Cancellare il reati con un tratto di penna sarebbe un torto verso chi ne è stato vittima. E indulti e amnistie non bastano.
Cancellare il reati con un tratto di penna sarebbe un torto verso chi ne è stato vittima. E indulti e amnistie non bastano. Caro Buzzi, ovviamente in fatto di prigioni lei ne sa più di me. Oltre a qualche intervista a detenuti eccellenti (Adriano Sofri nel carcere di Pisa e un componente della cosiddetta banda delle Bestie di Satana nel reclusorio di Opera) le mie frequentazioni in cella risalgono al periodo in cui ho fatto il militare e venni destinato a svolgere il servizio di leva a Peschiera del Garda, dove veniva spedito chi rifiutava di indossare la divisa e chiunque avesse commesso un reato militare. La mia esperienza a stretto contatto con i condannati durò meno di un anno, la sua dietro le sbarre per omicidio volontario credo si aggiri intorno ai nove. Se ricordo il periodo della sua prima detenzione, a cui poi è seguita quella dovuta alle condanne subite per l’inchiesta denominata Mafia capitale, non è per rinfacciarle il passato, che peraltro ai lettori di questo giornale credo sia noto, in quanto ci siamo occupati spesso dei fatti che la riguardano e altrettanto spesso l’abbiamo intervistata. No, cito la vicenda dell’omicidio di un complice che la ricattava (il tribunale le inflisse 14 anni e 3 mesi di carcere in Appello) e il caso dell’indagine sul sistema di appalti del Comune di Roma (per cui lei è stato condannato a 12 anni e 10 mesi) solo per far capire che lei quando si parla di «Svuotacarceri» è anche parte in causa. E non soltanto perché conosce alla perfezione la situazione delle prigioni italiane, avendone frequentato un certo numero, ma perché proprio il sistema che io ho criticato ieri, rivolgendomi al ministro della Giustizia Carlo Nordio, le ha consentito di riottenere la libertà.Infatti, se non sbaglio, dei 14 anni e mesi a cui fu condannato nel 1983 per il delitto del suo socio in affari, lei ne ha scontati in cella circa nove, a cui se ne aggiungono altri due in regime di semilibertà. Per effetto di una serie di riforme (tra cui la legge che porta il nome dell’onorevole Mario Gozzini), lei ha dunque ottenuto un forte sconto di pena. Tra amnistie e indulti, nel 1992, cioè nove anni dopo l’inizio della sua detenzione, ha potuto dirsi un uomo libero. E per quanto riguarda Mafia Capitale, dei quasi 13 anni cui è stato condannato ne ha scontati sei, perché per i restanti ha ottenuto le misure alternative e la riforma dei provvedimenti a suo carico.Mi fa piacere che spesso lei sia d’accordo con le opinioni che esprimo nei miei editoriali. Ma capisco anche che non potrà mai condividere quelle sulle carceri, perché l’ex detenuto Salvatore Buzzi è proprio l’esempio calzante di ciò che io contesto. Attenzione: non mi auguro che lei ritorni in cella e non gliene faccio una colpa, lei ha usufruito con pieno diritto delle possibilità che le ha offerto la legge. Benefici, sconti, perdoni: così una condanna a quasi 15 anni si è ridotta a nove, e una a quasi 13 a sei e mezzo. Lei, a proposito di quest’ultima, dirà nove, includendo la semilibertà e la scarcerazione con condizionale. Ma la sostanza è che dietro alle sbarre per un omicidio volontario lei ha scontato più o meno due terzi della pena a cui era stato condannato e poi ha potuto riprendersi la vita. Ne sono lieto, ma se mi metto nei panni dei parenti delle vittime, di qualsiasi vittima, forse non sarei altrettanto lieto. Dopo di che lei ha ragione: per fare nuove carceri servono anni. Ma la soluzione non può essere abolire le condanne o scontarle di un certo periodo, perché una volta cancellata la detenzione la politica si mette l’animo in pace e alle nuove prigioni non pensa più. Non basta un tratto di penna per far sparire i reati, perché la delinquenza purtroppo esiste anche se qualche ministro decide che per furti, scippi e la cosiddetta criminalità minore oltre a chiudere un occhio, come fa già la magistratura, se ne possono chiudere due. Quanto all’aumento delle fattispecie di reato, che pure mi allarma, soprattutto quando si parla di concorso esterno in un’attività criminale come la mafia, credo che c’entri poco con il sovraffollamento. Prova ne sia che anche prima della stagione di Mani pulite, cui lei fa risalire il fenomeno della moltiplicazione dei comportamenti puniti dal codice penale, non si sapeva dove mettere i detenuti e nemmeno gli indulti e le amnistie ripetute bastarono a risolvere il problema.È vero, le carceri sono fatiscenti e i detenuti costretti in condizioni degradanti, anche a causa del poco personale addetto alle celle. Ma anche in questo caso la soluzione non può essere aprire le prigioni, con un «liberi tutti». La maggior parte delle carceri sta ormai nel cuore delle città, vedi San Vittore, Regina Coeli, Rebibbia, l’Ucciardone, Poggio Reale, Canton Mombello, per citarne alcuni. Vendiamo i vecchi penitenziari ai privati, che nel frattempo potranno fare centri residenziali, e con quello che lo Stato ricaverà faremo reclusori moderni e meno affollati. Ci vorrà del tempo? Sì, ma se non si comincia non li vedremo mai.Quanto poi a ciò che lei adombra, ovvero al fatto che ormai la popolazione carceraria si aspetta un provvedimento di clemenza, perché il parlamentare della sinistra Roberto Giachetti ha presentato una proposta in tal senso, e non vararlo potrebbe scatenare delle rivolte, le ricordo che cosa è accaduto durante il Covid, quando sotto la minaccia delle ribellioni furono consentite anche le scarcerazioni di pericolosi mafiosi. In quel caso si parlò addirittura di un’operazione coordinata dalla stessa criminalità e spero che questa volta non ci sia la stessa mano. Ciò detto, uno Stato che voglia definirsi tale, non può accettare di varare un indulto o un’amnistia (perché di questo alla fine si tratterebbe) sotto la pressione di una rivolta. Né può accettare che «detenuti poco scolarizzati e stranieri» tornino in libertà, magari proprio per ingrossare le fila di quella piccola criminalità che spaventa tanto l’opinione pubblica e molto meno i politici che dentro il Palazzo, con ladri, spacciatori e scippatori hanno poco a che fare.
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