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Il tramonto di Farinetti, abbandonato anche dai compagni

C'è il ragazzo ugandese che ha portato le sue banane, ma non ha più quelle autoctone: l'industria gli chiede solo quelle grandi, così lui perde il suo patrimonio di natura in cambio di pochi spiccioli. C'è il contadino cinese e ci sono i coltivatori di caffè selvatico della foresta di Harenna in Etiopia che difendono le loro piante delle multinazionali. Sono le comparse, anche se vorrebbero farli passare per protagonisti, del Salone del gusto, mille espositori per una grande bouffe che va in scena a Torino, in tutta Torino, fino al 26 di questo mese ed è la liturgia del cibo buono, pulito e giusto celebrata da Slow Food (www.salonedelgusto.it). Un po' festa di partito, un po' sagra, un po' evento culturale, molto marketing. Anche Terra Madre, dove sfilano le comparse del terzo mondo agricolo, fa parte del rito. E c'è la Coop che fa campagna contro il caporalato per il pomodoro equo e solidale. Anzi la Coop fa di più: ha allestito un villaggio per raccontare il buono d'Italia e spiegare che sta dalla parte degli agricoltori per stare con i consumatori. Sembra di sentir parlare Oscar Farinetti, il signor Eataly, che di tutto questo ha fatto un business milionario e si è costruito una verginità pubblica e un ruolo sociale. E ora gettata la maschera punta all'alta finanza con l'appoggio del «giglio magico» – il suo manager è Andrea Guerra ex Ad di Luxotica e consigliere economico di Matteo Renzi - ricordandosi d'esser stato venditore di lavatrici prima che profeta delle salamelle. È incappato proprio alla vigilia del Salone del gusto in una storia che non deve avergli fatto piacere. Il presidente di Novacoop - la cooperativa piemontese di Lega Coop – Ernesto Delle Rive ha annunciato di aver venduto con una buona plusvalenza (10 milioni) tutte le quote che aveva in Eataly. Perché? In buona sostanza perché Eataly che ha raccontato al mondo di essere il veicolo dei prodotti di massima qualità italiana, di aver dato uno sbocco ai piccoli artigiani del gusto che affollano gli stand del salone torinese e credono che Slow Food li possa salvare nella guerra mondiale del cibo, ormai è un supermercato come tutti gli altri. Oscar Farinetti è andato su tutte le furie. È il Re che si sente nudo: « Siamo stati noi a chiedere a Novacoop di andarsene, noi abbiamo progetti più ampi, loro non potevano stare al passo. Quanto alle nostre referenze solo il 5% di quello che noi vediamo si trova anche in altri supermercati: Eataly è e resta il primo operatore che ha difeso il made in Italy e ha portato le nostre eccellenze nel mondo». Per amore del profitto? Ma ci mancherebbe altro che il figlio di un partigiano e per di più renziano pensasse al profitto. No, per dare al cibo buono giusto e pulito un posto nel mondo. Pazienza se il ragazzo ugandese con le sue banane da Eataly non potrebbe comprare neppure un bicchier d'acqua, pazienza se gli artigiani che vendono i loro prodotti a Eataly non guadagnano abbastanza per poter fare la spesa da Farinetti. Il mondo è fatto così: ci sono i ricchi che possono mangiare bene e a loro porta la spesa a casa Farinetti. Che a Bologna aprirà Fico, con una serie di partner tutti del coté renziano e ampio finanziamento di soci pubblico-privati, una sorta di Expo permanente. Vuoi mettere comprare un pomodoro da Farinetti che ci mette il valore aggiunto della narrazione? Peccato che talvolta s'infranga sui dati di realtà. Novacoop con savoir faire glielo ha fatto notare. Ma anche i numeri s'incaricano di raccontare la vera storia di Oscar difensore degli oppressi dei campi e dispensiere delle elites. I progetti futuri di Farinetti non sono affatto quelli di aiutare l'agricoltura e gli artigiani del gusto, ma di usarli per costruire una piattaforma finanziaria. Nel 2015 – il conto economico viene chiuso a maggio e dunque non c'è la valanga di pasti che Eataly ha servito senza gara d'appalto ed in esclusiva all'Expo di Milano - Eataly ha chiuso con 116 mila euro di utile rispetto ai 160 milioni dell'anno prima quando Farinetti ha venduto il 20% alla banca d'affari Tamburi che è il vero veicolo dell'internazionalizzazione finanziaria dei supermercati. Però il difensore dei contadini oppressi si è messo in tasca attraverso la Eatinvest - la finanziaria di famiglia - 47 milioni di euro come cedola che ha spartito fra se medesimo e i tre figli Andrea, Francesco e Nicola. Ma questo è solo il primo passo perché da quando Andrea Guerra – ex ad di Luxottica, intimissimo di Matteo Renzi tanto da aver passato un anno a palazzo Chigi come suo consulente economico – è Ad di Eataly, i programmi sono di espansione planetaria.

