2021-07-31
In Bosnia il ddl Zan sul genocidio. Vietato negarlo: i serbi insorgono
L'Alto rappresentante impone una legge contro i negazionisti. Parlamento nel caos.Questa settimana la Bosnia Erzegovina ha vissuto attimi di forte tensione politica dopo che il diplomatico austriaco di origini slovene Valentin Inzko, Alto rappresentante della comunità internazionale in Bosnia, utilizzando i poteri concessigli dagli accordi di Dayton, ha promulgato una legge con la quale si criminalizza la negazione del genocidio. A pochi giorni dallo scadere del suo mandato, Inzko ha utilizzato il potere legislativo in capo al suo Ufficio per imporre ai politici dell'entità serba l'accettazione formalistica del genocidio di Srebrenica, un atto che essi ancor oggi considerano quale normale momento di guerra e intorno alla cui interpretazione da decenni oramai verte il revanscismo politico delle varie etnie che compongono la Bosnia Erzegovina. La reazione dei politici della Republika Srpska non si è fatta attendere. La loro minaccia di astenersi dal partecipare alle riunioni del Parlamento, del governo e delle altre istituzioni comuni ovvero bloccando definitivamente il funzionamento, già di per sé assai problematico, dello Stato ha fatto precipitare il dialogo politico interno e contemporaneamente risalire l'attenzione delle grandi potenze sugli equilibri geopolitici dei Balcani.Se i politici croati e musulmani hanno accolto la decisione dell'Alto rappresentante con passiva positività, il leader serbo Milorad Dodik ha dichiarato di non poter vivere in un Paese in cui qualcuno può imporre una legge semplicemente pubblicandola su un sito e valutando la mossa di Inzko quale assoluta mancanza di rispetto dello Stato di diritto. Dopo giorni di crisi il boicottaggio serbo è rientrato nella serata di mercoledì con la decisione di rimandare la discussione e gli eventuali approfondimenti all'arrivo domani del nuovo Alto rappresentante. A sostituire Valentin Inzko sarà il tedesco Cristopher Schmid, a conferma del sempre maggiore peso di Berlino nelle questioni balcaniche. Gli accordi di Dayton nel 1995 hanno congelato una guerra che sul terreno non aveva ancora raggiunto risultati definitivi. La consapevolezza delle grandi potenze di non poter contare su una struttura costituzionale efficiente ha dato vita all'ufficio dell'Alto rappresentate, organo supremo di decisione politica e legislativa completamente svincolato dai rapporti politici interni. Il non paper sloveno, il documento ufficioso fuoriuscito a marzo dalle stanze di Bruxelles, secondo il quale il non funzionamento della Bosnia Erzegovina potrebbe portare le capitali straniere ad accettarne lo smembramento tra i Paesi confinanti, pare aver creato le condizioni in base alle quali nei prossimi anni la comunità internazionale riuscirebbe a prendersi finalmente la responsabilità di rivedere, insieme ai rappresentanti della Bosnia Erzegovina, il quadro costituzionale del Paese in modo da passare a Sarajevo una vera legittimità statale. Il mantenimento di una confederazione tra due entità in eterno conflitto è garanzia di nuove guerre. Una cantonizzazione, anche forzata, che diluisca il peso delle etnie quale quella proposta in questi anni dal teologo e presbitero bosniaco Franjo Topić, potrebbe divenire garanzia di funzionalità.La partita sul futuro della Bosnia Erzegovina, nella stabilizzazione della quale l'Italia ha giocato un ruolo fondamentale, soprattutto con la missione Msu fortemente voluta dai Carabinieri, sarà di fondamentale importanza per la stabilità dell'Europa nei prossimi decenni. Sarebbe bene se Roma, ritrovata una certa sintonia con Washington, si inserisse nella partita. Nel breve periodo spetterà invece a Cristopher Schmid il compito di spiegare alle diplomazie che la Bosnia Erzegovina è a rischio d'implosione proprio a causa dei trattati internazionali che ne impediscono il distacco psicologico dalla guerra degli anni Novanta ed il conseguente sviluppo sociale e politico.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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