2024-06-04
A Taranto arrivano ucraini e indiani però Ilva punta a Libia e Piano Mattei
Adolfo Urso (Imagoeconomica)
I gruppi Vulcan Steel e Steel Mont in visita ai siti produttivi. Poi toccherà a Metinvest che è al lavoro con Haftar per realizzare un impianto di preridotto a Benghazi. L’acciaio arriverebbe nel porto pugliese.Due giorni pieni per Taranto. Sul fronte del porto e delle acciaierie ex Ilva, dossier sempre più collegati e sotto pressione per le necessità di rilancio operativo e per le necessità politiche di colmare con fatti concreti l’ampio Piano Mattei. Cominciano infatti oggi le prime visite dei potenziali investitori esteri per Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria. Ad aprire sono gli indiani di Vulcan Steel e di Steel Mont che, con una delegazione unica, visiteranno gli stabilimenti di Taranto, e entro la fine della settimana Genova e Novi Ligure. Nella seconda settimana di giugno gli stessi siti saranno visitati dagli ucraini di Metinvest. Vulcan Steel - che fa parte del gruppo Jindal, anch’esso indiano -, Steel Mont e Metinvest sono infatti i gruppi che già alcuni mesi fa hanno manifestato il loro interesse per l’ex Ilva. In verità, tra i potenziali interessati ci sarebbe anche Arvedi, ma per il momento non risultano visite programmate da parte del gruppo di Cremona. Le visite degli operatori siderurgici sono preliminari all’avvio da luglio delle procedure di assegnazione degli impianti, come dichiarato dal ministro delle Imprese, Adolfo Urso. «Obiettivo della terna commissariale non è quello di fare gestione industriale e sostituirsi agli imprenditori, ma cercare, nel più breve tempo possibile, un interesse, da concretizzare, di investitori nazionali ed esteri riguardo gli asset», ha dichiarato Giancarlo Quaranta, uno dei commissari di Adi. Qualche giorno fa, al Danieli Innovaction Meeting, Vulcan Steel ha detto che quello dell’Oman sarà il più grande impianto del Medio Oriente. Coinvolti nell’operazione fornitori italiani ed europei e d’altra parte il gruppo già si appoggia alle collaborazioni di Danieli, Tenova, Techint, Fimi, Cimprogetti e Sideridraulic.Steel Mont è una società di trading, mentre l’investitore più noto sono gli ucraini di Metinvest. Consapevole delle criticità finanziarie dell’ex Ilva, il gruppo cui facevano capo le acciaierie Azovstal di Mariupol, ha accettato il pagamento differito sulla scia del gruppo Marcegaglia. Insieme a Danieli, Metinvest ha ora messo in cantiere a Piombino, su un’area dello stabilimento Jindal, la costruzione di un forno elettrico. Un investimento da 2 miliardi di euro che dovrebbe dare lavoro a 1.500 persone. È chiaro che la strategia del governo sia attendere le mosse a luglio dei possibili partner per l’ex Ilva e poi collegare al sito il più ampio piano Mattei. Da quanto risulta alla Verità, Metinvest, il cui socio italiano rimane Danieli, sarebbe al lavoro con i vertici del governo libico di Khalifa Haftar per mettere in piedi un impianto di preridotto a Benghazi. Se così fosse e il cerchio ucraino si chiudesse su Taranto si potrebbe immaginare una spola che inevitabilmente passa per il porto contribuendo anche al rilancio dello stesso. Ieri, il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, ha fatto sapere che «la copertura finanziaria c’è, l’Unione europea ha dato l’ok anche al finanziamento ponte, l’ultimo che stiamo dando ai commissari per andare avanti. Naturalmente l’obiettivo ce l’abbiamo tutto perché è l’Italia, non solo Taranto», ha detto ieri pomeriggio a margine di un incontro a Taranto nella sede dell’Autorità portuale del Mar Ionio. «Il fronte Taranto, sia per la produzione dell’acciaio, sia per la decarbonizzazione di un grande impianto come quello di Ilva, è la bandiera dell’Italia. Noi dobbiamo riuscire a tutti i costi», ha concluso prima di lasciare il porto e riaccendendo il faro sullo scalo fino a poco tempo fa attenzionato quasi esclusivamente dalla politica locale, alias Michele Emiliano. È chiaro che con la visita del governo e con la presenza di grossi, sebbene per il momento potenziali investitori, si riapre il pentolone della città con i due mari. I tentativi di gestire logiche commerciali vicino alla Cina sono spesso passati sotto traccia, rallentati solo dalla buona volontà di pochi operatori di banchina. Adesso la posta è tanto più alta quanto più complessa. L’idea del governo è rilanciare l’acciaio e poi collegarsi a produzioni in Magreb. Abbiamo visto ciò che stanno tentando Metinvest in Libia, ma vale la pena ricordare che in Tunisia esiste un ex impianto di proprietà della vecchia Ilva, l’acciaieria Sideralba di Biserta, che potrebbe diventare utile per partnership stabili con Taranto. Inoltre c’è tutto il business dell’eolico galleggiante che andrà rifornito con tanta materia prima. Tutto ciò passa comunque dal porto di Taranto. Più cresce il Piano Mattei e più le banchine faranno gola. Attenzione alle scatole cinesi.