2024-03-01
Reintegrò l’infermiera e fu bollato come «no vax»: ora sarà risarcito
Giudice diffamato per aver dato ragione a una renitente. Condannata cronista di «Rep».Il passaggio dall’antirazzismo al diffamare le persone per le loro idee, magari con una spruzzatina di stigma sociale, a volte può essere breve. Il Tribunale di Perugia ha ritenuto colpevole di diffamazione una giornalista di Repubblica per aver definito «no vax» un giudice della Procura di Velletri, sottintendendone la mancata imparzialità dopo che questi aveva ordinato il reintegro di un’infermiera sospesa perché non vaccinata. L’etichetta no vax, dunque, è talmente forte da riuscire anche a rompere il tabù del rispetto a prescindere per la magistratura. L’articolo contestato risale al 17 dicembre del 2021, e al suo interno ci si riferiva al giudice del lavoro Giulio Cruciani, difeso dall’avvocato Angelo Di Lorenzo. «Nei corridoi non si parla d’altro, perché si sa che nella sezione c’è un giudice no vax. Sarà Giulio Cruciani?», si domandava la giornalista nel pezzo, che aggiungeva: «Nessuno conferma, ma la faccenda imbarazza, perché il provvedimento si annuncia dirompente». La dirompenza, per altro, consisteva nel reintegrare l’infermiera appellandosi alla «rilevanza dei diritti compromessi (dignità personale, professionale, ruolo alimentare dello stipendio)». In un altro articolo del 24 novembre 2021, invece, si riportavano diverse dichiarazioni di persone frequentanti il tribunale, come per esempio quella di un avvocato che, in relazione al giudice Cruciani, affermava: «Dal primo gennaio ha spostato le sue udienze accorpandole su due giorni, il martedì e il mercoledì. Non è escluso che non voglia sottoporsi a due tamponi a settimana». O quella di un collega magistrato, che sosteneva: «L’ha fatta grossa. Com’è possibile che la legge sia interpretata in quel mondo. Il provvedimento parla da sé, esprime un’ideologia, ma non voglio parlare delle posizioni personali del collega».«Il 90% delle sue sentenze sono appellate. È burbero, oltremodo severo», erano invece le parole di un altro avvocato. «Se davvero non fosse vaccinato sarebbe gravissimo. Noi avvocati ci apprestiamo a sottoporci alla terza dose e ai rischi che potrebbe comportare. Fino a sei mesi fa ricordo le udienze con lui che non aveva nemmeno la protezione in plexiglass davanti». Notevole, qui, oltre alla disinvoltura con cui si attacca la persona invece dei suoi argomenti, che l’avvocato fosse consapevole dei rischi legati alla terza dose, benché a reti nazionali venisse diffusa la notizia secondo cui gli effetti avversi fossero praticamente inesistenti. Ora la sezione penale del Tribunale di Perugia ha ritenuto la giornalista di Repubblica colpevole di diffamazione. Si tratta solo del primo grado di giudizio, e ancora si attendono le motivazioni che hanno condotto alla decisione, ma la sentenza ha una sua valenza simbolica. «Prendersi il vantaggio di una ragione ideologica mediante l’offesa ad hominem ha costituito lo strumento maggiormente utilizzato dai media per sopire o impedire il dibattito in ordine alle politiche sanitarie emergenziali», ha spiegato alla Verità l’avvocato Di Lorenzo. «Per questo motivo credo che la sentenza abbia una grande rilevanza. Il fenomeno è stato talmente evidente da essere inserito tra gli oggetti di indagine nella nascitura Commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza, che riguarderà, tra le altre questioni, anche “la verifica dell’efficacia, dell’adeguatezza e della congruità della comunicazione istituzionale e delle informazioni diffuse alla popolazione durante la pandemia”».
(Totaleu)
«Strumentalizzazione da parte dei giornali». Lo ha dichiarato l'europarlamentare del Carroccio durante un'intervista a margine della sessione plenaria al Parlamento europeo di Strasburgo.