
Il presidente della Cassa propone la modifica allo statuto per avere più deleghe in vista di una riconfermata targa M5s. Il premier Paolo Gentiloni fa bocciare l'operazione e lavora a nomi di manager condivisi anche da altre forze politiche. Spaventano le mosse della Consob.Forte dell'operazione in Tim, sostenuta da una buona parte del Pd, da almeno metà governo in carica e soprattutto dal M5s, Claudio Costamagna ha tentato il blitz. Da presidente di Cassa depositi e prestiti ha proposta nel recente consiglio di amministrazione una modifica allo statuto della Cassa. Qualche piccolo dettaglio dall'effetto però sostanziale. In pratica, la mossa dell'ex renziano, già prodiano e ora molto simpatizzante grillino, sarebbe valsa lo spostamento di deleghe dalla carica di amministratore delegato a quella di presidente. Con l'obiettivo di rendere il prossimo numero uno di Cdp non più una figura di riferimento e di giunzione con la politica, ma anche un manager operativo a tutti gli effetti. L'intento di Costamagna non è però troppo altruistico, ma pare mirato a rendere la sua figura molto più potente, dando quasi per scontata la propria riconferma al vertice. Dopo un incontro con Luigi Di Maio, promosso da Stefano Buffagni, uno dei principali organizzatori di lista per i 5 stelle, ad avanzare nel ruolo di ad c'è Fabrizio Palermo, attuale direttore finanziario di Cdp. Mentre Salvatore Sardo, ora Coo della Cassa, potrebbe scalare in su di un gradino. La scelta di Costamagna servirebbe però a consolidare la sua figura anche nel caso in cui il M5s non dovesse fare filotto. A rompere le uova nel paniere è però arrivato il Tesoro, che con mossa inusuale ha bocciato unilateralmente la modifica allo statuto di Cdp. Ad armare il ministero dell'Economia non è stato tanto Pier Carlo Padoan, ma direttamente Paolo Gentiloni. Che nei giorni scorsi, in occasione della presentazione del Def, ha tenuto anche un incontro riservato dedicando parte dei colloqui al futuro della Cassa. Presente, oltre a Padoan, anche Francesco Rutelli, in qualità di padre nobile della Margherita. La volontà di Gentiloni è quella di arrivare al 23 maggio (data dell'assemblea di Cdp) con un nome che non sia di espressione esclusivamente grillina, ma condiviso pure dal centrodestra (soprattutto Lega), e ben accolto dal presidente Sergio Mattarella. Da qui la necessità di scandagliare nel mondo che ancora oggi fa riferimento alla Margherita. Soprattutto l'attuale presidente del Consiglio non sembra vedere di buon occhio la riconferma del presidente, per una serie di dossier che potrebbero mettere in imbarazzo politico un esecutivo misto (magari la prosecuzione dello stesso governo Gentiloni), soprattutto se impegnato a ragionare su una legge elettorale, e quindi ogni giorno impegnato per mantenere l'equilibrio parlamentare. Innanzitutto, qualcuno potrebbe chiedere conto di tutti gli investimenti discutibili di Cdp destinati all'acquisto di resort turistici. Poi c'è il conflitto d'interessi di Costamagna che nel marzo del 2017 entra nel cda di Athena partecipazioni, la cassaforte di Pietro Salini, salvo poi votare a settembre un finanziamento da 300 milioni al gruppo emiratino Meydan da destinare al pagamento della gara d'appalto per la costruzione di un centro commerciale vinta da Salini Impregilo. Senza dimenticare le questioni Saipem e Tim. A gennaio del 2016 Cdp equity acquisì il 12,5% di Saipem da Eni per un totale di circa 900 milioni. A pagarne il conto è stata Cdp, che ha dovuto più volte svalutare la quota e gli azionisti che ora si ritrovano ad avere un dossier di Consob aperto contro il maxi aumento di capitale da 3,5 miliardi resosi necessario per il rilancio della società energetica nel 2016. Se Mario Nava, il presidente di Consob che ha preso il posto di Giuseppe Vegas, decidesse di allargare il faro anche su Cdp il clamore politico si abbatterebbe anche su Fabrizio Palermo in quanto direttore finanziario. Ma a preoccupare Gentiloni sarebbe ancor di più l'altro fascicolo aperto da Nava e riguardante le indiscrezioni diffuse dalla stampa sulla decisione di Cdp di acquisire fino al 5% di Tim. Le notizie anticipate dalla stampa hanno fatto schizzare il titolo a scapito del denaro dei correntisti postali che forniscono di liquidità il gigante Cdp. Si tratta di due fascicoli estremamente delicati, già finiti sulla scrivania di Nava a meno di due mesi dall'insediamento. Due inchieste che da sole pesano più di tutti i dossier aperti da Vegas nel suo mandato, tanto che alcuni osservatori fanno notare che la mossa di Nava di rimanere distaccato dall'Ue per tre anni (l'incarico è di sette) sarebbe legata alla necessità di avere le mani libere per intervenire su alcune partite senza dover rendere conto a nessuno. Ne consegue che le future nomine (che con maggiore probabilità ricadranno sulle spalle di Gentiloni) non potranno non tenere conto di tali variabili e del parere di Giuseppe Guzzetti al quale, da presidente Acri, spetta la nomina formale del presidente Cdp.
