
La straripante moglie e agente di Mauro Icardi sfida Beppe Marotta dallo studio di Tiki Taka: «Cattiverie su Mauro dalla società». Poi chiede più soldi e detta il modulo a Spalletti. Ma l'ad non abbocca e prepara il conto: «Gestiremo al meglio la situazione».Un pesce di nome Wanda. Un giorno sirenetta e l'altro squalo, la moglie e agente di Mauro Icardi (depresso centravanti dell'Inter), è sempre più centrale nella foto ricordo della squadra nerazzurra. Accosciata perché non altissima, la signora prende campo più di Radja Nainggolan grazie a due particolarità vincenti: vive praticamente sui social network, dove si occupa del contratto del marito, e dal suo ufficio televisivo di Tiki Taka spiega a Luciano Spalletti come impiegarlo per farlo tornare dominante in area di rigore. Abbigliata con il fascino popolano d'una Sophia Loren di Instagram, la soubrette argentina sguazza fra i palinsesti e guizza fra le polemiche completamente a proprio agio, senza preoccuparsi delle penombre e del sottotono, habitat naturale dei manager fumo di Londra alla Beppe Marotta. Gestirla è un'impresa titanica, l'effetto ballatoio è assicurato. Wanda dribbla e spiazza, Wanda conquista il primo piano con la pelliccia bianca e i jeans tagliati. Wanda bacia e abbraccia il suo Maurito al novantesimo, lo consola e gli promette di riuscire a portare a casa il 50% in più di stipendio nonostante in campo sia un mezzo disastro. Lui non segna su azione da due mesi e mezzo, ha fin qui collezionato meno della metà dei gol della scorsa stagione e soprattutto mette insieme prestazioni sgangherate, con scatti senza un domani e tiri diretti al Lorenteggio, accompagnati dallo sguardo spento di chi ha perso gli amici e la corriera. Eppure, secondo Wanda Nara, l'Inter dovrebbe avere come priorità l'adeguamento del suo contratto: da 5 milioni a 10, neanche fosse Cristiano Ronaldo o Harry Kane. Il vecchio accordo è valido ancora per due anni e mezzo, ma lady Wanda ha deciso che così non va, il compenso è da straccioni, un top player come Mauro merita molto di più anche dei 7 milioni proposti dal club. Ma più lei chiede, peggio lui gioca, evidentemente condizionato da una trattativa imbastita in mondovisione. Tutto davanti a una squadra esterrefatta, di cui Icardi dovrebbe essere in teoria capitano anche per equilibrio e sobrietà. L'ultimo capitolo della saga è andato in onda domenica sera a Tiki Taka, il tinello pubblico della Nara su Canale 5. «Spalletti non ce l'aveva con me, io non ho parlato del rinnovo, quando la società mi ha chiamato era per conoscersi meglio e per parlare di altre cose. Escono tante cavolate intorno a Mauro, per esempio una multa inesistente o Icardi seduto a vedere una partita accanto all'ex capitano Xavier Zanetti e a Piero Ausilio (River Plate-Boca Juniors a Madrid). Vorrei che Mauro fosse più tutelato dalla squadra. Non si capisce se queste cose siano cattiverie che vengono da dentro o da fuori».Un morso letale da squalo tigre, una singolare chiamata di responsabilità collettiva, perché la presenza di Icardi al Bernabeu a tre giorni dalla decisiva partita di Champions con il Psv Eindhoven (pareggio ed eliminazione) fu immortalata da un'allegra Instagram story della stessa signora con l'ambizione da influencer. Quanto al digiuno di gol, ecco la spiegazione: «Parliamo del niente, Mauro i gol li ha sempre fatti. A Parma, Lautaro Martinez ha segnato anche per un grande movimento di Mauro, che è stato servito poco in questo periodo. Magari Spalletti poteva mettere prima Lautaro: il tecnico approfitti del fatto che lui e Mauro sono amici, fra loro non c'è rivalità».Riassumendo, Wanda chiede a Marotta di pagare molto di più suo marito, chiede agli altri giocatori di stare