Il Paese è attanagliato dalla crisi e dalla svalutazione della lira, che ha distrutto il ceto medio. Fuga dalla Borsa: l’indice principale ha perso il 22% nel 2021. I prezzi bassi però offrono opportunità a chi non ha paura di assumersi rischi, a partire da quello valutario.
Il Paese è attanagliato dalla crisi e dalla svalutazione della lira, che ha distrutto il ceto medio. Fuga dalla Borsa: l’indice principale ha perso il 22% nel 2021. I prezzi bassi però offrono opportunità a chi non ha paura di assumersi rischi, a partire da quello valutario.Non c’è pace per la Turchia. Secondo i dati dell’Istituto statistico turco, l’indice annuale dei prezzi al consumo è salito al 48,7% a gennaio, il livello più alto dall’aprile 2002. L’inflazione mensile è stata dell’11,10%. A gennaio l’inflazione annua ha quindi toccato il massimo da 20 anni, con la lira turca che ha perso circa il 44% nel 2021 dopo il taglio dei tassi di settembre, per un totale di 500 punti base. La situazione si è mostrata quindi sempre più insostenibile per molti turchi, mettendo in ginocchio i poveri e facendo crollare la classe media.Il risultato di tutto questo è che molti investitori, locali ed esteri, sono scappati a gambe levate dalla Borsa turca, con l’indice principale in discesa del 22% nel corso del 2021 e in ribasso del 50% negli ultimi cinque anni. In Turchia «l’inflazione rimane alta (...) e la volatilità selvaggia della valuta rende difficili gli investimenti», spiegano da Algebris, «Inoltre, l’interesse pagato sul regime è limitato al 17%, molto più basso dell’inflazione. Infine, la Banca centrale ha esaurito circa 17 miliardi di dollari di riserve in dicembre, la metà delle sue riserve nette, suggerendo che il bilancio del Paese si sta effettivamente indebolendo», fanno notare gli esperti della Sgr. Tutto questo nonostante i bassi prezzi delle azioni (il rapporto prezzo/utili della Borsa di Istanbul è di sette volte contro le 20 dell’indice mondiale Msci world), se comparati con i multipli dei titoli dei Paesi emergenti o mondiali. Alla fine, insomma, per via si questi chiari di luna, anche molti fondi d’investimento specializzati nell’Europa emergente (in questo indice è inclusa anche la Turchia) hanno iniziato a ridurre il peso del Paese sul Bosforo.D’altronde, già a novembre del 2021 i conti di alcuni broker online e di alcune banche turche sono andati in tilt a causa delle fluttuazioni della lira turca, con diversi cambiavalute che hanno dovuto interrompere gli scambi visto che, con il prezzo della moneta nazionale in crollo verticale, non si riusciva a fissare un prezzo. «Purtroppo, la disfatta della lira turca ha colpito anche molti risparmiatori italiani, attirati dalle cedole elevate (anche superiori al 10% annuo) pagate sulle obbligazioni in valuta locale», spiega Salvatore Gaziano, direttore investimenti di Soldiexpert scf, «Investire in obbligazioni emesse in valute diverse dall’euro espone al rischio valutario, ovvero che un Paese ripaghi il suo debito con una moneta così svalutata che, una volta cambiata in euro, ci si ritrova con molto meno capitale di quello che si era investito, anche se si sono continuate a incassare le cedole».La Repubblica di Turchia ha sul mercato anche diverse emissioni in dollari o in euro che non sono esposte al rischio lira turca, ma a quello evidente di chi le emette. Non a caso rendono molto più di altri emittenti. Va detto che la Turchia dispone di riserve valutarie molto scarse con cui onorare le scadenze con l’estero e il mercato prezza questo rischio.Per tutti questi motivi, esporsi al mercato turco non è cosa da tutti. Chi sceglie di puntare su questo mondo deve sapere che la volatilità e la scarsa stabilità sono all’ordine del giorno. D’altro canto, però, oggi è possibile investire attraverso prodotti a prezzo di saldo come gli Etf di iShares, Lyxor o Bnp paribas che puntano su questo mercato. In alternativa, si può investire sul reddito fisso turco in dollari ma, anche in questo caso, i rischi non sono da sottovalutare. In generale, la pandemia e la crisi del Paese hanno portato molti prodotti verso perdite consistenti, nell’ordine del 30% in tre anni. Tutti prodotti finanziari che ora stanno faticosamente provando a risalire la china nel 2022, ma la strada è lunga e c’è ancora chi non è riuscito a rialzarsi del tutto mostrando perdite più contenute.
Christine Lagarde (Ansa)
I tassi restano fermi. Forse se ne parlerà a dicembre. Occhi sulla Francia: «Pronti a intervenire per calmare i mercati».
Peter Mandelson, amico di Jeffrey Epstein, e Keir Starmer (Getty)
Il primo ministro: «Rimosso per rispetto delle vittime». Pochi giorni fa lo difendeva.
Il problema non sono i conti pubblici, ma il deficit della bilancia commerciale. Dovuto a una moneta troppo forte, che ha permesso acquisti all’estero illimitati. Ora per tornare competitivi serve rigore, ma senza poter smorzare le tensioni sociali con la svalutazione.