Cartelli antisionisti affissi fuori dallo stadio dell'Aston Villa prima del match contro il Maccabi Tel Aviv (Ansa)
Dai cartelli antisionisti di Birmingham ai bimbi in gita nelle moschee: i musulmani spadroneggiano in Europa. Chi ha favorito l’immigrazione selvaggia, oggi raccoglie i frutti elettorali. Distruggendo le nostre radici cristiane.
Uno spettro si aggira per il mondo: lo spettro dell’islamo-socialismo. Da New York a Birmingham, dalle periferie francesi alle piazze italiane, cresce ovunque la sinistra di Allah, l’asse fra gli imam dei salotti buoni e quelli delle moschee, avanti popolo del Corano, bandiera di Maometto la trionferà. Il segno più evidente di questa avanzata inarrestabile è la vittoria del socialista musulmano Zohran Mamdani nella città delle Torri Gemelle: qui, dove ventiquattro anni fa partì la lotta contro la minaccia islamica, ora si celebra il passo, forse definitivo, verso la resa dell’Occidente. E la sinistra mondiale, ovviamente, festeggia garrula.
Il neo sindaco di New York Zohran Mamdani (Ansa)
Il sindaco di New York non è un paladino dei poveri e porta idee che allontanano sempre più i colletti blu. E spaccano l’Asinello.
La vulgata giornalistica italiana sta ripetendo che, oltre a essere uno «schiaffo» a Donald Trump, la vittoria di Zohran Mamdani a New York rappresenterebbe una buona notizia per i diritti sociali. Ieri, Avvenire ha, per esempio, parlato in prima pagina di una «svolta sociale», per poi sottolineare le proposte programmatiche del vincitore: dagli autobus gratuiti al congelamento degli affitti. In un editoriale, la stessa testata ha preconizzato un «laboratorio politico interessante», sempre enfatizzando la questione sociale che Mamdani incarnerebbe.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 7 novembre con Carlo Cambi
Il luogo dell'accoltellamento a Milano. Nel riquadro, Vincenzo Lanni (Ansa)
Nei principali Paesi europei, per essere riconosciuto «pericoloso» basta la segnalazione di un medico. Qui invece devi prima commettere un delitto. E pure in questo caso non è detto che una struttura ti accolga.
Vincenzo Lanni, l’accoltellatore di Milano, aveva già colpito. Da condannato era stato messo alla Rems, la residenza per le misure di sicurezza, poi si era sottoposto a un percorso in comunità. Nella comunità però avevano giudicato che era violento, pericoloso. E lo avevano allontanato. Ma allontanato dove? Forse che qualcuno si è preso cura di Lanni, una volta saputo che l’uomo era in uno stato di abbandono, libero e evidentemente pericoloso (perché se era pericoloso in un contesto protetto e familiare come quello della comunità, tanto più lo sarebbe stato una volta lasciato libero e senza un riparo)?






