2020-08-14
Coop e prefettura: affare migranti in famiglia
Sara Ferri e la sorella gestiscono una coop, da cui sono fuggiti alcuni stranieri, che ha percepito oltre 932.000 euro dalla prefettura di Isernia, dove la zia Giuseppina Ferri è viceprefetto. E dalle vacanze in barca a vela in Sardegna fanno proclami pro immigrazione.Per quasi cinque giorni, il Molise è stato libero dal Covid. Poi la striscia vincente si è interrotta: in due centri di accoglienza - a Isernia e Campolieto - sono stati trovati alcuni migranti positivi. Facevano parte di un gruppo di circa 200 tunisini che, sbarcati al Sud, hanno viaggiato insieme per raggiungere la regione. Di questi, 43 sono stati destinati al centro di accoglienza gestito dalla cooperativa il Geco, a Isernia, in viale dei Pentri. Uno di loro era infetto. Ma, soprattutto, altri sei si sono dati alla fuga, e soltanto tre sono stati rintracciati. Sarebbe interessante sapere se i fuggiaschi siano o meno contagiati, e se avranno occasione di spargere il virus. Eppure Sara Ferri, responsabile del Geco, sembra avere certezze granitiche: sul suo profilo Facebook, visibile a tutti, campeggia una grafica con il logo della Ong Mediterranea, con un titolo a caratteri cubitali: «I migranti portano il Covid-19: falso». Giusto: basta con i pregiudizi sugli stranieri! Resta solo da capire dove i tunisini portati al Geco abbiano contratto il virus. Forse lo hanno preso a Isernia? Magari sono stati contagiati da qualche pericoloso sovranista infetto? Chissà.Difficile, però, che Sara Ferri possa offrirci ulteriori informazioni in proposito. A quanto risulta sempre dal suo profilo Facebook, mentre pubblicava i post battaglieri contro le bugie razziste, la signora si trovava in vacanza in compagnia di alcuni amici. Era anche piuttosto lontana dal suo centro di accoglienza di Isernia: per la precisione, era a bordo di una bellissima barca (non certo un barcone) a Capo Figari, nei pressi di Olbia, in Sardegna. Le ferie in barca, del resto, sin dai tempi di Massimo D'Alema sono un grande classico della sinistra. E la determinata Ferri di sinistra lo è senza dubbio. Su Facebook, accanto al suo nome, viene subito ribadito il suo apprezzamento per Nichi Vendola con la scritta «Oppure Vendola» e una foto che la ritrae a fianco del Grande Leader.Ma non c'è nemmeno bisogno di spulciare il profilo social: la Ferri è stata candidata sindaco di Isernia nel 2016 per La Sinistra, e nel 2019 si è presentata alle Europee con lo stesso schieramento. Durante la campagna elettorale si presentava come «mediatrice culturale e coordinatrice della cooperativa sociale “Il Geco" che rappresenta un modello di riferimento per le pratiche di buona accoglienza e integrazione dei migranti in Molise» e specificava di battersi per minoranze tramite iniziative quali «la fondazione di Arcigay Molise, dell'Associazione culturale Etcetera, associazione di promozione culturale, dell'Associazione Rom in Progress, che promuove il dialogo costruttivo con la comunità dei rom e sinti, dell'Associazione Non ti scordar di Me, che promuove progetti di anzianità attiva e a favore di persone con demenza senile e Alzheimer».La Ferri alle elezioni non ha avuto grandissima fortuna. Ma pare che ne abbia avuta molta di più sul piano professionale. La vicenda della cooperativa Il Geco, infatti, vale la pena di essere raccontata, perché rappresenta senz'altro un esempio molto interessante di «accoglienza all'italiana». La coop è stata fondata il 27 settembre del 2016, giusto in tempo per vivere la stagione dei grandi sbarchi di migranti sulle coste italiane. E infatti l'attività prevalente del Geco è l'accoglienza. Va detto che è stata