2020-09-19
In Toscana Zinga si gioca partito e carriera
Susanna Ceccardi (Instagram)
Un eventuale tracollo sarebbe fatale al segretario, insidiato da Stefano Bonaccini. Che guida gli emiliani contro la colonna romana dei dem. La leghista Susanna Ceccardi è un incubo anche per il Bullo, che però si è sgonfiato e sta a guardare. Eugenio Giani ora teme la bassa affluenza.La Toscana è diventata contendibile e il voto delle regionali può far partire una vera rivoluzione copernicana anche all'interno del Pd. Lo sa bene il segretario, Nicola Zingaretti, che sente già il fiato sul collo di Stefano Bonaccini, presidente dell'Emilia Romagna, pronto a soffiargli la poltrona. Le elezioni cadono in un momento assai delicato per gli equilibri interni al centrosinistra dove lo scontro in vista del prossimo congresso si consumerà tra il Pd romano (quello «di governo» da cui arrivano Roberto Gualtieri, David Sassoli e Paolo Gentiloni) e quello - appunto - emiliano romagnolo, più di «lotta». Mentre Italia viva di Matteo Renzi, assai radicata sul territorio dove si gioca il match decisivo, pare ormai un pugile suonato costretto a guardare gli altri contendersi la cintura. Ecco perché l'esito del voto in Toscana è decisivo, in caso di sconfitta ma anche di vittoria risicata del candidato Eugenio Giani contro la leghista Susanna Ceccardi. Matteo Salvini lo sa bene e si è fatto carico di guidare il centrodestra rinunciando a piazze più «sicure» come le Marche pur di mantenere unita la coalizione. Ha cambiato strategia, rispetto a quella seguita in Emilia, scegliendo una candidata più moderata e mantenendo un ruolo più defilato in campagna elettorale. Il vero obiettivo del Carroccio è conquistare la costa tirrenica portando a casa voti di Pisa, Grosseto e Lucca. Per diventare il primo partito e creare una presenza più strutturata nella regione più rossa d'Italia. Ci riuscirà? Vedremo.Di certo, Giani e Ceccardi dovranno fare i conti con nuove variabili esterne rispetto alle precedenti amministrative. A cominciare dal Covid-19 che non tiene lontano dai seggi solo gli scrutinatori (a Firenze sono già in 450 ad aver rinunciato per paura del contagio, a Siena più di 80) ma anche gli elettori più anziani. «Se non ci fosse stata la pandemia, il Giani stravinceva», dicono a Firenze. Determinante sarà l'affluenza, quindi, ma anche il voto disgiunto. Non a caso il governatore uscente, Enrico Rossi, qualche settimana fa ha rivolto un appello agli elettori del M5s: «Fate una croce sul vostro simbolo e un'altra sul nome di Giani». E ieri lo ha ribadito a Pisa: «Oggi la sinistra è purtroppo divisa e dobbiamo ricomporre un quadro democratico e la soluzione per portare questi voti di sinistra a Giani è il voto disgiunto. Dobbiamo stoppare la Ceccardi al primo turno, perché non ci sarà un secondo turno».Negli ultimi giorni il partito ha giocato la carta della simpatia e dello storytelling in cui è sempre stato maestro Matteo Renzi. Lo scorso 16 settembre Giani ha pubblicato su Facebook un video di quattro secondi dove appare in versione Michael Jordan che con la fascia della Regione infila la palla «Recovery fund» nel canestro «Nuovi posti di lavoro». Esilarante. Ma come ha detto ieri lo stesso Renzi (che come successore scelse Dario Nardella a Palazzo Vecchio e non lui) «non è un influencer, però è competente». Su Giani ci sono state molte «convergenze», è sempre stato considerato un uomo-cerniera fra la «sinistra» riformista e quella più liberal, ex socialista, passata nel centrodestra. L'ala più sinistra-ecologista non è però riuscita a convergere sul suo nome con compattezza e, soprattutto, in maniera credibile. Troppe contraddizioni da sanare con l'elettorato. Senza dimenticare che sullo sfondo si consuma ancora la lotta per bande delle vecchie correnti cittadine ex Pds, ex Ds e ora anche ex Pd. Nella Regione, ma soprattutto nel capoluogo, il partito deve contenere molte anime e diverse si sono dovute far piacere il simpatico, ma non graffiante, Eugenio. La chiamata alle armi con il «voto disgiunto» o quanto meno «utile» per tenere lontana la Lega funzionerà? In riva all'Arno ne sono convinti. Scommettendo che non ci sarà neppure bisogno di andare al ballottaggio - previsto solo nel caso in cui nessun candidato presidente raggiunga il 40% dei voti al primo turno - e che a spianargli la strada basteranno le preferenze dell'area metropolitana di Firenze, della provincia di Prato (dove ieri ha tenuto il comizio finale), Livorno e Siena. Ovvero le aree più popolate. Anche in caso di vittoria, però, Giani dovrà recuperare lo strappo con il presidente uscente Rossi (che non voleva la sua candidatura, ma ieri era sul palco al comizio organizzato nel centro di Firenze), tenere quindi a bada le varie fazioni interne con un occhio all'impatto dei nuovi equilibri post voto e gestire gli «orfani» del Giglio magico. Se, invece, vincerà la Ceccardi, verrà consumato uno scippo storico che manderà il Pd sull'orlo di una crisi di nervi. Insieme a Zingaretti a perdere sarebbe tutto lo stato maggiore a livello locale che dovrà dare qualche risposta: Rossi, Nardella, Simona Bonafé, Luigi Lotti, Dario Parrini. Non solo. In Toscana si creerà un dualismo di carattere economico tra l'area metropolitana di Firenze, dove il mondo «piccolo borghese», dei salottini e delle corporazioni probabilmente voterà per il candidato dem considerato più rassicurante, e il resto della regione. Dove i sindaci delle città amministrate dal centrodestra sono già sei su dieci capoluoghi. E dove molti piccoli imprenditori, commercianti, artigiani e liberi professionisti sentono i morsi della crisi e sono pronti a votare la Ceccardi anche per reazione alle scelte del governo Conte.