
Scaricato da Parigi, il dem alla corte di Emmanuel Macron è stato costretto a mollare la poltrona. Fatale il suo ruolo da consulente per il governo della Valletta, ritenuto sconveniente.Renzianissimo. Candidato in Francia alle elezioni europee con i macroniani nella lista Renaissance ma in attesa che gli eurodeputati britannici liberino il seggio che gli spetta dopo la Brexit. Ex sottosegretario del governo italiano. Ex consulente del primo ministro maltese. Da ieri sera anche ex responsabile degli Affari europei del governo francese. L'identikit è quello del cinquantunenne Sandro Gozi da Sogliano Al Rubicone, l'uomo che negli anni Ottanta, prima della svolta europeista, si è fatto fotografare, da ligio iscritto al Fronte della gioventù (l'organizzazione giovanile del Movimento sociale Italia), con il leader missino Giorgio Almirante. «Da lunedì scorso, sono nuovamente oggetto di rivelazioni di stampa che hanno come unico intento quello di minare il mio impegno e le mie nuove attività professionali», si legge nella nota diffusa ieri da Gozi, con cui ha lasciato l'incarico nel governo di Edouard Philippe. A costringerlo alla resa sono state le rivelazioni di due giornali, Le Monde e il Times of Malta, secondo cui l'ex sottosegretario agli Affari europei dei governi Renzi e Gentiloni, oltre che con il governo francese, aveva in essere dei contratti di consulenza anche con il primo ministro maltese Joseph Muscat. Un pensiero all'Unione europea Gozi non poteva non riservarlo anche in questo caso, tentando di dipingere il suo come un «sacrificio» per «evitare qualsiasi strumentalizzazione politica, vista anche l'attuale situazione europea». Che ha voluto però anche precisare che il contratto come consulente tecnico esterno delle autorità maltesi «ha avuto luogo a posteriori rispetto alla mia funzione ministeriale in Italia ed è stata interrotta su mia richiesta a seguito della convalida del risultato delle elezioni europee in Francia». L'ex sottosegretario renziano lamenta di essere «l'obiettivo ricorrente di numerosi attacchi da quando ho deciso di compiere un altro passo nella realizzazione dell'ambizione transnazionale» (bisogna lodare il bel giro di parole per definire la ricerca della poltrona migliore, ovunque si trovi) e rivendica di aver lavorato in «piena trasparenza». Inoltre, si difende dicendo che il suo lavoro era privo «di ogni potenziale incompatibilità con l'incarico ricevuto successivamente dal governo francese».Il passo indietro è arrivato dopo la strigliata del premier Philippe che durante il question time in Aula lunedì aveva spiegato che il capo del governo chiede a coloro che servono la Francia di «una perfetta probità e il rispetto di tutte le regole». Il punto dell'incompatibilità l'ha colto un deputato dell'opposizione, Pierre-Henri Dumont: «Per chi lavora davvero il tuo consulente? Per sé stesso, per la Francia, per Malta, per l'Italia? Puoi assicurarci che il tuo consulente non ha mai usato le informazioni che avrebbe potuto conoscere a beneficio di un altro governo?». È la stessa cosa che molti si sono chiesti quando Gozi è passato dal governo italiano a quello francese.Ma facciamo un passo indietro: com'è arrivato Gozi a Malta? L'abbiamo raccontato sulla Verità. Tutto nasce dal suo rapporto con la Banca centrale di San Marino, a cui ha reso una consulenza da 220.000 euro (compresi eventuali premi) considerata dal commissario della legge (il pubblico ministero) Alberto Buriani «fittizia». L'avevamo scritto riportando la notizia dell'indagine a suo carico per «amministrazione infedele» in relazione a quella consulenza. Chi ha fatto da tramite tra Gozi e l'istituto? L'ambasciatrice di Malta in Italia, Vanessa Frazier. A confermarlo è stata lei stessa alla Verità: «Se c'era un interessamento di Renzi per Gozi? Certo. L'anno prima avevo suggerito altri due nomi (come negoziatori, ndr), ma non mi avevano richiamato. In questo caso dopo due giorni mi hanno ricontattato».
Da sinistra: Piero De Luca, segretario regionale pd della Campania, il leader del M5s Giuseppe Conte e l’economista Carlo Cottarelli (Ansa)
La gabella ideata da Schlein e Landini fa venire l’orticaria persino a compagni di partito e possibili alleati. Dopo la presa di distanza di Conte, il dem De Luca jr. smentisce che l’idea sia condivisa. Scettici anche Ruffini (ex capo dell’Agenzia delle entrate) e Cottarelli.
«Continuiamo così: facciamoci del male», diceva Nanni Moretti, e non è un caso che male fa rima con patrimoniale. L’incredibile ennesimo autogol politico e comunicativo della sinistra ormai targata Maurizio Landini è infatti il rilancio dell’idea di una tassa sui patrimoni degli italiani. I più ricchi, certo, ma anche quelli che hanno già pagato le tasse e le hanno pagate più degli altri.
Jannik Sinner (Ansa)
All’Inalpi Arena di Torino esordio positivo per l’altoatesino, che supera in due set Felix Auger-Aliassime confermando la sua solidità. Giornata amara invece per Lorenzo Musetti che paga le fatiche di Atene e l’emozione per l’esordio nel torneo. Il carrarino è stato battuto da un Taylor Fritz più incisivo nei momenti chiave.
Agostino Ghiglia e Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
Il premier risponde a Schlein e Conte che chiedono l’azzeramento dell’Autorità per la privacy dopo le ingerenze in un servizio di «Report»: «Membri eletti durante il governo giallorosso». Donzelli: «Favorevoli a sciogliere i collegi nominati dalla sinistra».
Il no della Rai alla richiesta del Garante della privacy di fermare il servizio di Report sull’istruttoria portata avanti dall’Autorità nei confronti di Meta, relativa agli smart glass, nel quale la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci punta il dito su un incontro, risalente a ottobre 2024, tra il componente del collegio del Garante Agostino Ghiglia e il responsabile istituzionale di Meta in Italia prima della decisione del Garante su una multa da 44 milioni di euro, ha scatenato una tempesta politica con le opposizioni che chiedono l’azzeramento dell’intero collegio.
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Imagoeconomica)
La direttiva Ue consente di sforare 18 volte i limiti: le misure di Sala non servono.
Quarantaquattro giorni di aria tossica dall’inizio dell’anno. È il nuovo bilancio dell’emergenza smog nel capoluogo lombardo: un numero che mostra come la città sia quasi arrivata, già a novembre, ai livelli di tutto il 2024, quando i giorni di superamento del limite di legge per le polveri sottili erano stati 68 in totale. Se il trend dovesse proseguire, Milano chiuderebbe l’anno con un bilancio peggiore rispetto al precedente. La media delle concentrazioni di Pm10 - le particelle più pericolose per la salute - è passata da 29 a 30 microgrammi per metro cubo d’aria, confermando un’inversione di tendenza dopo anni di lento calo.