una scelta oculata, quella di occuparsi degli stranieri. Già alla fine del 2017, l'utile di esercizio della cooperativa era di 286.280,71 euro, niente affatto male. L'anno dopo un altro bel risultato: 236.184,86 euro. Nel 2019 è andata peggio, e il motivo lo sappiamo: era cambiato il vento, al governo c'era la Lega e i denari per l'accoglienza sono stati ridotti. Stando al bilancio, tuttavia, Il Geco ha incassato dallo Stato la bellezza di 1.518.337,62 euro, versati dalle Prefetture di Isernia e Campobasso. Una cifra consistente, che tuttavia non è stata sufficiente a evitare una perdita di 218.669,72 euro. Dal verbale dell'assemblea dei soci risulta che il rosso sia stato determinato «dagli alti costi di gestione di natura fissa, unitamente alla riduzione del corrispettivo pro-capite pro-die per ciascun ospite assistito e alla riduzione del numero degli stessi presso le strutture gestite». Per fortuna c'erano i denari accumulati negli anni precedenti, le cosiddette «riserve indivisibili», che la coop non può ripartire fra i soci ma può utilizzare per coprire i buchi. Diciamo che il periodo salviniano non ha giovato alla coop dei migranti, ma siamo certi che con i giallorossi ci sarà modo di recuperare. Del resto il rifornimento di ospiti negli ultimi giorni non manca.Quello economico, però, non è il solo aspetto curioso riguardante Il Geco. La sua particolarità riguarda il suo modello di ospitalità. Si potrebbe dire che propone un tipo di accoglienza «famigliare».La direttrice, dicevamo, è Sara Ferri. La presidente del consiglio di amministrazione è Barbara Ferri, cioè la sorella di Sara. Degli altri due amministratori, uno è Roberto Giammaria, ovvero il marito di Sara Ferri. I due si sono sposati nel 2018, e a fare da testimone c'era... Nichi Vendola. Il quale, per l'occasione, ha pure rilasciato dichiarazioni alla stampa locale: «In quest'epoca così consumata dall'odio e dal cinismo», disse Nichi, «l'unione di Roberto e Sara, che conosco e apprezzo da 25 anni, è per me motivo di grande gioia oltre che un messaggio di speranza per la passione disinteressata che contraddistingue il loro impegno quotidiano». Beh, senz'altro disinteressata, come passione, resta però che la coop rendeva piuttosto bene. Quanto basta, almeno, per una bella vacanza in barca.Gli intrecci famigliari non sono finiti, però. Sara e Barbara Ferri sono figlie di un nome storico della sinistra comunista molisana: Fernando Ferri, che a suo tempo fu assessore provinciale. Ma, soprattutto, le due sono nipoti di Giuseppina Ferri. A quest'ultima, tra le altre cose, fu proposto di candidarsi come sindaco per il centrosinistra unito nel 2016: si pensava che avrebbe messo d'accordo la combattiva nipote con i progressisti più moderati. Non andò come sperato, e Giuseppina Ferri rimase al suo posto in... prefettura. Già: la signora è viceprefetto e dirigente d'area della Prefettura di Isernia, dove si occupa di «ordine e sicurezza pubblica; protezione civile, difesa civile e coordinamento del soccorso pubblico».Eccolo qui, il modello di accoglienza molisano. Il centro da cui sono fuggiti sei migranti (tre ancora dispersi) è gestito da due sorelle (e dal marito di una delle due) le quali sono nipoti di un viceprefetto. E questo viceprefetto lavora nella stessa prefettura che, nel 2019, ha erogato 932.698,07 euro alla cooperativa Il Geco per l'ospitalità degli stranieri. Tutto regolarissimo, s'intende. Di più: è davvero commovente vedere che la sinistra, una volta tanto, invece di combattere la famiglia la tiene unita, garantendole un bell'impiego nell'accoglienza.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
Continua a leggereRiduci