
La proposta di legge di Claudio Borghi, che ribadisce che le riserve auree sono dei cittadini spazzando via i dubbi interpretativi, crea tensioni in Bankitalia. Per il dg Salvatore Rossi «decide la Bce, a cui abbiamo ceduto la sovranità».Di chi è l'oro della patria? La domanda può sembrare banale, ma quello che sta succedendo mostra che la questione è tutt'altro che pacificata. Il quesito è al cuore di una semplice apparentemente quasi inutile proposta di legge di Claudio Borghi, il leghista presidente della V commissione bilancio della Camera: 62 parole e 396 caratteri, spazi inclusi. Un solo articolo per interpretare una legge già esistente: «La Banca d'Italia gestisce e detiene, a esclusivo titolo di deposito, le riserve auree, rimanendo impregiudicata la proprietà dello Stato italiano di dette riserve, comprese quelle detenute all'estero». Di che si tratta, e perché serve questa precisazione? L'Italia possiede la bellezza di 2.452 tonnellate d'oro a seguito del conferimento alla Bce di 141 tonnellate di metallo. Spiega il sito di Banca d'Italia: «Nel dopoguerra, l'Italia divenne rapidamente un Paese esportatore e per tale motivo beneficiò di cospicui afflussi di valuta estera, soprattutto in dollari. Tali flussi, anche per le esigenze connesse al rispetto degli accordi di Bretton Woods, furono anche utilizzati per acquistare negli anni quantitativi di oro, al pari di quanto facevano all'epoca le principali banche centrali europee (Banque de France e Bundesbank)». L'«Italietta» che a molti piace rappresentare è il quarto detentore di oro al mondo. Se si esclude il Fondo monetario internazionale, siamo addirittura il terzo Paese più ricco in questo materiale. Prima di noi ci sono soltanto gli Stati Uniti con oltre 8.000 tonnellate e la Germania con 3.370. Ma dove stanno tutti questi lingotti? È la stessa Banca d'Italia a dircelo. Poco meno della metà in Italia nei caveau di via Nazionale a Roma (44,86%) dette «la sagrestia». Il resto è depositato in Usa (43,29%), mentre il rimanente 12% circa risulta equamente suddiviso fra Regno Unito e Svizzera, rispettivamente con il 5,76 e il 6,09%. Vera e propria ricchezza reale a tutti gli effetti e per definizione. Non carta o Bit su un computer quali le valute (euro, dollari, sterline eccetera) che le Banche centrali possono emettere senza limiti. Il bene rifugio per eccellenza e indistruttibile in cui la Banca d'Italia ha in passato saggiamente investito i dollari accumulati con gli avanzi commerciali delle imprese italiane. Dollari che dal 1971 in poi Richard Nixon avrebbe dichiarato non più automaticamente convertibili in oro. La moneta è cioè una finzione giuridica. E potendo una Banca centrale stamparla senza limiti è naturale che intelligentemente decida invece di accumulare oro.Riaverlo indietro in caso di bisogno non dovrebbe essere problematico. O forse sì? Come recentemente riportato da Alessandro Plateroti sul Sole 24 Ore in merito ai vani tentativi del Venezuela di veder rimpatriato il suo oro depositato a Londra, quando si chiedono indietro i lingotti depositati in un altro Paese non ci sono trattati o convenzioni che tengano. Se l'oro non ti viene restituito è molto ardito fare causa al Paese detentore, specie se dotato di testate nucleari. Non si contano nella storia le tante guerre scoppiate per mettere le mani sul prezioso metallo giallo. Solo che ora a scatenare la controffensiva sono i funzionari di Via Nazionale.Potrà sembrare incredibile, ma la proposta di legge di Claudio Borghi è talmente «inutile» da aver già scatenato una guerra diplomatica e istituzionale. Non appena è stata incardinata alla Camera, Banca d'Italia ha subito alzato il fuoco di sbarramento spedendo emissari a Montecitorio. Prima fase: serrare i ranghi con tutti gli uomini stipendiati da Banca d'Italia ma «in comando» a Montecitorio. I dipendenti di Via Nazionale sono infatti spesso provenienti da altre amministrazioni in relazione alle mansioni di competenza. Chi ad esempio si occupa di sicurezza viene stipendiato dal Viminale. E così pure Bankitalia ha i suoi uomini a Montecitorio. Stipendiati da Via Nazionale, ma il cui costo viene rimborsato dall'amministrazione della Camera che ovviamente riconosce ai diretti interessati un'ulteriore gratifica quale riconoscimento per il distacco presso gli uffici parlamentari. Gli uomini di Ignazio Visco sono riusciti a impadronirsi del dossier relativo ai lavori per esaminarlo e depositarlo in commissione referente (la VI) solo il giorno prima della discussione e non con la canonica settimana d'anticipo come da prassi consolidata. Quindi gli uomini di Via Nazionale hanno proseguito con la fase due. Sensibilizzare soprattutto i parlamentari del Partito democratico. Due di loro - Claudio Mancini e Massimo Ungaro, componenti della commissione finanze incaricata di esaminare preliminarmente il progetto di legge - hanno subito raccolto l'invito provando