2021-01-14
In America c’è stata l’insurrezione
perché il sistema elettorale fa acqua
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Un giurista di sinistra accende i riflettori su un tema chiave: quella culminata con gli scontri a Washington è solo l'ultima di tante elezioni presidenziali contestate negli States. Il modello di voto non garantisce il popolo
Un giurista di sinistra accende i riflettori su un tema chiave: quella culminata con gli scontri a Washington è solo l'ultima di tante elezioni presidenziali contestate negli States. Il modello di voto non garantisce il popoloScrive Jonathan Turley, giurista, professore alla George Washington, democratico: «Il danno causato dai tumulti è stato enorme ma impallidirebbe paragonato al danno di un nuovo precedente di impeachment a comando per un discorso che è protetto dal Primo Emendamento. Farebbe alla Costituzione quello che i rivoltosi hanno fatto al Campidoglio. Un saccheggio. Nel cercare di rimuoverlo per avere incitato alla rivolta, i democratici intaccherebbero non solo la regola dell'impeachment ma proprio il Free Speech, in un folle tentativo di rimuovere Trump pochi giorni prima della fine del mandato». La voce di Turley si unisce a quella di Alan Dershowitz e di molti altri giuristi che tentano di richiamare alla ragione un Partito democratico pervaso dal furore di vendetta, indicando il pericolo di una ulteriore delegittimazione dello scontento popolare e il rischio - altrettanto grave - di violare la Costituzione.Aggiunge Turley: «Critico aspramente le osservazioni del presidente, ma non ha mai davvero incitato alla violenza o alla rivolta. Al contrario, ha detto espressamente ai suoi seguaci di far sentire le loro voci pacificamente e patriotticamente. Aggiungo che marce simili sono frequenti nelle capitali federali e di Stato». Turley è editorialista di Usa Today, e frasi come queste bastano a farlo finire nell'elenco dei cattivi. Anche perché in un recente editoriale chiese a gran voce una commissione federale sul voto del 3 novembre. Spiega: «Io odio le commissioni federali, sono il modo in cui la politica manipola la verità, ma questa volta ce ne vuole una senza remore e onesta fino all'impossibile». Perché? Presto detto. «Prima di tutto si è trattato di un'elezione senza precedenti perché affidata al voto postale e all'uso di un nuovo sistema di voto e di procedure. Noi abbiamo bisogno di verificare che abbia funzionato fino ai più piccoli distretti. Secondo: decine di milioni di elettori credono che questa elezione sia stata un imbroglio e un furto. Io non sono tra quelli. Comunque l'integrità del nostro sistema dipende dalla fiducia dell'elettorato. Circa il 40% di quell'elettorato ha invece dubbi forti che questa volta il suo voto conti ancora qualcosa. La maggior parte dei ricorsi che sfidavano le elezioni non sono stati presi in esame nel merito. A dire il vero sembra che non sia stato neanche consentito di presentarli, essendo stati invece in buona parte ritenuti privi di considerazione per questioni di principio o per la stravagante dottrina che erano stati presentati troppo tardi. Quelle accuse devono essere provate come vere o non vere in modo serio, nell'interesse del Paese. Infine: problemi ci sono stati. Non è prova di frode sistematica, di irregolarità, ma certamente sussistono problemi di voti non contati, di perdita di informazioni chiave, di identità, differenze troppo forti nel modo di votare e classificare il voto. Abbiamo speso miliardi per ottenere affidabilità e sicurezza superiori, dopo precedenti controversie elettorali. Ma è vero anche che la commissione elettorale precedente ha fallito nel garantire questi obiettivi fondamentali». È un discorso bomba, perché è proprio sul piano della legge, della Costituzione, della trasparenza del voto che l'intera protesta legale messa in piedi da Donald Trump si è concentrata e non ha ricevuto alcun ascolto.A che serve allora la procedura di impeachment, in una Washington deserta di popolo e per il momento e presidiata dall'esercito, che la speaker della Camera Nancy Pelosi ha avviato ieri mattina? Nell'immediato assolutamente a niente, perché qualsiasi processo ha il luogo della sua celebrazione naturale al Senato, dove occorrono due terzi per decretare un impeachment. Il Senato torna dalle vacanze il 20 gennaio, giorno dell'inaugurazione, e il tutto occuperebbe i primi 100 giorni di Biden, cosa che al nuovo presidente non fa piacere, perché manterrebbe l'attenzione desta sul sospetto che circonda la sua vittoria del 3 novembre. Tuttavia sbaglia chi crede che il dovere di rispettare il Free Speech, la libertà di espressione chiave degli Stati Uniti, alberghi nella testa di una bella fetta di nuovi capi del Partito democratico. Al contrario, basta leggere la proposta di impeachment nella quale si dice che Trump si sarebbe reso colpevole di «incitamento all'insurrezione», per aver «ribadito false affermazioni quali "abbiamo vinto queste elezioni"» e per aver «rilasciato dichiarazioni che hanno incoraggiato, portato a una immediatamente successiva azione illegale al Campidoglio. Incitata dal presidente Trump, una folla ha violato illegalmente il Campidoglio». Insomma merita impeachment anche l'aver contestato dei brogli elettorali, avere osato pensare che ci siano stati, e a chi risponde che non a caso l'hanno fatto anche 138 deputati e 30 senatori, e che in passato anche i democratici hanno contestato delle elezioni, la risposta è che questa volta riguarda milioni di voti e quindi dai politici repubblicani si pretende l'abiura. Bloccata la pubblicazione di libri, via i finanziamenti di grandi multinazionali e compagnie, addirittura la minaccia di impedire loro di prendere gli aerei perché potenziali terroristi. Nella convinzione che al loro spavento e alla loro ritirata seguirà quella dei deplorables del popolo repubblicano. Succederà? Vedremo, ma ne dubito e comunque è un progetto scellerato.
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».