2021-04-01
Ex assistenti sociali imputati a Bibbiano vogliono tornare a lavorare coi bimbi
Federica Anghinolfi e Francesco Monopoli chiedono ai Comuni il reintegro in ruolo. Sono accusati di lesioni personali, false perizie, frode e peculato.Due dei 24 imputati dell'inchiesta «Angeli & demoni» chiedono di essere reintegrati nel ruolo che avevano prima di essere indagati. La prima è Federica Anghinolfi, 58 anni, ex responsabile dei servizi sociali a Bibbiano e in Val d'Enza, che la Procura di Reggio Emilia considera tra i principali responsabili di una serie di reati collegati ai presunti allontanamenti illeciti dei bambini di Bibbiano. Il secondo è Francesco Monopoli, 36 anni, uno degli assistenti sociali finiti nello scandalo e dell'Anghinolfi considerato il braccio destro. Entrambi erano stati sospesi in via cautelare dal servizio allo scoppio dell'inchiesta, nel luglio-agosto 2019. Tutti e due erano poi rimasti agli arresti domiciliari fino al 20 dicembre 2019: a quel punto il giudice delle indagini preliminari, Luca Ramponi, aveva vietato loro di esercitare la professione per un anno. E alla fine, nel gennaio 2020, erano stati licenziati dai rispettivi datori di lavoro: lei dall'Unione dei Comuni della Val d'Enza, lui dall'Azienda servizi pubblici di San Polo d'Enza.Dallo scorso 30 ottobre, assieme ad altri 22 imputati, l'Anghinolfi e Monopoli attendono l'esito dell'udienza preliminare che si sta svolgendo nel tribunale di Reggio Emilia: il giudice Dario De Luca dovrà decidere se meritano o no di essere processati. Nelle 78 pagine della richiesta di rinvio a giudizio, firmate dal pubblico ministero Valentina Salvi, hanno tutti e due un ruolo centrale, e proprio da quelle accuse è scaturito il loro licenziamento. Nei 106 capi d'accusa contenuti nel documento della pm, il nome di Monopoli compare in 33 casi, quasi uno su tre, e l'ex assistente sociale deve rispondere di una lunga serie di ipotesi di reato: lesioni personali, falso ideologico, falsa testimonianza, falsa perizia, frode processuale, abuso d'ufficio, peculato. L'Anghinolfi ha a suo carico ben 65 ipotesi d'accusa, per le stesse ipotesi di reato del collega con in più la violenza privata aggravata, l'estorsione, la truffa aggravata e la violenza a pubblico ufficiale. Come per tutti gli imputati, per i due ex assistenti sociali della Val d'Enza vale com'è ovvio la presunzione d'innocenza. Ma al di là delle specifiche accuse contro di loro, ancora da provare in dibattimento, molte delle intercettazioni e delle chat finite negli atti processuali non possono essere piaciute ai loro datori di lavoro. In uno scambio di messaggi con un'altra imputata, la psicologa Imelda Bonaretti, che le aveva manifestato le sue perplessità per l'affido di un bambino a un ex brigatista rosso, l'Anghinolfi rivelava per esempio di avere volontariamente omesso quell'informazione cruciale al giudice: «Mica lo sa», rispondeva, «e poi la pena l'ha scontata». Non è mai stato appurato se il bambino sia stato effettivamente affidato all'ex terrorista. Ma intanto, sempre via chat, l'Anghinolfi e Monopoli discutevano su come allungare nel tempo i già diradati contatti con i genitori naturali di un'altra bimba allontanata da casa, e in questo caso affidata a una coppia di donne omosessuali, una delle quali in passato legata sentimentalmente all'Anghinolfi stessa. Una delle due affidatarie è poi finita a sua volta indagata per i maltrattamenti inferti proprio alla povera bimba. Il dialogo tra Monopoli e l'Anghinolfi suona crudele: «Come giustifichiamo la sospensione degli incontri protetti?», chiedeva lui. E lei rispondeva: «Relax della minore… vacanza», suggerendo di «spostare l'attenzione per spostare l'emozione». Nella stessa chat, l'ex responsabile dei servizi sociali decideva anche di non far leggere alla bambina i messaggi che suo padre, disperato, aveva inviato a un'educatrice contando sul fatto che li avrebbe fatti leggere alla figlia: «Ciao, il papà non riesce ad avere risposte per portarti fuori a mangiare... Spero che stai bene e ti voglio un mondo di bene». Monopoli e l'Anghinolfi erano convinti, poi, dell'esistenza di una setta di pedofili, attiva nel Reggiano e dedita a riti satanici e cannibalismo, di cui sarebbe rimasto vittima anche Tommaso Onofri, il bimbo rapito e ucciso nel 2006. Resta il fatto che i due ex assistenti sociali oltre un anno fa hanno impugnato i licenziamenti, ma l'Unione dei Comuni della Val d'Enza e l'Asp di San Polo, due giorni fa, non hanno accolto il tentativo obbligatorio di conciliazione presso l'ispettorato del lavoro. Ora, quindi, le due cause passano al palazzo di giustizia di Reggio Emilia, dove sull'Anghinolfi dovrà pronunciarsi il giudice Maria Rita Serri, che dal 2019 coordina la sezione del lavoro e non ha ancora fissato la data dell'udienza. Sulla richiesta di reintegro di Monopoli dovrà pronunciarsi un altro giudice, Silvia Cavallari.Nello stesso tribunale, intanto, l'udienza preliminare del processo penale sui fatti di Bibbiano avanza dallo scorso 30 ottobre, lentamente e con qualche inciampo. L'11 marzo, il giudice De Luca ha dovuto rinviare la seduta proprio per un impedimento dell'avvocato di Monopoli, che quel giorno aveva un altro impegno. Il magistrato non ha reagito proprio benissimo: «Non ho alcuna intenzione di andare avanti fino al 2045» ha detto. Poi ha fissato il calendario serrato delle prossime udienze, tutte previste di giovedì: l'8 e il 29 aprile e il 6, 20 e 27 maggio.
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