2018-05-07
Archiviata l'inchiesta Infront sui diritti del calcio, ballano ancora 245 milioni
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La Verità svela in esclusiva la relazione tecnica dei consulenti della procura di Milano sull'inchiesta Infront, accantonata dai giudici lo scorso gennaio. Secondo i periti «ai manager della società sono finiti circa 57 milioni di euro poi fatti rientrare tramite lo scudo fiscale della voluntary disclosure mentre quindici squadre di serie A avrebbero beneficiato di saldi negativi per i propri bilanci». Caso Infront, tutto archiviato. Si risolve così la vicenda per le aste sui diritti tv della Serie A per cui la procura nel 2015 aveva ipotizzato i reati di associazione a delinquere, truffa, turbativa d'asta, riciclaggio e autoriciclaggio nei confronti di Marco Bogarelli (ex presidente), Giuseppe Ciocchetti (ex direttore generale) e Riccardo Silva, titolare della Mp&Silva, società leader nella distribuzione dei diritti tv a livello mondiale. A chiedere di archiviare l'inchiesta sono stati gli stessi pm Giovanni Polizzi e Paolo Filippini dopo che nel luglio dello scorso anno il Tribunale del Riesame di Milano aveva stabilito che le aste a favore di Mediaset e ai danni di Sky per l'assegnazione dei diritti tv della Serie A non rappresentano una truffa come aveva sostenuto, invece, la Procura. In sostanza, sostiene il Riesame, a cui si erano appellati i pm dopo che il gip Manuela Accurso Tagano aveva respinto le richieste di arresto per i manager, non ci sarebbe stata nessuna associazione a delinquere. Ma solo, da una parte, un gruppo di privati che agiva nel tentativo di massimizzare i propri profitti senza commettere illeciti e senza nessun «interesse o ruolo della Pubblica Amministrazione» e dall'altra la Lega Calcio che ha sfruttato le capacità dei tre per ottenere ritorni commerciali derivanti dalla vendita delle partite. Infront, che nel frattempo ha azzerato i vertici e nominato ad Luigi De Siervo, è rimasta consulente della Lega e ha tirato le fila pure sull'ultima asta per i diritti della Serie A 2018-2021. Le indagini dunque, che hanno coinvolto anche l'ex ad del Milan e ora senatore Adriano Galliani e i presidenti delle società Lazio, Genoa e Bari, Claudio Lotito, Enrico Preziosi e Gianluca Paparesta, si chiudono con un nulla di fatto: «non sussistono elementi idonei a sostenere l'accusa», scrive il giudice per le indagini preliminari che ha così rigettato l'esistenza di una organizzazione a delinquere «finalizzata a commettere una serie indeterminata di delitti, tra i quali turbativa d'asta, autoriciclaggio, truffa aggravata, ostacolo alle funzioni di vigilanza, evasione fiscale e tutti quei reati di volta in volta necessari per governare i processi di sfruttamento dei diritti audiovisivi del calcio, con l'impossessamento di denaro che avrebbe dovuto entrare nelle casse della Lega». Tuttavia nonostante la mancanza di elementi idonei a sostenere un'accusa davanti a un tribunale della Repubblica rimane più di un quesito aperto, rileggendo la relazione tecnica dei due consulenti della procura, Ignazio Arcuri e Stefano Martinazzo. Sia sul ruolo che la società e i suoi manager avrebbero avuto in qualità di "advisor" della Lega Calcio dal 2014 (quando vi fu l'ultima asta per i diritti con un incasso da 1,2 miliardi di euro per le squadre) sia sul trattamento fiscale degli introiti delle società del gruppo. Sul ruolo di advisor la relazione lascia poco spazio alle interpretazioni: nel contratto sottoscritto nel 2014 tra Infront e Lega Calcio una delle clausole prevedeva che la stessa società fornisse «servizi di mera consulenza e che pertanto non potrà diventare né licenziatario né intermediario dei diritti audiovisivi oggetto della commercializzazione né potrà svolgere, in sostituzione della Lega nazionale professionisti, attività ad essa affidate dal Decreto Melandri sui diritti tv». Per i consulenti della procura però una visione di insieme dei business di Infront Italy e della società MP & Silva e le «evidenze documentali» mostrano come «l'interesse privato» dei manager Infront, allora indagati, «ha finito per plasmare, orientare e determinare la consulenza e assistenza strategica che Infront Italy ha erogato alla Lega Calcio in questa materia». Insomma Infront doveva essere terzo, ma per i periti non lo sarebbe stata. Un paragrafo è dedicato ai diritti esteri di cui Mp & Silva e il gruppo BE4 sono assegnatari. Dietro quelle società che hanno le loro sedi tra Irlanda, Lussemburgo e Olanda si trovano tutti i manager del gruppo Infront: «gli accordi di spartizione del margine conseguito dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi sui mercati esteri», scrivono ancora i consulenti della Procura analizzando i contratti che «ledono apertamente l'impegno contrattuale che Infront Italy ha sottoscritto con la Lega Calcio in merito al divieto in capo alla stessa Infront Italy di "diventare" licenziatario o intermediario dei diritti audiovisivi commercializzati». Una lesione dell'accordo che formalmente «non sembrerebbe riferibile» alla società come soggetto giuridico, ma, concludono Arcuri e Martinazzo «esclusivamente al gruppo dei suoi soci fondatori e gestori» ovvero Bogarelli, Ciocchetti e Locatelli. Tanto che gli stessi giudici del riesame hanno accennato all'eventualità che a occuparsi del caso in futuro potrebbe essere quella sportiva in virtù di un