2019-09-25
Gli affari miracolosi di mister Leopolda. I 70.000 euro che diventano un milione
Controlli sulle plusvalenze di Patrizio Donnini: comprò cinque ditte per poi rivenderle a 15 volte tanto, tutte ai Toto. I quali avrebbero foraggiato pure i comitati del «Sì» al referendum.Se Matteo Renzi ha scoperto la sua America con le conferenze in giro per il mondo (domenica è tornato da Pechino) e ha iniziato a fatturare centinaia di migliaia di euro con la sua nuova società di consulenza, la Digistart, la Procura di Firenze sta scandagliando i flussi di denaro indirizzati verso la sua vecchia fondazione Open e due suoi storici collaboratori. Sotto la lente d'ingrandimento degli inquirenti sono finiti circa 700.000 euro lordi di parcella che l'avvocato Alberto Bianchi, ex presidente della Open, ha intascato personalmente dalla Toto costruzioni generali Spa per un contenzioso con Autostrade, e la plusvalenza da 950.000 dichiarata dagli imprenditori Patrizio Donnini e Lilian Mammoliti, primi comunicatori della Leopolda con la loro Dot Media, per la cessione di cinque società con certificazioni per impianti eolici alla Renexia Spa, sempre della Toto holding. È partendo da questa compravendita che i magistrati sono poi incappati nei finanziamenti alla Open e non solo. È notizia di ieri che circa un terzo dell'onorario da 2 milioni pagato dalla Toto holding per un contenzioso con la società Autostrade per l'Italia non sarebbe stato dirottato solo sulla fondazione (si parla di 200.000 euro), ma anche nelle casse dei comitati per il Sì al referendum costituzionale del dicembre 2016. Anche in questo caso il finanziamento sarebbe stato di circa 200.000 euro. Ovviamente gli inquirenti, coordinati dal procuratore aggiunto Luca Turco, vogliono capire se la parcella non sia stata gonfiata per poter sostenere le imprese dell'ex premier Renzi. Oggi l'avvocato di Bianchi, Nino D'Avirro, presenterà ricorso al tribunale del riesame per chiedere l'annullamento dei sequestri eseguiti dalle fiamme gialle nei confronti del suo assistito.Grande attenzione da parte degli inquirenti anche su un'altra transazione considerata sospetta tra membri del cosiddetto Giglio magico e la famiglia Toto. In questo caso protagonista è la premiata ditta Donnini-Mammoliti che il 3 agosto del 2016 ha iniziato a fare shopping in Veneto. Quel giorno, davanti al notaio Domenico De Carlo di Rovigo, Donnini, in veste di amministratore unico e rappresentante legale della Immobil green (di cui detiene il 5% delle quote, il restante è della Mammoliti) ha acquistato tre società a responsabilità limitata del settore delle energie rinnovabili: la Calabria energia, la Good-wind e la Spartivento. Donnini era probabilmente giunto in Polesine in virtù del suo lavoro di comunicatore. Nel 2015 aveva curato l'immagine della candidata governatrice del Veneto Alessandra Moretti. In quella campagna tra i grandi sostenitori dell'aspirante presidentessa c'era un imprenditore originario di Rovigo, Massimo Turri. I siti locali hanno scritto che Turri «con una sua società» è stato «fra i grandi sponsor di Alessandra Moretti nella campagna elettorale contro Luca Zaia». Ed è probabilmente Turri ad apparecchiare l'affare per Donnini. Di certo è lui uno dei tre venditori del 3 agosto. Per la sua Calabria Energia si accontenta di 10.000 euro, versati sull'unghia, tramite assegno. Lo stesso giorno e nello stesso studio, Donnini acquista le quote della Good-wind (valore nominale 10.000 euro) dalla trentanovenne polacca Aneta Wioletta Andziak al costo di 20.000 euro: metà viene saldata con un assegno e la seconda metà con la promessa di un bonifico da inviare entro il 30 ottobre. A vendere la Spartivento è invece l'ingegnere Dario Turolla con la sua Progettando srl. Anche qui pagamento in due tranche: 10.000 subito, sempre con assegno, e 8.200 con bonifico ottobrino. Insomma il 3 agosto Donnini, probabilmente anche grazie ai buoni uffici di un imprenditore amico, compra a prezzo di saldo tre aziende per un totale di 48.200 euro. Il 29 settembre dello stesso anno aggiunge altre due aziende nel carrello: la Volere volare e la Indaco. Entrambe gli costano 10.000 euro l'una. La prima gli viene venduta da Simone Turri, parente di Massimo e amministratore unico e rappresentante legale della Gpg srl; la seconda da Ines Olivo, che interviene in qualità di procuratrice del titolare della Indaco, Nicola Longo. Per la prima Donnini stacca due assegni da 500 euro (a Turri) e da 9.500 euro (alla Gpg), per la seconda un altro assegno da 10.000 euro intestato a Longo. Alla fine del bazar, Donnini passa all'incasso. In autunno rivende per 330.000 euro le tre ditte acquistate ad agosto per meno di 50.000 euro. Ad acquistare è la Renexia Spa, controllata per circa l'80% dalla Toto holding Spa e per la restante parte dal presidente Carlo Toto. L'atto di acquisto viene firmato il 13 ottobre 2016 davanti al notaio Paolo Fenoaltea di Roma. Nello studio quel giorno ci sono l'amministratore delegato della Renexia, Lino Bergonzi, e lo stesso Donnini. Praticamente un anno dopo, il 3 ottobre 2017, i due si ridanno appuntamento davanti allo stesso notaio. Questa volta la moltiplicazione dei pani e dei pesci di Donnini è stupefacente: i 20.000 euro spesi per la Indaco e la Volere volare gli fruttano 700.000 euro (350.000 per ditta), 35 volte l'importo della compera. Nel bilancio 2016 della Immobil green si legge che la prima cessione, in soli 70 giorni, «ha generato una plusvalenza di circa 270.000 euro». Nel bilancio del 2017 è riportato, invece, che la compravendita di Indago e Volere volare, ha «permesso di realizzare ed iscrivere in bilancio una plusvalenza di 680.000 euro». Nel giro di un anno vengono iscritte plusvalenze per 950.000 euro (per la precisione 961.800), cedendo cinque società a un valore 15 volte maggiore rispetto a quello d'acquisto e ottenendo un guadagno 14 volte superiore alla spesa.Una fortunatissima operazione speculativa che la Guardia di finanza ha segnalato alla Procura di Firenze in una comunicazione di notizie di reato a carico di Donnini, Bergonzi e Mammoliti. L'annotazione è stata inviata a dicembre 2018 e sette mesi dopo i tre sono stati perquisiti. I primi due in veste di indagati: Donnini per appropriazione indebita e autoriciclaggio, Bergonzi per appropriazione indebita e falso in bilancio. Ora i magistrati vogliono capire se il manager abbia agito di propria iniziativa o se abbia eseguito gli ordini del suo datore di lavoro, la famiglia Toto.