2022-07-17
Il turismo sardo ha ripreso a volare. Mancano ancora 10.000 stagionali
Organici ridotti all’osso nell’alberghiero e nella ristorazione. È l’effetto del long Covid sull’economia: i lavoratori hanno cambiato mestiere. E la guerra ucraina ha dato il colpo di grazia al settore del lusso.Il turismo sardo è tornato ai livelli pre pandemia, ma gli effetti del long Covid non lasciano scampo agli operatori. Il problema, purtroppo, è semplice quanto importante: a mancare sono i lavoratori stagionali. Fare stime non è facile, ma secondo Federalberghi Sardegna, si parla di almeno 10.000 professionisti che mancano su un totale di 100.000 lavoratori del turismo.I motivi di questa carenza sono sotto gli occhi di tutti: dopo due anni di crisi, in molti hanno provato a lavorare altrove, c’è persino chi ha cambiato mestiere. Ora, insomma, tornare a lavorare sull’isola per tre mesi o poco più non appare per molti un’offerta interessante. Soprattutto, per chi ha una certa esperienza ed è riuscito a ricollocarsi altrove. Si tratta di una vera e propria spina nel fianco per una stagione, quella 2022, che in realtà sta andando a gonfie vele. La richiesta, insomma, c’è, ma i servizi sono a volte difficili da erogare per mancanza di risorse. I dati del mese di giugno forniti dalla Regione Sardegna sono confortanti. Nei porti sardi si sono registrati 372.267 arrivi (Olbia 244.226; Porto Torres 70.926; Golfo Aranci 47.275; Cagliari 9.840), con un incremento del 53,95% rispetto allo stesso periodo del 2021, anno caratterizzato dalla lenta ripresa degli spostamenti, anche turistici, dopo un rigido periodo di restrizioni alla mobilità per l’emergenza sanitaria; mentre, nello stesso periodo, nei tre aeroporti isolani sono arrivati 589.331 passeggeri, tra voli di linea e non (Cagliari 264.123; Olbia 233.854; Alghero 91.354), con un incremento del 95,5% rispetto al 2021, ma superiore (quasi l’1%), nonostante le difficoltà nei collegamenti di queste ultime settimane, anche al 2019.In realtà, però, le difficoltà nel reperire personale non sono uguali per tutti. Nel caso della ristorazione, ad esempio, la crisi di personale è pesante. Secondo le stime di Emanuele Frongia, coordinatore della Fipe in Sardegna, l’associazione che raggruppa le piccole imprese della ristorazione, del turismo e dell’intrattenimento, sull’isola la carenza di personale nella ristorazione è tra il 20 e il 30%. «È ancora difficile capire quante persone manchino all’appello, perché la stagione è iniziata da poco. Ma, ascoltando gli imprenditori la situazione è già chiara. Avremmo bisogno di almeno tre o quattromila professionisti in più», dice. Nel caso di bar e ristoranti, spiega Frongia, «a livello nazionale c’è stato un esodo di circa 200.000 figure che hanno lasciato il settore a causa dell’incertezza causata dal Covid. In Sardegna, per questa motivazione, abbiamo perso almeno 1000-1500 addetti che hanno preferito cercare una occupazione in altri settori. C’è poi il tema del calo della natalità. Inoltre, negli ultimi 15 anni ci sono state meno nascite e anche questo ha avuto un impatto sul settore». «È da febbraio che avevamo capito che questa sarebbe stata una estate complicata», aggiunge Paolo Manca, vicepresidente nazionale e presidente Sardegna di Federalberghi. «In molti sapevano che non avrebbero chiuso le brigate, come si dice in gergo tecnico. In pratica, molti operatori hanno preferito contingentare i servizi perché non c’era staff a sufficienza. Inoltre, negli ultimi anni c’è stato un gran proliferare di esercizi particolari e legati al turismo: quello che fa ad esempio solo panini con il polpo, la pizzeria particolare, locali monoprodotto che sono entrati sul mercato rastrellando risorse al nostro settore e magari offrendo un compenso migliore. In più, in tanti hanno preferito essere pagati meno ma più nel lungo periodo, così molti hanno lasciato il mondo degli alberghi per la logistica, ad esempio», spiega Manca. «Certo, fare stime è difficile, ma quello che manca è il professionista con esperienza. In totale in Sardegna di solito ci sono circa 100.000 stagionali e almeno un 10% di questi ad oggi manca all’appello».C’è poi il tema del turismo russo, che prima della guerra in Ucraina era solito soggiornare in Costa Smeralda e spendere cifre considerevoli a Porto Rotondo e dintorni. «Quest’anno il mercato dei servizi agli yacht che venivano a soggiornare in Sardegna sta andando molto meglio rispetto al 2021», spiega alla Verità, Stefano Tositti, presidente e ad di Acquera Yachting, azienda che fornisce servizi agli yacht. «Sentiamo però la mancanza dei russi che rappresentano circa il 10% del fatturato del settore. Non ci sono solo quelli degli oligarchi», spiega, «ma anche quelli di chi, vista la situazione difficile, preferisce non venire a fare le vacanze in Sardegna». «In Sardegna», dice Giancarlo Acciaro, imprenditore e agente marittimo, c’è ancora troppa incertezza. «Siamo costretti a recitare senza copione proprio nei mesi in cui la razionalità e l’efficienza dovrebbero avere il sopravvento. Spesso, il numero di quelli che sbarcano da traghetti e aerei è di gran lunga superiore a quello dei turisti registrati in hotel o in secondo case. Ciò significa che esiste un’economia turistica invisibile che, al di là del fattore fiscale, impedisce una seria programmazione del turismo stesso e l’allungamento della stagione che continua a concentrarsi in poche settimane».
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