2024-07-31
In Francia laico vuol dire stupido
Per difendere l’oltraggio all’«Ultima cena», gli autori dell’inaugurazione hanno usato un termine improprio. Far parte del «popolo» non significa dover essere blasfemi.La cerimonia di inaugurazione dei Giochi olimpici di Parigi ha suscitato, giustamente, una ridda di commenti, pro e contro, in tutto il mondo. Prescindendo da gravi carenze organizzative (il nostro presidente Sergio Mattarella e altre autorità sotto la pioggia, la bandiera a cinque anelli capovolta, la Senna non praticabile per inquinamento, alla faccia dei dogmi ecologici) - ove si è reso evidente che chi aveva il dovere di provvedervi è stato molto poco attento, forse perché occupato a lanciare messaggi che con l’evento sportivo c’entrano «come il cavolo a merenda» - il dibattito si è concentrato sul senso stesso dell’evento che ci è stato propinato in mondovisione. Tutti siamo cresciuti nella forte convinzione che le Olimpiadi siano la manifestazione sportiva per eccellenza, che affonda le sue radici storiche nel mondo greco, quando tutte le guerre venivano sospese, per celebrare un tempo di competizione anche aspra, ma di pace, con avversari e non nemici, rendendo culto agli dei dell’Olimpo. Chi ha avuto la ventura di vedere la cerimonia di Parigi - per il sottoscritto, noiosa, frammentata, disarticolata e per certi anche molto poco elegante, per non dire decisamente kitsch - non può non essersi posto una domanda: «Si tratta dell’inaugurazione dei Giochi, o questi sono il pretesto per ostentare da una parte la “grandeur” francese e dall’altra per celebrare la cultura woke?». Mentre gli atleti sfilavano via frettolosamente, dalla Senna si ergevano le icone di donne che hanno onorato la Francia: da Olympe de Gouges a Simone de Beauvoir, da Simone Veil a Louise Michel... guarda caso, una bella compagnia di femministe pro aborto, mentre di donne come Luise de Marillac, Caterina Labourè, Teresa di Lisieux, Giovanna d’Arco, Giovanna Francesca di Chantal e altre sante di Francia neppure l’ombra. Eppure, queste non hanno di certo onorato la loro patria meno di quanto abbiano fatto le prime! A completare il cerchio, la vergognosa satira sull’Ultima cena, trasformata in un convivio di drag queen e affini, con totale disprezzo del sentimento religioso di milioni di cristiani nel mondo. Due giorni dopo l’evento, il responsabile dell’organizzazione abbozza qualche parola di «scuse formali», asserendo che si è trattato di un equivoco, perché lo scopo di quel «quadro» era di celebrare una «cena laica», in quella terra di Francia dove vige il diritto di ognuno di amare chi vuole. A parte che non sarebbe male ricordare quel vecchio adagio della saggezza popolare, secondo il quale «scherza coi fanti, ma lasciare stare i santi», forse vale la pena di fare un po’ di chiarezza su questa parola tanto abusata di «laico». Il termine «laico», nel suo significato originario, indica una persona appartenente al popolo che non ha ricevuto alcuna investitura ecclesiale, non è stata ordinata sacerdote e non appartiene ad alcuna congregazione religiosa. Etimologicamente, il termine deriva, infatti, dal greco «laikos», cioè «popolo», non appartenente alla casta sacerdotale. Fin dai primi secoli del cristianesimo, il laico veniva tenuto ben distinto dal «presbitero», ministro del culto chiamato a presiedere la comunità, tanto che nelle basiliche protocristiane esisteva un elemento architettonico (iconostasi) che divideva e segnava la distinzione fra il popolo e il clero. Nei tempi moderni, laico è diventato sinonimo di agnostico, ateo se non addirittura anticlericale e anticristiano: si tratta di un uso storicamente, etimologicamente e semanticamente scorretto, in quanto il laico - appartenente, cioè, al popolo - può essere credente o non credente, religiosamente indifferente, ma non necessariamente ostile, nemico, negazionista di ogni fede. E, tantomeno, è colui che irride o sbeffeggia la fede altrui. Se da una parte si condanna, anche duramente, chiunque usa epiteti offensivi nei confronti di chi ha abitudini di vita diverse dalle nostre, perché mai si deve considerare normale, opportuno, giustificato e giustificabile, offendere il sentimento più nobile, delicato e intimo di ogni persona, qual è la fede religiosa? Disegnare Maometto con una testa di maiale o rivisitare il Giovedì santo e l’Ultima cena in chiave gender, questi sì, sono discorsi d’odio, che fanno cadere la maschera a chi dichiara di essere «civile, democratico, inclusivo e tollerante». Questa non è laicità: è stupidità che fa male a tutti.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)