
Invitalia di Domenico Arcuri dovrà trovare un acquirente. S'aggrava la crisi di liquidità delle Pmi.Era febbraio di quest'anno quando il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, prometteva che avrebbe aiutato Whirlpool a produrre lavatrici in quello che fino al 31 sarà il suo stabilimento napoletano. Prima dell'attuale titolare del Mise, anche Luigi Di Maio, oggi ministro degli Esteri, prometteva a ottobre 2018 che «Whirlpool non licenzierà nessuno, anzi, riporterà in Italia parte della sua produzione che aveva spostato in Polonia». A marzo di due anni fa anche Carlo Calenda, a quel tempo titolare al Mise, spiegava di aver «raggiunto un accordo sulla sospensione dei licenziamenti per avere il tempo di operare una reindustrializzazione su cui si sono impegnate Embraco e Whirlpool, anche economicamente». Dopo mille promesse (mai mantenute), però, alla fine la Whirlpool ha scelto di chiudere i battenti in Campania. Ora la patata bollente è in mano a Invitalia, società guidata dall'amministratore delegato Domenico Arcuri, lo stesso manager nominato dal premier Giuseppe Conte commissario straordinario per l'emergenza Covid-19.Arcuri è stato oggetto di non poche critiche nel momento più duro del lockdown perché avrebbe dovuto essere l'uomo in grado di dotare gli italiani di dispositivi di protezione individuale a prezzi calmierati, ma ciò non è mai avvenuto davvero e su larga scala. Viene da chiedersi dunque cosa succederà al sito produttivo napoletano di Whirlpool. Come ha spiegato ieri Invitalia nel corso del tavolo che si è svolto al Mise, per la reindustrializzazione del sito di Napoli sono arrivate 4-5 proposte da potenziali acquirenti e l'obiettivo del governo è di arrivare a una soluzione concreta entro il 31 luglio. «Nonostante il consistente impatto negativo del lockdown sulle attività che erano state avviate, ci sono pervenute, anche se non in maniera vincolante e pienamente dettagliate, 9 potenziali ipotesi di intervento», ha detto Invitalia aggiungendo che «dopo le interlocuzioni avute, circa la metà conferma l'interesse e sta continuando ad approfondire le proprie ipotesi». Altre promesse, insomma, ma nulla di concreto. La situazione della Whirlpool in Campania arriva, inoltre, in un momento in cui circa 1,8 milioni di professionisti (tra inattivi, persone che hanno da poco perso il lavoro e chi ha messo la ricerca di un nuovo impiego in pausa) si sono trovati al palo a causa della crisi del coronavirus. Del resto, come spiega l'Istat all'interno del suo rapporto annuale, l'emergenza ha portato a un atteggiamento di diffusa insicurezza: ad aprile il 10,2% degli occupati, pari a circa 2,3 milioni, ha affermato di temere di perdere il lavoro entro 6 mesi (erano il 6,7% un anno prima). Se tale insicurezza continua a coinvolgere soprattutto i dipendenti a termine (33,9%, +6,4 punti in un anno), l'aumento riguarda anche quelli a tempo indeterminato e gli indipendenti ed è particolarmente accentuato nel settore di alberghi e ristorazione. Tra le imprese, continua l'Istat, «il problema del reperimento della liquidità è molto diffuso, i contraccolpi sugli investimenti, segnalati da una impresa su otto, rischiano di costituire un ulteriore freno ed è anche preoccupante che il 12% delle imprese sia propensa a ridurre l'input di lavoro». Tuttavia, continua, «si intravedono fattori di reazione positiva e di trasformazione strutturale in una componente non marginale del sistema produttivo».Quasi certamente il divieto di licenziamento verrà prolungato oltre il 17 agosto, ma questo sembra più un palliativo che non fa altro che prolungare l'agonia delle imprese italiane. Prima o poi, infatti, questo divieto dovrà cadere, e per molti lavoratori saranno tempi duri se il governo non troverà una soluzione per dare liquidità in tempi brevi alle aziende italiane.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






