2024-01-02
Inseguono i minori pure con l’antinfluenzale
Gli «esperti» non mollano la presa e insistono per far vaccinare i bambini anche contro i malanni stagionali. Gianni Rezza ora menziona il vantaggio economico: con la profilassi si perdono meno giorni di lavoro e scuola. Peccato non la pensasse così sui lockdown...A pandemia conclusa, il fattore economico prevale sull’obiettivo salute. «Negli Usa la pensano in modo diverso. Lì lo fanno (il vaccino anti influenzale, ndr) perché è evidente che l’infezione circola molto a livello di asili e scuole. Così fanno un calcolo costi-efficacia e ritengono che convenga vaccinare perché si perdono meno giorni a scuola e al lavoro, con vantaggi economici», affermava alla vigilia di Capodanno l’ex direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza. Pensa un po’, era una delle figure istituzionali che insistevano a chiuderci in casa anche se il Paese andava a rotoli, con aziende e attività costrette più volte a fermarsi, e adesso il professore di igiene al San Raffaele di Milano ragiona in termini di convenienza per imprese, servizi, commercio nell’inoculare pure i piccini contro un malanno stagionale. «Se non ci fosse stato il lockdown sarebbe stato un disastro. Quando qualcuno pensa che il nemico siano le misure di contenimento, non è così», sosteneva quattro anni fa, ad aprile 2020, l’allora direttore del dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità (Iss). «Si parla della necessità di non deprimere l’economia, ma l’economia la deprime il virus, non il contenimento sociale», difendeva il lockdown Covid a ottobre di quell’anno. «Purtroppo ricevo anche delle email quasi minacciose, come se venisse rinfacciato alla sanità pubblica di rallentare l’economia. L’economia non è rallentata dalle misure restrittive, è rallentata dalla circolazione del virus», insisteva nella conferenza stampa del 15 dicembre 2020 sull’analisi della situazione epidemiologica. Aggiungeva: «Se non si prende alcun provvedimento alla fine saremo costretti a fare il lockdown generale, che è quello che si vuole evitare». Pochi giorni fa, Rezza invece ha sottolineato l’opportunità di fare il vaccino anti influenzale ai bimbi per «i vantaggi economici», se genitori e insegnanti non stanno a casa dal lavoro quando essi stessi o i pargoli vengono colpiti dal malanno stagionale. Contro il quale, guarda un po’, la mascherina è più efficace «che contro il Covid», ha cambiato idea l’altro giorno su Repubblica. Ci aveva bombardato, sulla necessità di essere sempre mascherati. «Dobbiamo usarle tutti, per essere protetti ed avere un rischio minore di contrarre l’infezione», dichiarò a ottobre 2020. Era una delle sue tante esortazioni.Il professore sembra riconoscere che il lockdown ha nuociuto alla salute, oltre che all’economia. «Sono state le misure contro la pandemia a creare, soprattutto nei bambini, una situazione di grande suscettibilità», ha detto nell’intervista di domenica. «D’estate l’influenza tende a scomparire e se in autunno-inverno, quando torna, si trova di fronte misure di prevenzione forti, come quelle adottate nel 2020 e 2021, fatica a riprendere, come abbiamo visto». Chiusi in casa perché fuori circolavano le varianti, non ci si ammalava di influenza, ma terminata l’emergenza ecco che risultiamo più fragili ed esposti anche a questo virus. Rezza, però, ha sempre lo stesso rimedio a portata di mano, ovvero il vaccino. Lo raccomanda contro l’influenza così come l’ha sempre fatto per il Covid, anche se l’adesione al richiamo oggi è infinitamente bassa. Esorta a vaccinare i piccoli «dai sei mesi ai sei anni», sebbene i vaccini funzionino poco e male. «Spesso non corrispondono esattamente al virus influenzale in rapida evoluzione, quindi la loro efficacia cambia ogni anno: negli Stati Uniti tra il 2009 e il 2019 è variata da un minimo del 19% a un massimo del 60%. E la protezione diminuisce rapidamente», segnalava un articolo su Science dell’agosto 2020, riportando dati dei Cdc, l’agenzia di controllo statunitense della salute. Meno se ne parla, della loro scarsa efficacia, più si fanno gli interessi delle aziende farmaceutiche. Guai a mettere in discussione quei vaccini non fondamentali per la salvaguardia dell’uomo, e che impediscono di rafforzare il sistema immunitario attraverso contagi e malattie che soprattutto in età pediatrica vengono superati senza problemi nella popolazione sana. «Purtroppo manca la consapevolezza dell’importanza di proteggere dall’influenza anche i piccoli con la vaccinazione», si è lamentata sul Corriere della Sera Annamaria Staiano, presidente della Società italiana di pediatria (Sip).Ormai risulta assente, scardinato, il caposaldo scientifico che ogni volta che si ammala il bambino si rafforza, si allena a debellare i patogeni. Dallo scoppio della pandemia, la preoccupazione è quella di mantenere la popolazione sotto una campana protettiva. E se oltre ai genitori, anche i più giovani non volessero un’attenzione che si traduce in campagne vaccinali a oltranza? Non hanno voce in capitolo, risultano interessanti solo se si parla di green. «La creazione in Italia di meccanismi formali di partecipazione di minorenni e giovani ai processi decisionali sulle tematiche ambientali e climatiche sarebbe importante anche al fine di garantire la loro inclusione nelle delegazioni nazionali ufficiali in occasione di summit e processi negoziali internazionali, quali la COP28», raccomanda il 13° rapporto del Gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, del quale fa parte pure la Sip. Sempre nell’ottica dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile.
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