2020-08-25
Il Tesoro chiude in banca 70 miliardi per poi infilarsi nella trappola Mes
Il «conto» in Bankitalia è cresciuto del 55% durante il lockdown, nonostante il calo delle entrate fiscali. Però i giallorossi, invece di immettere liquidità nel sistema, vogliono chiedere prestiti al fondo Salvastati.La pausa estiva rischia di celare una dinamica importante nell'evoluzione della finanza pubblica dall'inizio dell'emergenza pandemica. Il saldo di Tesoreria - cioè il saldo del conto corrente che lo Stato detiene presso la Banca d'Italia con cui gestisce gli incassi e i pagamenti - è positivo per oltre 70 miliardi. Nei mesi del lockdown, tale saldo si è accresciuto di ben il 55%, essendo il 28 febbraio pari a 45 miliardi. Naturalmente, il saldo deve essere positivo, altrimenti si ricadrebbe nella monetizzazione del disavanzo, vietata per legge. Quello che rileva, tuttavia, è la sua entità oltre alla recente impennata.Questi dati riflettono, ovviamente, elementi stagionali come le scadenze di emissioni di titoli di Stato che drenano cassa, così come di nuovi collocamenti che l'accrescono. Ma il calendario delle redemption e dei collocamenti nel primo semestre dell'anno non ha presentato delle significative anomalie rispetto all'anno precedente. Vi sono, poi, le scadenze fiscali. Alcuni mesi, come quello di giugno, sono periodi in cui le casse erariali normalmente beneficiano di pingui entrate, ma nel caso in esame il governo ha rinviato alcune importanti scadenze fiscali previste per quel mese. Ne consegue che il saldo sarebbe stato più elevato a parità di altre condizioni, non più basso.Il livello del saldo appare, quindi, significativo. Ne segue che abbiamo una buona, grande notizia: alla data del 3 luglio scorso cui si riferiscono i dati recentemente pubblicati dalla Bce, vi sono 70 miliardi che, per la parte eccedente il livello fisiologico, giacciono inutilizzati nel conto corrente che lo Stato detiene presso la Banca centrale. Il livello del saldo è di 25 miliardi in più rispetto a fine febbraio, 56 in più rispetto a inizio anno, e, infine, 22,5 in più rispetto al 28 giugno dello scorso anno, la data più vicina per la quale il confronto è possibile nel 2019. Si tratta di risorse prontamente disponibili poiché giacenti sul conto corrente degli italiani, per definizione disponibili a vista, a differenza di quelle erogabili da qualsiasi prestatore terzo, come il Mes. Con questo, non si intende affermare che il tesoretto consista di 70 miliardi, dal momento che uno Stato, a maggior ragione se altamente indebitato, ha bisogno di detenere disponibilità liquide. Il punto è, semmai, che una discreta parte di quel saldo, eccedente il livello fisiologico, poteva - e ancora potrebbe - essere destinato a un uso più produttivo, data l'emergenza economica che attanaglia il Paese.A maggior ragione poiché l'Italia paga, nell'immediato, un tasso negativo su quel deposito, anche se successivamente rimborsato dalla Banca d'Italia per il tramite della distribuzione dei suoi utili. Ecco che chi sottolinea il vantaggio finanziario del prestito Mes, dovrebbe ancor più sostenere di utilizzare subito le risorse eccedenti che giacciono sul conto corrente di Tesoreria: nel primo caso si pagherebbe un tasso positivo ma quasi nullo; nel secondo, le risorse proprie giacenti inutilizzate presso la Banca d'Italia sono soggette, nell'immediato, a un tasso addirittura oneroso. L'altro aspetto, non meno sorprendente, è che si tratta di un fenomeno, nel complesso, comune al resto dell'Eurozona, il cui saldo attivo complessivo è più che raddoppiato dai 297 miliardi del 28 febbraio ai 703 miliardi del 3 luglio. L'incremento mette in evidenza due elementi preoccupanti: il primo è che i governi dell'Eurozona, impegnati nel mettere a punto i programmi da implementare nei prossimi anni - come il Recovery fund - hanno nel frattempo accumulato risorse inutilizzate sui propri conti. Il secondo è l'impatto sulle politiche espansive della Bce: da un lato quest'ultima si proietta sempre più alla frontiera del proprio mandato, dall'altro i governi ne mitigano fortemente gli effetti espansivi trattenendo preziosa liquidità per la parte eccedente il livello fisiologico dei propri saldi. Dall'inizio della pandemia, nel periodo da marzo a giugno, la Bce ha acquistato 366 miliardi di asset nell'ambito del programma non convenzionale Pepp per fronteggiare gli effetti deflazionistici del Covid-19. Ebbene, tale sforzo è stato vanificato dall'accrescimento che si è registrato nel saldo di Tesoreria dell'Eurozona dall'inizio del Pepp, pari a 406 miliardi. Naturalmente, su questo incremento avranno contribuito dei fattori idiosincratici che meritano un approfondimento, ma rimane la conclusione che lo sforzo della Bce di iniettare maggiore liquidità nel sistema durante la pandemia appare sterilizzato dalla liquidità che i governi le restituiscono sotto forma di maggiori saldi nei rispettivi depositi di conto corrente. Nelle more di un dibattito che dovrebbe essere al più presto avviato, è ragionevole ipotizzare che ragioni precauzionali abbiano contribuito al fenomeno in questione. Tuttavia, l'economia dei governi non è meramente riducibile a quella di un'unità familiare. In periodi di grave crisi è fondamentale che agli stanziamenti contabili corrisponda un aumento della velocità con cui le risorse vengono messe in circolo. Questo è ancor più cruciale per un Paese come l'Italia, la cui pubblica amministrazione ha il record di peggior pagatore della Ue. Per fronteggiare gli effetti della crisi finanziaria del 2007-09, l'amministrazione americana dimezzò i tempi di pagamento della pubblica amministrazione esattamente con questo intento. È ora che anche in Italia si estenda l'attenzione dalla quantità delle risorse tecnicamente stanziate alla velocità con cui tali risorse vengono immesse nel sistema.@domeniclombardi
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)