La quotazione in Borsa è prevista per il 2018, attraverso la controllata americana hanno imbarcato in società anche la B&B hospitality group, di cui è socio anche Joe Bastianich, ovvero Masterchef, con la mamma Linda, con il veicolo Clubitaly controllato da Tamburi stanno puntando anche su Wall Street e hanno previsto di portare i supermercati a un miliardo di fatturato entro il prossimo anno. Ma per evitare che si dica che sono speculazioni di bassa macelleria ecco il cotè culturale. La Eataly Media Srl è entrata con Feltrinelli nel capitale della Scuola Holden di Alessandro Baricco. Anfitrione dell'operazione è stato Marco Carrai, come dire Matteo Renzi. La ragione? Perché il cibo è cultura e la cultura serve al cibo che va raccontato. È così che si apparecchia la tavola il «giglio magico». Ah, per dessert ci sono le banane del ragazzo ugandese.

Ecco cosa c’era nell’indagine che doveva mirare a Salvini. Scarpinato querela Gallucci
Roberto Scarpinato (Imagoeconomica)
La presunta frode elettorale travolse i leghisti. Ma a processo è finito solo un «big» delle preferenze del centrosinistra. Il pm di allora conferma tutto. E va al contrattacco.

L’intervista a questo giornale della pm di Pesaro Anna Gallucci ha scosso il mondo politico e quello giudiziario. La toga ha denunciato il presunto indirizzo «politico» dato alla maxi inchiesta Voto connection della Procura di Termini Imerese, dove la donna lavorava, un’indagine che riguardava voto di scambio (riqualificato dal gip in attentato contro i diritti politici dei cittadini), favoritismi e promesse di lavoro in vista delle elezioni comunali e regionali del 2017. La pm ci ha rivelato che l’allora procuratore Ambrogio Cartosio (che ha definito la ricostruzione della ex collega come «falsa» e «fantasiosa») la avrebbe spronata a far arrestare due esponenti della lista «Noi con Salvini», specificando che «era un’iniziativa condivisa con il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato» e l’avrebbe, invece, invitata a chiedere l’archiviazione per altri soggetti legati al centro-sinistra. Ma la Gallucci non avrebbe obbedito. Un’«insubordinazione» che la donna collega ad alcune sue successive valutazioni negative da parte dei superiori e a una pratica davanti al Csm.

Veicoli a batteria +131% in Italia, cinesi in festa
Getty images
Performance a tripla cifra per Byd, Lynk&Co e Omoda/Jaecoo grazie agli incentivi.

