2025-09-07
Bisogna riportare l’India dalla nostra parte
Il premier indiano Narendra Modi (Getty Images)
A causa dei dazi imposti da Washington, il Paese asiatico oggi mostra un legame stretto con Mosca e Pechino. L’Italia però ha l’interesse e l’opportunità di dialogare con Nuova Delhi e gettare le basi per un trattato commerciale con l’Unione europea.Tra amici ed alleati bisogna parlarsi con franchezza quando uno pensa che l’altro sbagli e che l’errore porti danni. Usualmente tale interlocuzione franca, tra governi, avviene a porte chiuse. Per inciso, ne ho fatte tante nei miei periodi di consulenza alle istituzioni italiane, acrobatiche quelle ai compianti Francesco Cossiga e Antonio Martino in tempi turbolenti del passato. L’errore fatto da Donald Trump imponendo dazi del 50% all’export indiano se continuasse a comprare petrolio russo ha incentivato Narendra Modi a mostrare un’iniziale convergenza con Pechino ed a confermare quella con Mosca come risposta controdissuasiva. Se questa divergenza iniziale tra America ed India non venisse ricomposta, l’Italia subirebbe un danno geoeconomico rilevante.Per esempio, è interesse nazionale vitale per l’Italia il progetto «Via del cotone» (Imec) che prevede la connessione infrastrutturale tra India, Mediterraneo (via ferrovia nella penisola arabica con sbocco pur non unico nel porto di Haifa) ed Atlantico, siglato come intenzione a New Delhi da India, Stati Uniti, Regno Unito, Arabia, Emirati, Francia, Germania ed Italia, con implicito riferimento agli Accordi di Abramo tra Emirati ed Israele. Tale connessione (in cui resterebbe rilevante il Canale di Suez) renderebbe centrale l’area mediterranea costiera e profonda trasformandola da via di transito in area di mercato a integrazione evolutiva, che io chiamo Ekumene (oikumene, in greco antico). Il vantaggio per tutte le nazioni partecipanti e connesse sarebbe enorme: pax et pecunia. Ma non per la Cina e la Russia che perderebbero influenza sull’Africa e nell’Indo-Pacifico. Infatti Pechino ha sollecitato -pur in modi non confermabili perché noti solo all’intelligence, anche se le armi cinesi agli Houthi, via Iran, sono evidenti- l’attacco di Hamas ad Israele prevedendone una reazione che avrebbe congelato gli Accordi di Abramo e tenuto caldo il Medio Oriente per sabotare il progetto di Via del cotone. Se la divergenza tra America e India continuasse e l’India fosse corteggiata di più dalla Cina -come sta avvenendo- Pechino potrebbe chiedere all’India stessa o di modificare il progetto Imec oppure di metterlo in combinazione con quello di Via della seta, in ambedue i casi bloccandolo. Previsione fantasiosa? No, va connessa all’ordine dato da Pechino a Mosca di includere truppe cinesi nel sistema di garanzie per l’eventuale tregua in Ucraina. La Cina sta prendendo vantaggio (potenziale) dagli errori statunitensi.D’altro lato, l’India non ha un vero interesse a entrare nella sfera di influenza cinese. Per inciso, la relazione (storica) tra India e Russia ha sapori anticinesi impliciti così come quella tra Mosca e Corea del Nord (la seconda con missili nucleari derivati da tecnologia russa). Ma Pechino, appunto, sta corteggiando l’India affinché non diventi un baluardo con capacità nucleare opposto all’espansione cinese nel Pacifico e limiti la concorrenza economica con la Cina diventando un sostituto per gli investimenti internazionali in Cina stessa, per esempio il trasferimento delle produzioni Apple dalla Cina all’India, offrendo vantaggi all’economia indiana. L’india non si fida, anche annotando gli investimenti cinesi nell’Himalaya funzionali ad una capacità bellica e la satellizzazione cinese del Pakistan, ma la sberla statunitense del 50% di dazi e il divieto di acquisto di petrolio russo non esteso alla Cina è una mossa alla quale l’India non può non rispondere. Per inciso, anche il Giappone è infuriato con l’America per i dazi, al punto di interrompere temporaneamente il dialogo tecnico in materia pur senza divergenza vistosa. Inoltre, la Cina sta corteggiando Seoul e Tokyo senza particolari successi al momento, ma è riuscita ad avviare un precursore di negoziato. Poi ha accettato l’offerta russa di costruire un gasdotto, che finora aveva rifiutato, Siberia-Cina (via Mongolia) come incentivo disperatamente necessario a Mosca, nonché promesso aiuti alla Corea del Nord per una convergenza più forte. Se l’India si ponesse pur non in convergenza, ma in relazione di neutralità con la Cina, il Pacifico sarebbe perso per l’alleanza delle democrazie. Pertanto il danno della divergenza potenziale tra America ed India non tocca solo l’Italia, ma anche il G7 e l’Ue. Soluzioni? Ovviamente un dialogo franco tra europei e America con un’appendice bilaterale Roma-Washington (che sembra in postura di aiuto all’Italia per la pacificazione della Libia utile per Ekumene). Ma, anche a seguito di una consultazione con colleghi statunitensi ben informati e di orientamento repubblicano, l’Ue dovrebbe accelerare il trattato economico con l’India, precorso dal bilaterale strategico tra Italia ed India, e con l’Australia, coinvolgendo il Regno Unito, allo scopo di integrare l’azione statunitense nel Pacifico, senza, peraltro, divergenze con l’Amministrazione Trump. Hanno probabilizzato che nel dopo Trump, sperabilmente prima, l’America tornerà razionale. Anche colleghi indiani consultati suggeriscono tale soluzione, ma con l’avvertenza di cercare di capire meglio l’India per derivare la miglior forma di convergenza. Il passato coloniale pesa, l’indipendentismo indiano di più, l’orgoglio della fazione maggioritaria induista ancor di più. In sintesi, se l’India viene rispettata poi convergerà di più con l’alleanza delle democrazie. Il petrolio e gli armamenti russi all’India? Se ne discuta francamente sia tra Ue ed India che tra America ed India prima di lanciare dazi, cercando soluzioni anche con una diplomazia italiana attiva. In conclusione, il concetto di Occidente va esteso all’alleanza tra democrazie, dandogli un altro nome per includere le nazioni democratiche dell’Asia/Pacifico.www.carlopelanda.com
Roberto Gualtieri, sindaco di Roma (Imagoeconomica)
Il corteo contro lo sgombero del Leoncavallo a Milano (Ansa)
Antonio Decaro (Imagoeconomica)