Non ci sono più le macchine di una volta, nel senso che una volta erano molte di più. Nel 1977 ne sono uscite dalle fabbriche italiane un milione e 440.000, nel 2018 appena 671.000. Meno della metà.
Non ci sono più le macchine di una volta, nel senso che una volta erano molte di più. Nel 1977 ne sono uscite dalle fabbriche italiane un milione e 440.000, nel 2018 appena 671.000. Meno della metà. Nel 1989 sono state addirittura due milioni (1.971.969 per la precisione), mentre nel 2013 la miseria di 388.465. E le cose non è che oggi vadano meglio: l'Istat ha detto che ad aprile del 2019 la produzione di automobili è calata del 17,1% rispetto allo stesso mese del 2018 (meno 1% a maggio secondo l'Anfia, l'Associazione nazionale filiera industria automobilistica) e nei primi quattro mesi il calo è stato del 14,7%. Chiaro adesso perché Fca è alla ricerca di un partner? Perché se è vero (come è vero, l'ha detto Marchionne) che al mondo resteranno appena 6 produttori di automobili, vuol dire che Fca, se non prende l'iniziativa, è destinata a scomparire, ovvero a essere una preda di produttori più grandi di lei. E deve sposarsi presto, prima che i volumi scendano sotto il livello oltre al quale produrre automobili non è più conveniente. Anche perché i prezzi si abbassano. Non è più come nel 1925: le 45.800 autovetture prodotte erano destinate a una ristrettissima élite. Ma quando il mercato è maturo, come è oggi, la guerra si fa sui prezzi e sull'innovazione. E Fca, in entrambi i casi, non è leader. Comunque il passato del comparto non è stato sempre rose e fiori. Anzi… È vero che nel 1977 le catene di montaggio italiane hanno sfornato quasi 1,5 milioni di vetture, ma due anni prima il settore aveva fatto segnare un crollo del 17,7%, non compensato dal +9% dell'anno successivo. A parte il 1981 (quando ci fu un calo del 10,9%) sono stati gli Anni Ottanta il periodo d'oro dell'automotive italiano: +16,45% nel 1986, +4,42% nel 1987, +10,37% nel 1988, +5,20% nel 1989. Gli Anni Novanta sono stati quelli dell'austerity produttiva: -4,50% nel 1990, -11,44% nel 1991, -10,21% nel 1992, -24,25% nel 1993. E se il primo giugno del 2004 gli Agnelli non si fossero affidati alle cure di Sergio Marchionne, il calo della produzione che si è registrato negli anni 2000 sarebbe stato ancora più pesante. Basta guardare i numeri del grafico sopra che dimostrano che il manager con il maglioncino è stato sì il salvatore della società, ma i volumi produttivi, anche con lui alla guida di Torino, hanno continuato a calare.Insieme ai volumi, si è modificata anche la tipologia di vetture fabbricate nel nostro Paese. Il 38,1% di quelle uscite dalla catena di montaggio nel 1977 aveva una cilindrata compresa tra i 501 a 1000 cc; un altro 39,2% era rappresentato dalle auto fino a 1500 cc; quelle fino ai 2000 cc erano il 22,1% mentre le vetture più potenti, oltre i 2000 cc, erano appena lo 0,3% del totale. Erano gli anni delle auto di piccolo taglio, come la Fiat 126, uno dei modelli sui quali la Fiat ha campato per anni (insieme alla Panda e alla Punto). Poi siamo diventati tutti un po' più ricchi, i costi di produzione sono scesi e la concorrenza si è fatta violenta. Così nel 2017 (ultimi dati ufficiali disponibili nel dettaglio) quelle fino a 1000 cc hanno rappresentato solo il 3,2% del totale della produzione mentre quelle oltre i 2000 sono ormai salite al 30%. Ma, sia chiaro, i volumi di 40 anni fa, quelli non li vedremo mai più.
Alessia Pifferi (Ansa)
Cancellata l’aggravante dei futili motivi e concesse le attenuanti generiche ad Alessia Pifferi: condanna ridotta a soli 24 anni.
L’ergastolo? È passato di moda. Anche se una madre lascia morire di stenti la sua bambina di un anno e mezzo per andare a divertirsi. Lo ha gridato alla lettura della sentenza d’appello Viviana Pifferi, la prima accusatrice della sorella, Alessia Pifferi, che ieri ha schivato il carcere a vita. Di certo l’afflizione più grave, e che non l’abbandonerà finché campa, per Alessia Pifferi è se si è resa conto di quello che ha fatto: ha abbandonato la figlia di 18 mesi - a vederla nelle foto pare una bambola e il pensiero di ciò che le ha fatto la madre diventa insostenibile - lasciandola morire di fame e di sete straziata dalle piaghe del pannolino. Nel corso dei due processi - in quello di primo grado che si è svolto un anno fa la donna era stata condannata al carcere a vita - si è appurato che la bambina ha cercato di mangiare il pannolino prima di spirare.
Toga (iStock). Nel riquadro, Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






