2023-01-08
Nell’inchiesta sul caso mascherine un anno per l’incidente probatorio
Dpi in scadenza: l’esame è a rischio. E il reato contestato a Domenico Arcuri potrebbe essere abrogato.L’inchiesta sulla maxi commessa da 800 milioni di mascherine cinesi, acquistate nel 2020, per 1,25 miliardi di euro, dall’allora commissario straordinario all’emergenza Covid, Domenico Arcuri, torna a far parlare. Nei giorni scorsi la Procura ha chiesto al gup un incidente probatorio per cristallizzare il grado di protezione garantito dalle mascherine sequestrate per poter poi procedere alla distruzione. Uno dei motivi dell’istanza è l’inevitabile deterioramento a cui sono sottoposti i dispositivi rinchiusi da mesi nei magazzini giudiziari. Infatti nella richiesta si legge: «Il tempo rischia di compromettere l’utilità di una perizia, che dovesse essere disposta, come sembra necessario, nell’eventuale giudizio di merito». Ma la decisione potrebbe essere stata presa fuori tempo massimo, visto che molte mascherine, tutte prodotte nella primavera del 2020, potrebbero essere già inutilizzabili, avendo oltrepassato la data di scadenza. Ad esempio, le Ffp3 della Wenzhou leikang (uno dei produttori della fornitura i cui dpi sono stati considerati non a norma) hanno stampate sulle bustine sigillate la scritta: «Conservazione due anni dalla data di produzione». Le Ffp2 prodotte dalla Wenzhou junyue hanno invece una scadenza di tre anni, che scatterà quindi durante la primavera. La decisione della Procura, che arriva a quasi un anno e mezzo dagli ultimi sequestri, rischia di trasformarsi in un involontario assist per gli imputati. È facile immaginare che le difese daranno battaglia sulla validità dell’incidente probatorio, rischiando che il procedimento si allunghi, fino a sfiorare la prescrizione. A poco meno di dieci mesi dalla notifica dell’avviso di chiusura delle indagini (risalente al 25 marzo 2022) alle persone sotto inchiesta, i pm capitolini non hanno ancora depositato le loro conclusioni con le richieste di rinvio a giudizio o di archiviazione per i fatti commessi tra il marzo e il luglio del 2020. Con il rischio che, tra incidente probatorio, udienza preliminare e dibattimento, possa scattare la prescrizione (prevista dopo sette anni e mezzo dall’inizio del procedimento) prima della sentenza di primo grado, che, invece, interromperebbe il conto alla rovescia. Per Arcuri, poi, la Procura di Roma ipotizza il reato di abuso d’ufficio, che il governo sta pensando persino di cancellare. Gli altri reati contestati a vario titolo agli indagati sono la frode in pubbliche forniture, il traffico di influenze, il riciclaggio e l’autoriciclaggio. Nel frattempo, 338,77 milioni di dispositivi sequestrati nel corso del 2021 perché «dannosi per la salute» giacciono ancora nei magazzini. I pm titolari dell’inchiesta, Gennaro Varone e Fabrizio Tucci, nella richiesta inoltrata al gup ricordano che «nel corso del procedimento sono stati sequestrati numerosi dispositivi di protezione individuale introdotti in Italia, molti dei quali valutati, all’esito di consulenza svolta nelle indagini preliminari, inidonei all’uso sanitario, ovvero pericolosi per la salute». Tra i motivi della richiesta il fatto che «i sequestri […] ingombrano magazzini in varie località italiane, i cui titolari chiedono di liberarli». Va ricordato che, alla fine della gestione commissariale una determina firmata dal successore di Arcuri, il generale Francesco Figliuolo aveva calcolato in almeno un milione di euro al mese i costi dello stoccaggio delle mascherine che per vari motivi erano inutilizzabili. Di quelle non sottoposte a sequestro Figliuolo aveva avviato le procedure per la distruzione. Ma per quelle della maxi commessa si continua a pagare.