2022-05-14
Imprenditore spalle al muro si uccide. È il primo caduto italiano del conflitto
Nel riquadro, Claudio Fiori
Davanti al fallimento della sua azienda elettronica riminese, Claudio Fiori l’ha fatta finita bevendo acido. Fatali per la sua attività i rincari dovuti alla guerra. Giorgia Meloni: «Lo Stato si interroghi su cosa non ha fatto».La prima vittima italiana della guerra in Ucraina non è un soldato con il mitra in spalla, ma un imprenditore travolto dai debiti. Nella foto sgranata, pubblicata dai quotidiani locali, Claudio Fiori ha una giacca blu, il maglione a rombi e lo sguardo dei vinti. Dopo due anni di pandemia, sono arrivate anche per lui le conseguenze economiche del conflitto. Colpo di grazia. Quando i rincari delle materie e l’insostenibile costo delle bollette l’hanno costretto a chiudere baracca e burattini, pure lui ha detto basta. Del resto, l’azienda era la sua vita: Sce elettronica di San Clemente, piccolo Comune del Riminese. Fiori ha provato a resistere, con la cinghia stretta fino all’ultimo buco. Cassa integrazione per i 15 dipendenti, che hanno continuato a ricevere lo stipendio. Ma qualche giorno più tardi, viene annunciata la chiusura dell’attività. Qualche settimana ancora. Poi, l’insostenibile oblio. Lo scorso martedì, nel tardo pomeriggio, chiuso nel suo ufficio, l’imprenditore beve dell’acido muriatico da una bottiglietta. Un gesto d’istinto, forse. Non meditato, magari. Perché poi, devastato dal dolore, chiama il 118. Vuole vivere, nonostante quel mucchio di problemi che gli pesa sulla spalle. Ma è tardi. I sanitari arrivano subito nell’azienda. Lui è in condizioni disperate. Lo portano in ospedale. Non serve. Organi corrosi e lacerazioni interne. Il «soldato» Fiori muore poche ore dopo, nel reparto di rianimazione dell’Infermi di Rimini, all’alba di mercoledì: solo e disarmato, ucciso da un’economia di guerra che non sapeva più fronteggiare.Una fine atroce. In Romagna l’imprenditore era piuttosto conosciuto. Produceva quadri elettrici per molte aziende del territorio, specie locali pubblici e discoteche. Ma dopo il Covid, era arrivata l’inflazione. Troppi debiti, dicono. E soprattutto, poche speranze di ripresa. Dietro le statistiche spiattellate quotidianamente dai giornali, funerea congiuntura e mesto avvenire, ci sono proprio quelli come Claudio. Che non ce la fanno più. I carabinieri, nel suo ufficio, non hanno trovato nessun biglietto, testamento o messaggio. Ma i motivi che l’hanno spinto a ingollare quell’acido puzzolente sembrano lampanti per chi l’ha conosciuto. Poche ore prima, aveva chiamato i sindacati per dare quell’annuncio che sbriciolava sacrifici e speranze: «Chiuderemo entro qualche giorno». I dirigenti della Fiom di Rimini raccontano: «C’erano buoni rapporti con noi. Ed era amato e apprezzato pure dai suoi dipendenti. La ditta non aveva ancora chiuso quando Fiori si è tolto la vita, ma era una questione di ore. La guerra, per lui, è stata il colpo di grazia». Dopo un periodo di crisi, una decina di anni fa, la Sce s’era ripresa. Fino al 2020. Due anni di pandemia, aggravati dai ripetuti lockdown. Poi, la guerra in Ucraina. Materie prime e costi energetici: aggravi esorbitanti per le piccole e medie e imprese che fanno andare avanti l’Italia. Come quella di Claudio Fiori: 60 anni, lavoratore infaticabile, uno che c’aveva messo cuore e cervello, senza farsi piegare dal milione di difficoltà che ogni imprenditore deve schivare ogni giorno. Martedì scorso è crollato. La sua azienda, che dava lavoro a 15 famiglie, in ginocchio. L’insuperabile vanto diventato insostenibile cruccio. Maledettissima crisi. Paolo Maggioli, ex presidente degli industriali romagnoli, sceglie con cura le parole di commiato: «Questa è una testimonianza drammatica di quanto la situazione sia complicata. Resta l’esempio di come l’entusiasmo generale sia stato un’illusione. Troppe nuvole si stagliano ancora all’orizzonte». Fiori viveva a Taverna, piccola frazione del Comune della Valconca, assieme a moglie e figlia trentenne. Simone Tordi, vicesindaco di Montescudo-Monte Colombo, paese a pochi chilometri, è stato anche un suo ex collega. S’erano conosciuti 30 anni fa. Due coetanei, con la voglia di fare andare le mani, colleghi in un’azienda metalmeccanica della zona. «Era un vero lavoratore», ricorda. «Una persona che si dava da fare. Tanto olio di gomito e grande fatica, passo dopo passo, per costruire qualcosa. Una dedizione rara. Allo stesso tempo, era però un vero imprenditore. Ne aveva la stoffa e la mentalità». Ha tenuto duro anche di fronte alle bollette astronomiche e ai conti che non tornavano. Poi, s’è arreso. Chiuso nel suo ufficio, beve un sorso di acido muriatico da una bottiglietta. «Purtroppo la crisi economica e il rincaro dei costi hanno travolto pure la sua azienda e, da tempo, non riusciva più a mandarla avanti», dice Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia. «Lo Stato si interroghi su cosa non ha fatto e cosa, invece, poteva fare per non lasciare nessuno indietro». Intanto, Claudio è il primo caduto italiano in guerra.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)