
L'assessore alla Sanità dell'Emilia Romagna fu cancellato dall'ordine dei medici dopo la delibera che autorizzava le ambulanze a operare con a bordo solo infermieri. La Procura accusa 9 camici bianchi per abuso d'ufficio: hanno valutato un'azione politica. Lui radiato, loro indagati. La Procura di Bologna spariglia le carte e, dopo aver aperto un fascicolo conoscitivo che fino a qualche tempo fa sembrava destinato a un binario morto, mette sotto inchiesta i nove camici bianchi della commissione disciplinare che, nel novembre scorso, votarono per l'espulsione dell'assessore regionale alla Sanità, Sergio Venturi, dall'ordine dei medici del capoluogo emiliano. Venturi, di professione gastroenterologo, era stato «processato» dai suoi colleghi per la delibera della giunta regionale dell'11 aprile 2016 - numero 508 - che aveva riorganizzato il sistema delle emergenze e dei soccorsi in Emilia Romagna. Di fatto dando il via libera alla presenza, sulle ambulanze, dei soli infermieri specializzati senza medici di supporto.Il procedimento penale, coordinato dal procuratore Giuseppe Amato e dal pubblico ministero Flavio Lazzarini, ipotizza ad oggi il reato di abuso d'ufficio. Per gli inquirenti, i nove commissari non avrebbero potuto avviare l'iter di cancellazione di Venturi dall'albo professionale per due motivi. La delibera incriminata era il prodotto di una scelta collegiale dell'intera giunta regionale, e quindi la «personalizzazione» della paternità a carico del solo assessore regionale alla Sanità è tecnicamente errata oltre che immotivata dal punto di vista documentale. Inoltre, la scelta di riformare il meccanismo delle emergenze regionali è stata adottata e condivisa da Venturi non già nelle vesti di medico, ma di politico. Quindi, la commissione disciplinare dell'ordine dei medici di Bologna, che aveva avviato l'iter disciplinare nei confronti di un suo iscritto, non aveva alcun potere di sindacare una decisione di carattere squisitamente politico amministrativo. Non ha colto l'occasione dell'indagine per affondare il colpo, però, l'assessore. Si è limitato a ribadire che si è trattata di una «invasione di campo», compiuta «per ragioni strumentali». Il riferimento di Venturi è all'«attivismo del presidente dell'ordine di Bologna», Giancarlo Pizza, «che più volte e in maniera chiara si è contrapposto alla Regione per le sue politiche, a partire dall'obbligo vaccinale che per primi abbiamo introdotto in Emilia Romagna a tutela della salute pubblica». Pizza, infatti, ha firmato la prefazione a un libro che critica la legge sull'obbligatorietà dei vaccini introdotta dall'ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin per i bambini che vanno a scuola. Per Venturi, la verità dei fatti «emergerà per quella che è» ma «non voglio commentare un'indagine in corso, né tantomeno i suoi sviluppi, posso solo ribadire ciò che ho già detto: la mia radiazione dall'ordine dei medici è stata decretata sulla base di un atto della giunta regionale e della mia attività in quanto assessore, senza che nulla c'entrasse il fatto che sono un medico». Sanzione estrema che, prima di allora, era stata adottata solo nei confronti di un iscritto che aveva ucciso la moglie.Pizza non è però indagato, come i due commissari che si opposero alla radiazione votando «no», perché si astenne dalla consultazione finale proprio per le polemiche di quelle settimane con Venturi. La scelta dell'ufficio giudiziario di procedere con una contestazione penale non pare però aver scalfito la sicurezza dell'ordine dei medici di essere nel giusto. L'iscrizione nel registro degli indagati, ha rintuzzato l'organismo di categoria, «nulla aggiunge o toglie alla convinzione dei commissari tutti d'aver agito secondo le regole previste dalle disposizioni legislative vigenti e nella piena consapevolezza che qualunque decisione, come qualunque azione - deontologica o giudiziale - possa e debba essere verificata nelle varie forme e nei vari gradi di giudizio ammessi dall'ordinamento. In tale convinzione quest'ordine», prosegue la nota a difesa dei commissari sotto inchiesta, «ha cercato di prestare la propria piena collaborazione istituzionale all'autorità inquirente in ogni occasione in cui gli sono stati richiesti elementi conoscitivi e del pari in tale consapevolezza ci si attende che ogni dubbio - anche il più spiacevole - possa essere fugato con il concorso di tutte le autorità investite dei casi e delle vicende prodottesi, continuando in ogni caso ad esercitare con serenità e convinzione quei compiti e quelle funzioni istituzionali conferite sia dal legislativo che dal deontologico, con alcuna presunzione di infallibilità». L'operato della commissione, ricorda infatti l'ordine, è già stato «sottoposto al controllo di varie autorità giudiziarie: dalla commissione esercenti le professioni sanitarie, alla Corte di Cassazione, alla Corte Costituzionale. Iniziative alle quali si è aggiunta, da ultimo, una ulteriore verifica in sede inquirente che ci si augura promossa al fine di escludere la ricorrenza di rilievi penali nei conflitti di attribuzione già lamentati dalla Regione e dall'iscritto, dottor Venturi». La battaglia giudiziaria è appena all'inizio.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





