2024-05-15
Gli indagati per i voti dei mafiosi tirano in ballo gli esponenti del Pd
Giovanni Toti con, alla sua sinistra, i fratelli Italo, Maurizio e Arturo Angelo Testa. Nel riquadro, Venanzio Maurici
Depositata al gip del Tribunale di Genova la lettera con cui l’ex sindaco dem Marta Vincenzi chiedeva sostegno elettorale ai riesini. Il sindacalista Maurici: «Io al lavoro per il centrodestra? Infamante».Nel procedimento per corruzione che ha travolto il governatore ligure Giovanni Toti spuntano ogni giorno nuovi ipotetici filoni. Quello annunciato ieri riguarda presunte fughe di notizie sulle indagini. Sorprese arrivano anche dagli interrogatori di garanzia che riguardano gli indagati raggiunti da misure cautelari. Infatti l’avvocato Gennaro Velle, difensore di Italo Maurizio Testa, esponente di Forza Italia (sospeso) della Provincia di Bergamo, ha consegnato al gip Paola Faggioni la mail spedita dall’ex sindaco di Genova Marta Vincenzi all’Associazione amici di Riesi e in particolare a uno dei suoi fondatori, l’ex dirigente sindacale Venanzio Maurici, accusato insieme come i fratelli Testa (destinatari della misura dell’obbligo di dimora) di corruzione elettorale con l’aggravante mafiosa. Italo si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma il suo legale, per dimostrare come a Genova fosse normale bussare alla porta dei riesini in cerca di voti, ha consegnato la missiva svelata il 9 maggio dalla Verità nell’articolo intitolato «L’inchiesta su Toti imbarazza la sinistra e tocca uomini della filiera dem». Il documento si riferisce alle elezioni comunali del 2007 e combacia con la nascita dell’associazione. La Vincenzi, che si firmava «candidata a Sindaco di Genova», auspicava, «in un’era di grandi migrazioni» un nuovo processo di integrazione tra genovesi e non, come era avvenuto nel Dopoguerra tra settentrionali e meridionali: «Oggi, l’integrazione di tutti i "non genovesi"(e lo dico con affetto, sapendo che oggi è difficile definirsi "non genovesi"), la loro capacità di adattarsi e mescolarsi con un nuovo ambiente dovrebbe farci riflettere» scriveva, indicando il modello. E aggiungeva: «Sicuramente ci sono da superare problemi e incomprensioni: ma come s’è fatto già una volta, si può fare ancora, confidando nell’intelligenza e nell’umanità di tutti». Infine, inviando «un caloroso augurio per la buona riuscita del vostro incontro e per il futuro di tutti noi», esaltava l’iniziativa della comunità originaria della Trinacria: «La geniale idea di un’associazione culturale di Riesini e non, avviata nella nostra città, da un non riesino (Venanzio Maurici è nato a Genova, ndr) sia un esempio da perseguire, così si possono creare forme di socialità e associazionismo formidabili, con poco». Oggi quell’entusiasmo e la ricerca di voti nella comunità riesina da parte di un esponente dem vengono utilizzati da uno dei fratelli Testa come prova della normalità di far campagna elettorale tra i genovesi originari della Sicilia. «Se l’unica cosa che hanno per difendersi è tirare fuori cose di questo tipo, auguri» ironizza l’ex sindaco con La Verità. «Nel 2007 nessuno di noi poteva immaginare che l’associazione dei riesini sarebbe stata collegata a ipotesi di tipo mafioso. Volevo ringraziare una realtà che, come tante, in campagna elettorale aveva organizzato incontri. Io sono nata a Certosa e per me quei cognomi ricordavano solo compagni di scuola o, quando sono poi diventata insegnante e preside, alunni da mettere più o meno dietro la lavagna. Al contrario, durante la mia sindacatura ho avuto molti sospetti che ho dichiarato e che mi hanno portato a subire reprimende da parte del prefetto. Ho detto più volte che mafia e ’ndrangheta erano nei quartieri di periferia e nel centro storico. Il voto di scambio contestato adesso dalla Procura dovrà essere dimostrato, ma questa cosa non mi ha mai riguardato». Se Italo Maurizio ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere, il fratello Arturo Angelo ha risposto al gip e anche ai giornalisti. Per il legale il suo assistito, intercettato mentre prometteva pacchetti di voti, ha negato gli addebiti («non c’erano favori, né promesse»), ha chiesto la modifica della misura