperienza personale. In Colombia le hormigas culonas sono presentate come una delicadeza regional. Non c’è bisogno di traduttore. Le chiamano formiche culone per l’addome piuttosto sviluppato e sono una tipica prelibatezza del Paese sudamericano. Il desiderio di conoscenza gastronomica ci ha spinto ad acquistare e mangiare hormigas culonas fritte fuori da una scuola di Bogotà contendendole a una frotta di ragazzini che circondavano una giovanissima ambulante con un corbello a tracolla pieno di sacchetti di cellofan di «hormigas deliciosas». Il gusto? Tale e quale a quello delle patatine fritte. Sapide e croccanti: una tirava l’altra. Solo che a differenza delle patatine sono un cibo sano, ipocalorico, ricco di proteine, di calcio e altri minerali.
È italiano uno dei più celebri cuochi di gastronomia entomologica, ospite di Porta a Porta, Striscia la notizia e di altri programmi televisivi: Master Bug. È il nome d’arte di Roberto Cavasin di Treviso, autore del libro Le 12 Ricette con gli Insetti, protagonista di un canale Youtube dove insegna a cucinare con gli insetti e foodblogger (www.masterbug.it), Master Bug è il creatore del primo pandoro fatto con farina di bachi da seta. Sul suo sito propone decine di piatti, dall’antipasto al dolce, cucinati con gli insetti. Tra gli stuzzichini troviamo rotolini con cavallette aromatizzate al peperoncino e camole della farina all’aglio. Tra i primi la carbonara con le pupe di baco da seta (al posto della pancetta). Seguono i cestini di polenta con tarme piccanti; la «tradizionale» pizza margherita con l’aggiunta nell’impasto di farina di grilli. Tra i dolci il gelato con locuste, il tiramisù con biscotti di farina di grilli e cavallette e i cannoli ripieni di mousse alle fragole e formiche con croccante di bachi da seta.
Marvin Harris, che fu direttore del dipartimento di antropologia della Columbia University di New York, affronta nel libro Buono da mangiare il problema dei cibi che gli uomini si rifiutano di mangiare pur essendo commestibili. «Ma dobbiamo pur riconoscere», scrive Harris riferendosi all’evoluzione della specie, «che noi discendiamo da una lunga schiatta di mangiatori d’insetti».
Troviamo illustri entomofagi nell’antica Grecia. «Aristotele doveva essere piuttosto abituato a consumare piatti di cicale se affermava che sono più prelibate allo stato di crisalide, prima dell’ultima muta. Mentre per quanto riguarda gli esemplari adulti i maschi sono i migliori da mangiare. Invece dopo l’accoppiamento le più buone sono le femmine, tutte piene di bianche uova». Harris cita anche Plinio il Vecchio che attesta che i Romani antichi mangiavano insetti. Il più apprezzato era il cossus, una larva di tarlo dotata di una fragrante chitina (è la corazza esterna di alcuni insetti) servita «in delicatissimi piatti». «Sul piano nutritivo», conclude l’antropologo, «la carne degli insetti eguaglia le carni rosse e il pollame. Cento grammi di termiti africane contengono 610 calorie, 38 grammi di proteine, 46 grammi di grassi. In confronto un hamburger cotto offre solo 145 calorie, 21 grammi di proteine e 17 grammi di grassi».





