2025-03-29
In Albania i clandestini da rimpatriare
Il Consiglio dei ministri approva il decreto che amplia l’utilizzo dei centri. Stretta sulla cittadinanza per chi ha lontani parenti italiani: ius sanguinis sì, ma con giudizio.Il consiglio dei ministri ha approvato ieri un decreto legge che permetterà di utilizzare la strutture realizzate a Shengjin e a Gjader, in Albania, senza dover aspettare la sentenza della Corte di giustizia europea sui ricorsi dei giudici italiani che hanno annullato, nei mesi scorsi, i trattenimenti nel Paese delle aquile dei migranti soccorsi in mare. «Il consiglio dei ministri», spiega in conferenza stampa il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, «ha approvato un decreto legge composto da un solo articolo che interviene sulla legge di ratifica del protocollo Italia-Albania, rendendo possibile utilizzare la struttura già esistente del Cpr di Gjader anche per il trasferimento dall’Italia di persone che sono già destinatarie di provvedimento di espulsione e di trattenimento presso un Cpr e non, come prevedeva la legge di ratifica, solo per quelle che venivano trasferite all’esito di procedimenti e operazioni di soccorso in mare. Questo», aggiunge Piantedosi, «ci consentirà di dare immediata riattivazione di quel centro che non viene snaturato nella sua interezza». I Cpr già attivi in Italia sono a Torino, Milano, Roma, Brindisi, Palazzo San Gervasio in provincia di Potenza, Bari, Trapani, Caltanissetta, Macomer (in provincia di Nuoro), Gradisca d’Isonzo (in provincia di Gorizia). A questi ora si aggiunge quello di Gjiader, struttura, conferma Piantedosi, «per noi assimilabile in tutto e per tutto a un centro che si trova sul territorio nazionale». Detto ciò, Piantedosi conferma il piano del governo di costruire altri Cpr in Italia: «Abbiamo già in cantiere cinque Cpr, in due casi siamo prossimi all’affidamento e in tre stiamo completando le verifiche preliminari. Ragionevolmente», commenta Piantedosi, «mi sono posto l’obiettivo di portare a casa almeno questi cinque Cpr con questo governo». Dove sorgeranno? Il riserbo è totale, perché appena una località viene indicata come sede di un Cpr scattano le proteste e quindi il motto degli addetti ai lavori è «lo annunciamo quando lo inauguriamo». Detto ciò, La Verità è in grado di ipotizzare che il Lazio e la Lombardia potrebbero ospitare una seconda struttura, mentre in Campania un Cpr potrebbe sorgere nella zona di Castelvolturno. Tornando all’Albania, non avendo il Consiglio dei ministri modificato il protocollo ma solo la legge di ratifica, non sarà necessario passare attraverso il Parlamento. «Stiamo già programmando trasferimenti di persone nel centro di Gjader in Albania», precisa Piantedosi, «al momento il centro è attivo per 49 posti, può arrivare fino a 140. È un intervento che non costerà un euro in più rispetto alle risorse già stanziate». Le polemiche dell’opposizione naturalmente si sprecano, ma quello che interessa a tutti i cittadini è se il trasporto degli immigrati irregolari dal luogo dove vengono intercettati all’Albania costerà più di quanto accade per accompagnarli nelle strutture che sorgono sul territorio italiano: «I trasferimenti dei migranti dall’Italia all’Albania avverranno quasi sicuramente via aerea o via nave», sottolinea Piantedosi, «vedremo in base alle condizioni logistiche. Ma voglio precisare che sono spostamenti che già avvengono sul territorio nazionale. Ecco perché facciamo un provvedimento a invarianza di spesa. Quali immigrati andranno in Albania? Dipenderà molto dalla nazionalità ma già adesso capita che un cittadino trattenuto ad esempio al Cpr di Milano, venga trasferito a Trapani. Lo stesso accadrà con l’Albania, peraltro logisticamente in termini di distanza chilometrica non è neanche tanto più lontano rispetto a trasferimenti che già facciamo. Noi abbiamo per esempio un Cpr a Macomer in Sardegna», puntualizza il ministro dell’Interno, «che forse è più lontano rispetto ai centri continentali e a quello dell’Albania. Quindi quello a Gjader sarà un trasferimento in un centro per noi assimilabile in tutto e per tutto a un centro che si trova sul territorio nazionale». Ciò detto, il governo non ha perso la speranza di poter riportare i centri in Albania alla destinazione originaria, quella per le procedure accelerate di frontiera, e infatti, in relazione alla sentenza della Corte di giustizia, «confidiamo», dice Piantedosi, «arrivi entro l’estate. Io sono abbastanza fiducioso». La Commissione europea ha già dato il via libera al nuovo provvedimento: «Un’interlocuzione è prassi che si faccia», conferma Piantedosi, «questa verifica con la Commissione europea si è conclusa con la possibilità di andare avanti». A proposito di Europa: al di là delle chiacchiere propagandistiche della sinistra, il modello Albania fa scuola. Ieri la Bild, come riporta La Presse, ha rivelato che il leader della Cdu e cancelliere tedesco in pectore, Friedrich Merz, ha elaborato un «piano segreto» per l’immigrazione e sta già lavorando con altri Paesi europei per la sua attuazione. Il piano, che avrebbe l’ok della Spd, prevede che i migranti dovrebbero essere respinti già alle frontiere esterne della Germania, «in coordinamento» con i Paesi confinanti. Secondo il giornale tedesco, sarebbero già in corso colloqui segreti con Polonia, Repubblica Ceca, Austria, Svizzera e Francia. Tornando all’Italia, va sottolineato il crollo degli sbarchi: nei primi tre mesi del 2025 (dati aggiornati a ieri) sono stati 9.116, contro gli 11.373 dello stesso periodo dell’anno scorso. Una diminuzione del 19,85%, segno che le politiche messe in campo dal governo funzionano.