a sostenere che la proposta di Borghi è «inopportuna» (come riferito su Twitter dal leghista). Ma il piano degli uomini di Bankitalia è piuttosto complicato da portare a termine. Non riuscendo a sostenere con argomentazioni robuste che l'oro depositato in Banca d'Italia (pure quello all'estero) non sia di proprietà dello Stato italiano, provano a buttarla in calcio d'angolo cercando di orientare il dibattito in una strada senza uscita. E se proprio non si riesce a fermare la discussione, ecco che si manda al fronte niente di meno che il direttore generale di Banca d'Italia, Salvatore Rossi, che sugli schermi televisivi di La7 ha scandito: «Sull'aspetto giuridico formale di chi sia la proprietà dell'oro si pronuncerà la Banca centrale europea a cui abbiamo ceduto la sovranità quando è stato creato l'euro». Queste le incredibili parole di Salvatore Rossi: una dichiarazione di tale gravità da lasciare senza fiato. Come può un dirigente accorto come Rossi ignorare che la nostra Costituzione vieta espressamente ogni cessione di sovranità, consentendo invece soltanto «limitazioni» in condizioni di «parità con gli altri Stati» e per finalità esclusivamente «necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra i popoli» (articolo 11 della Costituzione)? Non può ignorarlo. Quindi come può argomentare che un Parlamento democraticamente eletto non possa esprimersi su una materia del genere, dal momento che l'ultima parola di fatto spetterebbe alla Bce? E come giustificare l'assunto di fondo a questa dichiarazione in base alla quale ci sarebbe stato un qualcuno che avrebbe ceduto quasi 2.500 tonnellate di oro alla Bce? Si tratterebbe, se così fosse, del più incredibile furto nella storia dell'umanità: un «colpo» del valore complessivo di oltre 80 miliardi di euro. Ovviamente non mancano esperti, come ad esempio il bravo tributarista Dario Stevanato, che provano a sostenere come le riserve auree della Banca d'Italia (istituto di «diritto pubblico» viene esplicitamente riportato all'articolo 1 comma 1 del suo statuto) non siano dello Stato italiano. Ma di chi non è ancora dato sapere. Ora - si spera - toccherà all'Aula rispondere.
Angelina Jolie a Kherson (foto dai social)
La star di Hollywood visita Kherson ma il bodyguard viene spedito al fronte, fino al contrordine finale. Mosca: «Decine di soldati nemici si sono arresi a Pokrovsk».
Che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, trovi escamotage per mobilitare i cittadini ucraini è risaputo, ma il tentativo di costringere la guardia del corpo di una star hollywoodiana ad arruolarsi sembra la trama di un film. Invece è successo al bodyguard di Angelina Jolie: l’attrice, nota per il suo impegno nel contesto umanitario internazionale, si trovava a Kherson in una delle sue missioni.
I guai del Paese accentuati da anni di Psoe al governo portano consensi ai conservatori.
A proposito di «ubriacatura socialista» dopo l’elezione a sindaco di New York di Zohran Mamdani e di «trionfo» della Generazione Z (il nuovo primo cittadino avrebbe parlato «a Millennial e giovani»), è singolare la smentita di tanto idillio a sinistra che arriva dalle pagine di un quotidiano filo governativo come El País.
Oggi alle 16 si terrà a Roma l’evento Sicurezza, Difesa, Infrastrutture intelligenti, organizzato dalla Verità. Tra gli ospiti, Roberto Cingolani, ad di Leonardo, e Marco Troncone, ad di Aeroporti di Roma. Si parlerà di innovazione industriale, sicurezza contro rischi ibridi, tra cui cyber e climatici, con interventi di Pietro Caminiti di Terna e Nicola Lanzetta di Enel. Seguiranno il panel con Nunzia Ciardi (Agenzia cybersicurezza nazionale), e l’intervista al ministro della Difesa Guido Crosetto (foto Ansa). Presenterà Manuela Moreno, giornalista Mediaset, mentre il direttore della Verità, Maurizio Belpietro, condurrà le interviste. L’evento sarà disponibile sul sito e i canali social del quotidiano.
Cartelli antisionisti affissi fuori dallo stadio dell'Aston Villa prima del match contro il Maccabi Tel Aviv (Ansa)
Dai cartelli antisionisti di Birmingham ai bimbi in gita nelle moschee: i musulmani spadroneggiano in Europa. Chi ha favorito l’immigrazione selvaggia, oggi raccoglie i frutti elettorali. Distruggendo le nostre radici cristiane.
Uno spettro si aggira per il mondo: lo spettro dell’islamo-socialismo. Da New York a Birmingham, dalle periferie francesi alle piazze italiane, cresce ovunque la sinistra di Allah, l’asse fra gli imam dei salotti buoni e quelli delle moschee, avanti popolo del Corano, bandiera di Maometto la trionferà. Il segno più evidente di questa avanzata inarrestabile è la vittoria del socialista musulmano Zohran Mamdani nella città delle Torri Gemelle: qui, dove ventiquattro anni fa partì la lotta contro la minaccia islamica, ora si celebra il passo, forse definitivo, verso la resa dell’Occidente. E la sinistra mondiale, ovviamente, festeggia garrula.





