2018-04-23
In Olanda prove di sterminio degli ammalati
Aveva detto «oggi mangiamo insieme». E loro l'hanno uccisa. L'ultima frontiera dell'orrore ci porta un passo avanti nella direzione scelta: lo sterminio dei malati. Non era difficile da prefigurare. Ci avevano detto che l'eutanasia era il rispetto della volontà delle persone, ma non è così. Anche perché le persone non vogliono morire. Sono gli altri che vogliono ucciderle. Quando sono deboli. Quando sono malate. Quando sono bimbi che non possono parlare. Quando sono anziani che non rendono più nulla alla società. Quando sono disabili che costa troppo curare. Quando sono un impiccio. Quando non servono più. Come la signora A che diceva: «Oggi mangiamo insieme». E loro l'hanno ammazzata dicendo che voleva morire. Invece no: la signora A voleva vivere. Era malata di Alzheimer e voleva vivere. La sua morte non l'ha decisa lei: l'ha decisa una dottoressa, che le ha messo il sedativo nel caffé, come ha raccontato Michele Farina sul Corriere della Sera. Le ha tolto «la possibilità di opporsi fisicamente alla sua morte». Proprio così: le ha tolto la possibilità di opporsi fisicamente alla sua morte. In altre parole: l'ha uccisa. Quando il medico ha cominciato a somministrare i barbiturici letali, la signora A ha cercato di alzarsi dal letto. Ma l'hanno immobilizzata. Lei non riusciva più a parlare, ma non importa: la dottoressa ha dichiarato che anche di fronte a un esplicito «non voglio morire», avrebbe ucciso lo stesso. Lo rivendica. Rivendica il diritto di farlo. Rivendica il diritto di uccidere chi «soffre in maniera insopportabile senza prospettive di miglioramento». Rivendica il diritto di farlo anche contro la volontà dell'interessato. È la nuova frontiera dei diritti civili. Il nuovo passo verso il progresso. Questo meraviglioso progresso sotto forma di sterminio dei malati arriva dall'Olanda. E dove, se no? Ci hanno abituato, lassù fra i tulipani, a far ruotare l'etica come le pale dei mulini a vento: l'eutanasia esiste dal 2002, già 55.000 persone vi hanno fatto ricorso. In tempi più recenti la pratica letale è stata estesa anche per i bambini che nascono con gravi patologie e per chi soffre di malattie al cervello (unico Paese al mondo, con il Belgio). Ora questo nuovo dibattito, con interventi di professoroni di morale e medici specializzati in dipartite, sembra aprire la strada a una nuova conquista: non si aiutano più le persone a scegliere (come si è sempre detto), si sceglie per loro. Al loro posto. Contro la loro volontà. Così, conquista dopo conquista, ci siamo arrivati: l'eliminazione dei deboli non è più un timore. È una realtà. Come temevamo: la malintesa strada dei diritti civili ci ha portato alla selezione eugenetica di stampo nazista. Guardate l'Olanda e vedete il futuro che ci aspetta. La signora A aveva firmato un testamento biologico, è vero. Ma in quel testamento biologico c'era scritto «voglio che mi sia tolta la vita quando penserò che sia giusto». L'aveva ribadito più volte. Quando le chiedevano se fosse venuto il momento, lei finché è stata lucida ha ripetuto: «No, non ancora». «Vivere non è così male», aggiungeva. Poi la malattia è progredita, non è stata più in grado di rispondere a queste domande. Però continuava a manifestare attaccamento alla vita. Infatti, il giorno in cui l'hanno uccisa, diceva: «Oggi voglio mangiare». Voleva mangiare, capito? Voleva il suo piatto preferito, un manicaretto, o magari solo una zuppa, o un pezzo di formaggio, magari sognava un bicchiere di birra, chi lo sa? Voleva mangiare. Voleva vivere. Le hanno dato i barbiturici e l'hanno uccisa. E insistono a dirci che è un passo verso la civiltà. Ma che civiltà è quella che elimina i deboli? Che civiltà è quella che si accanisce contro i malati, gli anziani e i bambini? Come possiamo accettare che l'egoismo mascherato da «diritto civile» travolga ormai anche le ultime barriere di resistenza della vita? Noi vogliamo vivere. Anche i malati vogliono vivere. Nella nostra natura non c'è la morte, c'è la vita. Siamo stati creati per resistere alle sofferenze, l'istinto primordiale è rimanere aggrappati al respiro. L'altro giorno una amica mi ha raccontato di suo padre, malato terminale: in un ospedale italiano ha avuto la sedazione profonda che l'ha portato alla morte. Lei ha assistito alla pratica ed era sconvolta. Mi diceva dei sussulti di quel corpo che voleva vivere ad ogni costo, che si ribellava alla morfina, che cercava di rimanere aggrappato agli ultimi organi prima che venissero spenti, uno dopo l'altro. «Mi sono fatta molte domande», ha detto. La mia amica si è fatta molte domande, in troppi invece ne se ne fanno più. E così diventa naturale far firmare ai malati dei pezzi di carta che poi diventano sentenze di morte. Diventa facile calpestare la volontà di chi vuole vivere soltanto perché, magari, costa troppo curarlo. «Aveva detto che voleva essere ucciso». E se non è vero? E se ha cambiato idea? E se l'ha detto in un momento di debolezza? O perché spinto a farlo? Non importa. Non conta la sua volontà. Conta la volontà dei signori della morte. Non conta il suo desiderio di morire. Conta l'esigenza di sterminio. E così, con questo ulteriore orrore, l'eutanasia svela il suo vero volto. Che non è quello di un atto pietoso verso chi soffre, ma quello dell'eliminazione di chi non è più utile. O è troppo costoso. E anziché chiedere la morte, pensate un po', pretende persino che gli si dia ancora da mangiare....