(Guardia di Finanza)
I Comandi Provinciali della Guardia di finanza e dell’Arma dei Carabinieri di Torino hanno sviluppato, con il coordinamento della Procura della Repubblica, una vasta e articolata operazione congiunta, chiamata «Chain smoking», nel settore del contrasto al contrabbando dei tabacchi lavorati e della contraffazione, della riduzione in schiavitù, della tratta di persone e dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
Le sinergie operative hanno consentito al Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino e alla Compagnia Carabinieri di Venaria Reale di individuare sul territorio della città di Torino ed hinterland 5 opifici nascosti, dediti alla produzione illegale di sigarette, e 2 depositi per lo stoccaggio del materiale illecito.
La grande capacità produttiva degli stabilimenti clandestini è dimostrata dai quantitativi di materiali di contrabbando rinvenuti e sottoposti a sequestro: nel complesso più di 230 tonnellate di tabacco lavorato di provenienza extra Ue e circa 22 tonnellate di sigarette, in gran parte già confezionate in pacchetti con i marchi contraffatti di noti brand del settore.
In particolare, i siti produttivi (completi di linee con costosi macchinari, apparati e strumenti tecnologici) e i depositi sequestrati sono stati localizzati nell’area settentrionale del territorio del capoluogo piemontese, nei quartieri di Madonna di Campagna, Barca e Rebaudengo, olre che nei comuni di Caselle Torinese e Venaria Reale.
I siti erano mimetizzati in aree industriali per dissimulare una normale attività d’impresa, ma con l’adozione di molti accorgimenti per svolgere nel massimo riserbo l’illecita produzione di sigarette che avveniva al loro interno.
I militari hanno rilevato la presenza di sofisticate linee produttive, perfettamente funzionanti, con processi automatizzati ad alta velocità per l’assemblaggio delle sigarette e il confezionamento finale dei pacchetti, partendo dal tabacco trinciato e dal materiale accessorio necessario (filtri, cartine, cartoncini per il packaging, ecc.), anch’esso riportante il marchio contraffatto di noti produttori internazionali autorizzati e presente in grandissime quantità presso i siti (sono stati infatti rinvenuti circa 538 milioni di componenti per la realizzazione e il confezionamento delle sigarette recanti marchi contraffatti).
Gli impianti venivano alimentati con gruppi elettrogeni, allo scopo di non rendere rilevabile, dai picchi di consumo dell’energia elettrica, la presenza di macchinari funzionanti a pieno ritmo.
Le finestre che davano verso l’esterno erano state oscurate mentre negli ambienti più interni, illuminati solo artificialmente, erano stati allestiti alloggiamenti per il personale addetto, proveniente da Paesi dell’Est europeo e impiegato in condizioni di sfruttamento e in spregio alle norme di sicurezza.
Si trattava, in tutta evidenza, di un ambiente lavorativo degradante e vessatorio: i lavoratori venivano di fatto rinchiusi nelle fabbriche senza poter avere alcun contatto con l’esterno e costretti a turni massacranti, senza possibilità di riposo e deprivati di ogni forma di tutela.
Dalle perizie disposte su alcune delle linee di assemblaggio e confezionamento dei pacchetti di sigarette è emersa l’intensa attività produttiva realizzata durante il periodo di operatività clandestina. È stato stimato, infatti, che ognuna di esse abbia potuto agevolmente produrre 48 mila pacchetti di sigarette al giorno, da cui un volume immesso sul mercato illegale valutabile (in via del tutto prudenziale) in almeno 35 milioni di pacchetti (corrispondenti a 700 tonnellate di prodotto). Un quantitativo, questo, che può aver fruttato agli organizzatori dell’illecito traffico guadagni stimati in non meno di € 175 milioni. Ciò con una correlativa evasione di accisa sui tabacchi quantificabile in € 112 milioni circa, oltre a IVA per € 28 milioni.
Va inoltre sottolineato come la sinergia istituzionale, dopo l’effettuazione dei sequestri, si sia estesa all’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Ufficio dei Monopoli di Torino) nonché al Comando Provinciale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco di Torino nella fase della gestione del materiale cautelato che, anche grazie alla collaborazione della Città Metropolitana di Torino, è stato già avviato a completa distruzione.
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