2019-11-02
Incubo Emilia, il Pd prega in ginocchio il M5s
Mentre gli ultimi sondaggi dopo il voto umbro danno il centrodestra oltre il 50%, continua la telenovela tra Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio Il primo, terrorizzato da una sconfitta a gennaio, pietisce il sostegno grillino. Il secondo, in crollo di consensi, ribadisce il suo no.L'effetto-Umbria fa volare il centrodestra nei sondaggi, mentre Pd e M5s crollano e il governo giallorosso sembra davvero avere i giorni contati: le liti interne alla pseudo maggioranza delle quattro sinistre, che già stanno facendo traballare Giuseppi Conte, sono destinate a esplodere se, il 20 gennaio, l'Emilia Romagna verrà conquistata dalla rinnovata e granitica coalizione Lega-Fratelli d'Italia-Forza Italia, guidata da Matteo Salvini. Vediamo i dati dell'ultima rilevazione, quella effettuata per il Corriere della Sera dall'istituto Ipsos di Nando Pagnoncelli. La Lega è stabilmente primo partito, al 34,3%, con un impressionante balzo in avanti rispetto ai giorni precedenti il trionfo di Donatella Tesei: il Carroccio guadagna la bellezza di 3,5 punti. Vola Fratelli d'Italia: Giorgia Meloni si gode il suo 9,8%, percentuale stratosferica, e l'ormai consolidato sorpasso ai danni di Forza Italia, segnalata al 6,2%. I tre partiti di centrodestra sommati sfondano addirittura il 50%.Sull'altro versante, è crisi nera: il Pd è al 17,2%, e lascia sul campo, rispetto all'ottobre scorso, il 2,3%. Ancora più grave l'arretramento del M5s, crollato al 17,9%, 2,9 punti in meno. Sale leggermente Italia viva: il partito di Matteo Renzi, che si è sfilato dalle elezioni in Umbria, guadagna l'1,4% e si attesta al 6,2%. Una frana che sembra inarrestabile, quella dei consensi della sinistra. Gli elettori di Pd e M5s non digeriscono l'alleanza «civica», che poi è tutt'altro che civica, visto che sulla scheda delle regionali in Umbria c'erano i due simboli, e i continui litigi tra gli alleati non fanno altro che deprimere ancora di più gli elettori. Come se non bastasse, incombono le regionali in Emilia Romagna, dove la candidata della Lega e del centrodestra, la senatrice del Carroccio Lucia Borgonzoni, ha ottime chance di battere il presidente uscente, Stefano Bonaccini, del Pd. Nessun dubbio sul fatto che una sconfitta nella regione feticcio per la sinistra sarebbe il capolinea del governo giallorosso e che senza un accordo con il M5s, Bonaccini è praticamente spacciato. Lui lo sa, e cerca di convincere i grillini a sostenere la sua candidatura, anche attraverso una desistenza: «Io penso», ha detto ieri il presidente uscente a Omnibus, su La7, «che il M5s abbia un'occasione di sedersi e verificare se sui programmi ci sono convergenze o meno: se non ci sono, amici come prima».Si rassegni, Bonaccini: le convergenze non ci sono, la somma di Pd e M5s non fa il totale, i due partiti che si sono massacrati reciprocamente per tanti anni, se si alleano, provocano la fuga dei rispettivi elettorati, soprattutto quello grillino, come si è visto in Umbria. Luigi Di Maio ieri ha ribadito il concetto: «È un dibattito», ha detto il traballante capo politico di un M5s sempre più frantumato al proprio interno, «che sta anche stancando gli italiani. A noi non interessa né la destra né la sinistra. Si parla di coalizioni, di accordi, io credo che dobbiamo concentrarci sugli obiettivi. Se dobbiamo parlare di qualcosa a gennaio 2020, parliamo dell'acqua pubblica. Sono d'accordo», ha chiesto Di Maio, «le altre forze della maggioranza?».Tra le altre forze di maggioranza, alle quali si rivolge Di Maio, c'è anche Leu, partitino di sinistra che ha tra i suoi leader Pierluigi Bersani. Le parole sprezzanti di Di Maio sono rivolte proprio a Bersani, che ieri, in relazione alla probabile vittoria della Lega in Emilia, ha supplicato il M5s: «C'è chi, come Di Maio», ha argomentato Bersani al Corriere della Sera, «coltiva questa balzana idea che si possa fare da soli, restando ciascuno a casa sua. Invece bisogna creare una novità che faccia dire: non sono il Pd, la sinistra e il M5s di prima». Per Bersani, occorre «una fase costituente che consenta, senza abiure, di aggregare forze e costruire una piattaforma nuova, che dica dei sì su lavoro, ambiente, fisco. Su quella base incrociare il M5s, che a sua volta deve creare un meccanismo di partecipazione vero. Caro Di Maio», ha aggiunto Bersani, «la destra ha usato il governo con il M5s come sgabello, ma adesso non ne avrà più bisogno. Immaginarsi nel solipsismo assomiglia a un cupio dissolvi». Sulla stessa lunghezza d'onda Nicola Zingaretti: «Mettiamola così: non si può», ha incalzato il segretario del Pd, al forum del Sole 24 Ore, «governare insieme da avversari. Non si può restare al governo per paura di nuove elezioni o perché si vogliono occupare postazioni di potere a partire dalle prossime nomine nelle società pubbliche. Alle elezioni regionali», ha ricordato Zingaretti, «c'è un maggioritario a turno unico: o ci si mette d'accordo prima delle elezioni o non ci sarà una seconda occasione». Niente da fare: Di Maio ha chiuso la porta, gli attivisti del M5s in Emilia Romagna del Pd non vogliono neanche sentire parlare. Sull'esperienza giallorossa i titoli di coda sono sempre più vicini.