eventuale «tradimento del rapporto di fiducia improntato sull'imparzialità e l'indipendenza». Non finisce qui. Perché da quella commercializzazione dei diritti per i mercati esteri sono derivati margini di guadagno finiti nelle tasche del top management di Infront Italy e passati prima dalla MP di Silva con sede a Dublino e poi condivisi con la lussemburghese BE4. Margini emersi dalle voluntary disclosure (strumento che ha consentito ai contribuenti che detengono illecitamente patrimoni all'estero di regolarizzare la propria posizione denunciando spontaneamente la violazione degli obblighi di monitoraggio, ndr) di Marco Bogarelli, Giuseppe Ciocchietti e Andrea Locatelli visionate dai consulenti e che evidenziano un groviglio di società offshore tra Dubai, Panama, Singapore, Bahamas, Svizzera, Stati Uniti e Regno Unito. Tramite diverse fatturazioni tra BE4 ed MP & Silva, a favore dei manager sono finiti circa 57 milioni di euro, non palesati al fisco e solo successivamente «scudati». Le disclosure ripartiscono la torta in 35,5 milioni di euro per Bogarelli, 6,4 per Ciocchetti e 15,4 per Locatelli. Fondi percepiti, si legge nella relazione dei consulenti della Procura, «tramite una serie di strutture societarie di diritto estero "fittiziamente interposte" (aventi sede in Canada, Emirati Arabi Uniti e Nuova Zelanda), a favore di conti correnti intestati a società residenti nei centri finanziari a ridotta tassazione e ad elevata tutela della riservatezza quali Panama e Bahamas». Società da cui «sono stati ordinati bonifici a favore di persone fisiche e giuridiche nonché sono state prelevate ingenti somme di denaro», e che nelle stesse voluntary sono indicate come «società salvadanaio7. Per il tribunale però è tutto regolare e non si configura neanche il reato di autoriciclaggio da parte dei manager Infront che invece per i pm avrebbero «veicolato proventi di violazioni fiscali sotto forma di fittizi sponsorizzazioni o aumenti di capitale di Genova, Bari e Brescia». INFOGRAFICA !function(e,t,n,s){var i="InfogramEmbeds",o=e.getElementsByTagName(t)[0],d=/^http:/.test(e.location)?"http:":"https:";if(/^\/{2}/.test(s)&&(s=d+s),window[i]&&window[i].initialized)window[i].process&&window[i].process();else if(!e.getElementById(n)){var a=e.createElement(t);a.async=1,a.id=n,a.src=s,o.parentNode.insertBefore(a,o)}}(document,"script","infogram-async","https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js"); In poche parole, Infront, secondo l'impostazione accusatoria della procura, avrebbe di fatto operato come una «banca clandestina» per ottenere consenso in seno alla Lega Calcio. Da qui i circa 245 milioni di euro registrati nei bilanci di quindici società di serie A grazie ai saldi negativi della stessa Infront. Mentre Mp&Silva avrebbe retrocesso, secondo la Guardia di finanza, ai manager Infront il 50% degli utili conseguenti dall'intermediazione dei diritti televisivi. Circa 27,7 milioni che sempre per la Gdf sarebbero stati corrisposti al fine di «pilotare illecitamente le gare», mentre per Silva, come spiegò in un'intervista al Sole 24 Ore, altro non erano che pagamenti dovuti per consulenze commerciali avvenute due anni prima che Infront diventasse advisor della Lega. Stando a quel che apprende La Verità c'è il rischio che presto si apra un procedimento civile. Sono numerosi gli esclusi che potrebbero far valere le proprie ragioni in un giudizio tra privati. Del resto i pm avevano osato anche un passo in più, ipotizzando che alcuni presidenti delle società di calcio venissero «personalmente remunerati con forme di pagamento estero su estero». E' lo stesso Silva che in una mail sottolinea come per la Mp&Silva le possibilità di «mantenere la serie A siano legate a Bogarelli che con anni di lavoro, relazioni, alchimie varie controlla 15 squadre». Eppure gli spettatori tv le tasse sui loro abbonamenti le hanno pagate, a prezzo pieno. Il calcio è prodotto in Italia. E' un nostro assett fondamentale, insieme a cibo e moda, è capace di generare un giro d'affari da 13,7 miliardi di euro. Numeri in controtendenza quelli del "sistema calcio" rispetto all'andamento economico generale del Paese. Negli ultimi vent'anni, stando allo studio ReportCalcio, sviluppato da Figc in collaborazione con Arel e Pwc, il fatturato è cresciuto di oltre il 6%, mentre il Pil del Paese non ha superato quota 2%. Tuttavia il dibattito attorno a questa vicenda e soprattutto alla necessità di avere un advisor così ingombrante e sui rapporti degli attori di questo mondo con il fisco non si è mai aperto, nonostante l'inchiesta e le polemiche. Per esempio in Germania i diritti delle partite in Bundesliga sono negoziati direttamente dalle società con le tv. Una possibilità che, dicono gli esperti, qui non si replica per le strutture manageriali deboli delle stesse società e che probabilmente qualcuno si fa andare bene così, dal momento che i bilanci delle compagini italiane dipendono quasi solo esclusivamente dai diritti televisivi. In Italia i diritti media sono la voce più pesante sui ricavi: incidono per il 61,02% su un totale di 58,1 milioni. Al secondo posto si classifica l'Inghilterra con un 53,08% di incidenza dei ricavi media sul totale. L'Italia rimane fanalino di coda nei ricavi dalle biglietterie, dagli sponsor e dalle attività commerciali. Il malato dell'elite del calcio europeo.
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