2020-06-23
In Italia cala la richiesta di aborti. La sinistra infuriata scende in piazza
Un rapporto del ministero mostra che nel nostro Paese accedere all'Ivg non è un problema ma sono sempre meno le donne che la scelgono. Il diktat, però, è sempre lo stesso: facilitare la diffusione della pillola Ru486. Nella guerra contro la vita, la linea del fronte si è spostata in Umbria. Domenica, a Perugia, la «Rete umbra per l'autodeterminazione» - supportata da associazioni come Udi, Pro-choice, Vita di donna, Centro delle donne di Bologna, Planned parenthood e Laiga - ha organizzato una manifestazione in piazza IV Novembre, nei pressi della sede della Regione. Le attiviste ce l'avevano ovviamente con la governatrice di destra Donatella Tesei, rea di avere prodotto una delibera secondo cui la pillola abortiva Ru486 può essere assunta soltanto in ospedale, mettendo in conto tre giorni di ricovero. Intanto, sulla piattaforma Change.org è stata lanciata una petizione che pretende la cancellazione della nuova norma regionale, mentre il Partito radicale ha annunciato ieri di aver presentato denuncia alla Corte dei conti per danno erariale. Secondo i radicali, infatti, non permettere l'aborto farmacologico in day hospital causerebbe un ingiustificato aumento della spesa sanitaria. Contro la Tesei, tuttavia, non sono schierati soltanto i militanti più esagitati, ma pure i rappresentanti della sinistra istituzionale. Da Laura Boldrini in giù, tutte le vestali postfemministe da giorni tuonano per i «diritti negati» alle donne. Addirittura il ministro della Salute, Roberto Speranza, si è premurato di rivolgersi al Consiglio superiore di sanità, chiedendo di rivedere le linee guida per la somministrazione della pillola abortiva. Le indicazioni del Css, infatti, allo stato attuale suggeriscono che chi si sottopone all'aborto farmacologico resti in osservazione per tre giorni, cosa che in effetti avviene nella maggioranza delle Regioni italiane.Ed è proprio questo il punto. La decisione della giunta umbra è del tutto conforme non solo alla legge 194, ma pure alle indicazioni ministeriali sulla tutela del corpo femminile. Per questo i manifestanti sono così infuriati: perché sanno di essere dalla parte del torto. Per lo stesso motivo, il ministro Speranza sta cercando di far pressione sul Consiglio di sanità allo scopo di ottenere un parere ufficiale a cui appigliarsi. Basterebbero questi dettagli a dimostrare quanto sia ideologica e pretestuosa la battaglia pro aborto in Umbria. Ma per svelarne definitivamente l'assurdità è il caso di dare uno sguardo alla Relazione annuale sull'attuazione della legge 194 presentata pochi giorni fa dallo stesso ministero della Salute. Che cosa dice questo rapporto? Per prima cosa, che il numero di aborti continua a calare. I dati contenuti nella relazione si riferiscono al 2018, e parlano di 76.328 interruzioni di gravidanza effettuate nel corso dell'anno, cioè il 5,5% in meno rispetto al 2017. Non è tutto. Il documento ministeriale chiarisce pure che, dalle nostre parti, abortire non è affatto un problema. «Il numero totale di sedi fisiche (stabilimenti) delle strutture con reparto di ostetricia e/o ginecologia, nel 2018, risulta pari a 558», dice la relazione, «mentre il numero di quelle che effettuano le Ivg risulta pari a 362, cioè il 64,9% del totale». Sono proprio gli esperti del ministero a notare che questi numeri confermano «anche per l'anno 2018 l'adeguata copertura della rete di offerta». Un altro dato interessante è quello riguardante il rapporto «fra i punti nascita e punti Ivg», che risulta essere «di 1,1 a 1 come per l'anno precedente». Vuol dire che «a livello nazionale, ogni 100.000 donne in età fertile (15-49 anni), si contano 3,0 punti nascita, contro 2,9 punti Ivg». Tradotto: in Italia «la numerosità dei punti Ivg appare più che adeguata». Anche se i ginecologi obiettori sono circa il 70% del totale, in Italia non ci sono problemi ad abortire. Lo certifica il ministero guidato da Speranza, non una pericolosa congrega di bacchettoni cattolici. Il ministro in persona scrive che, per l'interruzione di gravidanza, «in generale sono in diminuzione i tempi di attesa». A questo punto viene da chiedersi: di che diamine stiamo parlando? Abortire, per le italiane, non è un problema. Anzi, il calo delle Ivg sarebbe ancora maggiore se non ci fossero quelle delle donne straniere. Per altro, è la stessa legge 194 a prevedere che la vita vada difesa, e sono gli stessi protocolli ministeriali a consigliare una osservazione di tre giorni per chi usa la Ru486. Ma allora perché tanti strepiti e tante manifestazioni di piazza? Anche se non ce n'è alcun bisogno, attivisti, parlamentari e pure il ministro spingono per diffondere ulteriormente l'utilizzo della pillola abortiva, cioè per rendere ancora più semplice l'interruzione di gravidanza.I medici si rifiutano di praticare aborti, la popolazione è sempre meno disposta a spegnere le vite sul nascere, ma l'ideologia impone che l'accesso all'aborto diventi più rapido. In Irlanda del Nord la liberalizzazione dell'Ivg viene calata dall'alto, tramite una decisione liberticida del Parlamento inglese. In Italia invece ci pensano i progressisti. I quali, in nome dei diritti, preferiscono favorire gli interessi delle multinazionali farmaceutiche piuttosto che tutelare la salute della donna e la vita dei bambini.