Byd +535,3%, Lynk&Co +292,3%, Omoda/Jaecoo +386,5%, «altre» +419,2% e fra queste c’è Leapmotor, ovvero il partner cinese di Stellantis che raggiunge l’1,8% della quota di mercato solo a novembre. Lo scorso mese le immatricolazioni auto sono rimaste stabili nei confronti dello stesso periodo di un anno fa, tuttavia c’è stato un +131% circa delle vetture elettriche, grazie agli incentivi che hanno fatto felici i principali produttori di veicoli a batteria: i cinesi. Come emerge appunto dalle performance a tripla cifra messe a segno dai marchi dell’ex celeste impero. La quota di mercato delle auto elettriche è volata così nel mese al 12,2%, rispetto al 5,3% del novembre 2024.

«La spinta degli incentivi ha temporaneamente mitigato l’anomalia del mercato italiano, riavvicinandolo agli standard europei», sottolinea il presidente di Motus-E, Fabio Pressi. «Appurato l’interesse degli italiani per la mobilità elettrica, strumenti di supporto alla domanda programmatici e prevedibili conseguirebbero anche da noi risultati paragonabili a quelli degli altri grandi mercati Ue», osserva ancora Pressi, citando a titolo d’esempio «l’ormai improcrastinabile revisione della fiscalità sulle flotte aziendali».

Berlino frena Ursula sull’elettrico. «Le auto ibride anche dopo il 2035»
Friedrich Merz e Ursula von der Leyen (Ansa)
Pure Merz chiede a Bruxelles di cambiare il regolamento che tra un decennio vieterà i motori endotermici: «Settore in condizioni precarie». Stellantis: «Fate presto». Ma lobby green e socialisti europei non arretrano.

Il cancelliere Friedrich Merz ha annunciato che la Germania chiederà alla Commissione europea di modificare il regolamento europeo sul bando dei motori endotermici al 2035. Il dietrofront tedesco sul bando ai motori a combustione interna, storico e tardivo, prende forma in un grigio fine settimana di novembre, con l’accordo raggiunto fra Cdu/Csu e Spd in una riunione notturna della coalizione a Berlino.

I partiti di governo capiscono «quanto sia precaria la situazione nel settore automobilistico», ha detto Merz in una conferenza stampa, annunciando una lettera in questo senso diretta a Ursula von der Leyen. La lettera chiede che, oltre ai veicoli elettrici, dopo il 2035 siano ammessi i veicoli plug-in hybrid, quelli con range extender (auto elettriche con motore a scoppio di riserva che aiuta la batteria) e anche, attenzione, «motori a combustione altamente efficienti», secondo le richieste dei presidenti dei Länder tedeschi. «Il nostro obiettivo dovrebbe essere una regolamentazione della CO2 neutrale dal punto di vista tecnologico, flessibile e realistica», ha scritto Merz nella lettera.

La Consulta «sgrida» la Corte dei Conti. Superfluo il ricorso sulle pensioni
Ansa
Per la sentenza n.167, il «raffreddamento della perequazione non ha carattere tributario». E non c’era bisogno di ribadirlo.

L’aspettavano tutti al varco Giorgia Meloni, con quella sua prima legge finanziaria da premier. E le pensioni, come sempre, erano uno dei terreni più scivolosi. Il 29 dicembre di quel 2022, quando fu approvata la Manovra per il 2023 e fu evitato quell’esercizio provvisorio che molti commentatori davano per certo, fu deciso di evitare in ogni modo un ritorno alla legge Fornero e fra le varie misure di risparmio si decise un meccanismo di raffreddamento della perequazione automatica degli assegni pensionistici superiori a quattro volte il minimo Inps. La norma fu impugnata dalla Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna e da una ventina di ex appartenenti alle forze dell’ordine per una presunta violazione della Costituzione. Ma ora una sentenza della Consulta, confermando per altro una giurisprudenza che era già abbastanza costante, ha dato ragione al governo e all’Inps, che si era costituita in giudizio insieme all’Avvocatura generale dello Stato, proprio contro le doglianze del giudice contabile. Già, perché in base alle norme vigenti, non è stato necessaria la deliberazione di un collegio giudicante, ma è bastata la decisione del giudice monocratico della Corte dei Conti emiliana, Marco Catalano, esperto in questioni pensionistiche.

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