nella cesta e chiede all'allenatore di utilizzare il modulo a due punte e pensionare la nutrita collezione di esterni. La signora è generosa, si mette sempre nei panni degli altri senza temere un'incriminazione per furto di vestiti. Uno sciamano Cheyenne direbbe che ha «un'ombra molto lunga». Doveva averla anche in famiglia visto che la sorella di Icardi, Ivana (a sua volta star dei social), tre giorni fa ha postato su Twitter la foto della vecchia fidanzata del bomber con il commento: «Quando avevo una cognata bella e brava. Che bei momenti... Poi è arrivata la peggior cosa che poteva capitare alla mia famiglia». Wanda si è sentita chiamata in causa e ha replicato: «Giudicare una persona non la definisce, ma definisce chi sei tu».Mauro Icardi ha tutta la nostra comprensione perché riuscire a concentrarsi sui cross di Ivan Perisic, sui rientri a centrocampo e sui colpi di testa sotto la traversa in questo volare di stracci dev'essere un'impresa titanica. Forse anche per questo nella testa dei dirigenti dell'Inter (e dei silenziosi, rarefatti proprietari cinesi) si sta facendo largo l'idea non del tutto malsana di lasciar partire l'intero circo per altri lidi. Non sembra essere d'accordo Spalletti, più preoccupato dal digiuno del suo bomber che dalla spettacolare sovraesposizione della moglie. Fra due giorni torna anche l'Europa league (da onorare fino in fondo per non rischiare il benservito) e il cannoniere gli manca da morire. Per questo il tecnico vorrebbe che l'Inter staccasse l'assegno per farlo contento e dopo la vittoria di Parma si è lasciato andare a una frase irrituale: «I direttori ora devono definire il suo contratto, c'è qualcosa che lo disturba». Invasione di campo in perfetto stile Wanda, per far sapere che lui sta con lo spogliatoio. Marotta, arrivato dall'ovattato santuario della Juventus in una società che somiglia a una vociante fermata della metropolitana, si ritrova con il doppiopetto stropicciato ma non fa un plissè. «Ho sentito Spalletti per telefono, avremo modo di parlare al più presto, gestiremo la situazione nel modo migliore e nell'interesse di tutti. Il rinnovo di Icardi non è assolutamente un problema. Quello che dovevamo dire lo abbiamo già detto, smentisco che possa esserci un caso. A Parma abbiamo ritrovato la convinzione smarrita, brava la squadra e bravo l'allenatore». L'uomo è mite, ma determinato, sta prendendo appunti. Detesta gli effetti da cortile, i pesci fuori dall'acquario e a giugno non farà sconti. Né agli allenatori psycho, né ai giocatori da Montessori. E neppure alle mogli.
Francobollo sovietico commemorativo delle missioni Mars del 1971 (Getty Images)
Nel 1971 la sonda sovietica fu il primo oggetto terrestre a toccare il suolo di Marte. Voleva essere la risposta alla conquista americana della Luna, ma si guastò dopo soli 20 secondi. Riuscì tuttavia ad inviare la prima immagine del suolo marziano, anche se buia e sfocata.
Dopo il 20 luglio 1969 gli americani furono considerati universalmente come i vincitori della corsa allo spazio, quella «space race» che portò l’Uomo sulla Luna e che fu uno dei «fronti» principali della Guerra fredda. I sovietici, consapevoli del vantaggio della Nasa sulle missioni lunari, pianificarono un programma segreto che avrebbe dovuto superare la conquista del satellite terrestre.
Mosca pareva in vantaggio alla fine degli anni Cinquanta, quando lo «Sputnik» portò per la prima volta l’astronauta sovietico Yuri Gagarin in orbita. Nel decennio successivo, tuttavia, le missioni «Apollo» evidenziarono il sorpasso di Washington su Mosca, al quale i sovietici risposero con un programma all’epoca tecnologicamente difficilissimo se non impossibile: la conquista del «pianeta rosso».