cautelare e sarebbe finito nel tritacarne solo per le sue «origini geografiche». Arturo Testa, ritratto insieme con il fratello in una vecchia foto mentre fa il saluto romano a Predappio, con i giornalisti si è proclamato «antifascista» e ha definito il braccio teso «una goliardata»: «Come se vado nella Piazza rossa e saluto con il pugno chiuso». Ha reso spontanee dichiarazioni anche un altro riesino coinvolto nell’inchiesta, il sindacalista Maurici. Baffetto con mosca sotto il labbro e giacca blu si è attardato con i giornalisti uscendo dal Tribunale da una porta laterale. Con loro ha negato l’ingombrante parentela che gli viene attribuita nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato ai domiciliari Toti: secondo gli inquirenti sarebbe cugino di «Franco Maurici, figlio del defunto boss Giacomo». L’uomo che aveva fondato con Venanzio la famosa associazione. A chi gli faceva notare il pesante accostamento ha risposto stizzito: «Sì sono vent’anni che continuano con questa storia stupida della parentela… non ho nessun legame famigliare… di Maurici ce ne sono tanti…». In effetti alla morte di Giacomo, Venanzio scrisse due messaggi di cordoglio, in cui non citava legami di parentela: «Che la terra ti sia lieve amico mio… riposa in pace» si legge in uno. «È finita un’epoca … panta rei…fa un buon viaggio amico mio» è scritto in un altro. La difesa, però, non convince, visto che un boss probabilmente è peggio sceglierselo come amico che averlo come parente. A proposito del pentito Carmelo Arlotta, sicario di mafia, che lo ha definito «esponente di vertice» del mandamento genovese del clan, Maurici ha chiosato: «Non lo conosco nemmeno, non so da dove possa venire questa cosa». E sulla parentela acquisita con il boss Franco Cammarata ha detto: «È vero, sono cognato di uno dei Cammarata, abbiamo sposato due sorelle. Ma non lo vedo dal 2013 e i rapporti che ho avuto lui sono solo di natura famigliare». Per la Procura di Genova, Venanzio, in occasione delle consultazioni elettorali per il rinnovo del Consiglio regionale ligure nel 2020, per dare il proprio voto alla lista Cambiamo con Toti presidente, avrebbe accettato la promessa di un posto di lavoro in favore del convivente della figlia. Maurici, a proposito di tali accuse, ha parlato di «situazione surreale» e di «gogna mediatica». Fuori dal Tribunale si è fatto vanto della sua carriera da sindacalista: «Ho aiutato tanta gente senza interessi di nessun tipo». E ha rivendicato il suo impegno nella lotta alle cosche: «Mi sono occupato per anni di antimafia». E in effetti, come rivelato da questo giornale, è stato anche relatore sulle irregolarità nei cantieri edili in una tappa della carovana antimafia organizzata dall’Arci e da Libera di don Luigi Ciotti. Due giorni fa il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, in visita a Genova, ha scaricato l’ex dirigente («è importante averlo sospeso immediatamente […] stiamo parlando di una persona, non certo di un’organizzazione») e ha soggiunto che per colpa del sistema «malato» degli appalti «pezzi interi dell’economia reale sono in mano alla criminalità organizzata». Su questo Maurici si è detto completamente d’accordo con il suo vecchio segretario, anche se non ha gradito la sospensione da iscritto dello Spi, il sindacato dei pensionati della Cgil: «Sono 40 anni che combatto quello che Landini chiama il sistema malato degli appalti». Quando gli chiedono dei rapporti con i Testa, spiega: «Sono amici, cioè li conosco da vecchia data. Solo che politicamente non abbiamo niente in comune: loro sono di destra, io sono di sinistra». Con i due avrebbe solo discusso dell’associazione che Maurici aveva chiuso e che i Testa avrebbero voluto far ripartire. I cronisti domandano se abbia visto la foto con il braccio alzato dei suoi «amici» e Maurici coglie la palla al balzo: «Apposta, io non posso avere certe relazioni…». Quindi non ha aiutato a raccogliere in maniera illecita voti per Toti? «Smentisco nel modo più assoluto. Anzi è infamante per me sentire dire che ho aiutato Toti». Chissà se sia più o meno offensivo di essere accostati alla malavita organizzata.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.