Il programma iniziò nel 1960, vale a dire un anno prima del lancio del progetto «Gemini» da parte della Nasa, che sarebbe poi evoluto nelle missioni Apollo. Dalla base di Baikonur in Kazakhistan partiranno tutte le sonde dirette verso Marte, per un totale di 9 lanci dal 1960 al 1973. I primi tentativi furono del tutto fallimentari. Le sonde della prima generazione «Marshnik» non raggiunsero mai l’orbita terrestre, esplodendo poco dopo il lancio. La prima a raggiungere l’orbita fu la Mars 1 lanciata nel 1962, che perse i contatti con la base terrestre in Crimea quando aveva percorso oltre 100 milioni di chilometri, inviando preziosi dati sull’atmosfera interplanetaria. Nel 1963 sorvolò Marte per poi perdersi in un’orbita eliocentrica. Fino al 1969 i lanci successivi furono caratterizzati dall’insuccesso, causato principalmente da lanci errati e esplosioni in volo. Nel 1971 la sonda Mars 2 fu la prima sonda terrestre a raggiungere la superficie del pianeta rosso, anche se si schiantò in fase di atterraggio. Il primo successo (ancorché parziale) fu raggiunto da Mars 3, lanciato il 28 maggio 1971 da Baikonur. La sonda era costituita da un orbiter (che avrebbe compiuto orbitazioni attorno a Marte) e da un Lander, modulo che avrebbe dovuto compiere l’atterraggio sulla superficie del pianeta liberando il Rover Prop-M che avrebbe dovuto esplorare il terreno e l’atmosfera marziani. Il viaggio durò circa sei mesi, durante i quali Mars 3 inviò in Urss preziosi dati. Atterrò su Marte senza danni il 2 dicembre 1971. Il successo tuttavia fu vanificato dalla brusca interruzione delle trasmissioni con la terra dopo soli 20 secondi a causa, secondo le ipotesi più accreditate, dell’effetto di una violenta tempesta marziana che danneggiò l’equipaggiamento di bordo. Solo un’immagine buia e sfocata fu tutto quello che i sovietici ebbero dall’attività di Mars 3. L’orbiter invece proseguì la sua missione continuando l’invio di dati e immagini, dalle quali fu possibile identificare la superficie montagnosa del pianeta e la composizione della sua atmosfera, fino al 22 agosto 1972.
Sui giornali occidentali furono riportate poche notizie, imprecise e incomplete a causa della difficoltà di reperire notizie oltre la Cortina di ferro così la certezza dell’atterraggio di Mars 3 arrivò solamente dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991. Gli americani ripresero le redini del successo anche su Marte, e nel 1976 la sonda Viking atterrò sul pianeta rosso. L’Urss abbandonò invece le missioni Mars nel 1973 a causa degli elevatissimi costi e della scarsa influenza sull’opinione pubblica, avviandosi verso la lunga e sanguinosa guerra in Afghanistan alla fine del decennio.
Continua a leggereRiduci
Il presidente torna dal giro in Francia, Grecia e Spagna con altri missili, caccia, radar, fondi energetici. Festeggiano i produttori di armi e gli Stati: dopo gli Usa, la Francia è la seconda nazione per export globale.
Il recente tour diplomatico di Volodymyr Zelensky tra Atene, Parigi e Madrid ha mostrato, più che mai, come il sostegno all’Ucraina sia divenuto anche una vetrina privilegiata per l’industria bellica europea. Missili antiaerei, caccia di nuova generazione, radar modernizzati, fondi energetici e contratti pluriennali: ciò che appare come normale cooperazione militare è in realtà la struttura portante di un enorme mercato che non conosce pause. La Grecia garantirà oltre mezzo miliardo di euro in forniture e gas, definendosi «hub energetico» della regione. La Francia consegnerà 100 Rafale F4, sistemi Samp-T e nuove armi guidate, con un ulteriore pacchetto entro fine anno. La Spagna aggiungerà circa 500 milioni tra programmi Purl e Safe, includendo missili Iris-T e aiuti emergenziali. Una catena di accordi che rivela l’intreccio sempre più solido tra geopolitica e fatturati industriali. Secondo il SIPRI, le importazioni europee di sistemi militari pesanti sono aumentate del 155% tra il 2015-19 e il 2020-24.
Imagoeconomica
Altoforno 1 sequestrato dopo un rogo frutto però di valutazioni inesatte, non di carenze all’impianto. Intanto 4.550 operai in Cig.
La crisi dell’ex Ilva di Taranto dilaga nelle piazze e fra i palazzi della politica, con i sindacati in mobilitazione. Tutto nasce dalla chiusura dovuta al sequestro probatorio dell’altoforno 1 del sito pugliese dopo un incendio scoppiato il 7 maggio. Mesi e mesi di stop produttivo che hanno costretto Acciaierie d’Italia, d’accordo con il governo, a portare da 3.000 a 4.450 i lavoratori in cassa integrazione, dato che l’altoforno 2 è in manutenzione in vista di una futura produzione di acciaio green, e a produrre è rimasto solamente l’altoforno 4. In oltre sei mesi non sono stati prodotti 1,5 milioni di tonnellate di acciaio. Una botta per l’ex Ilva ma in generale per la siderurgia italiana.
2025-11-20
Mondiali 2026, il cammino dell'Italia: Irlanda del Nord in semifinale e Galles o Bosnia in finale
True
Getty Images
Gli azzurri affronteranno in casa l’Irlanda del Nord nella semifinale playoff del 26 marzo, con eventuale finale in trasferta contro Galles o Bosnia. A Zurigo definiti percorso e accoppiamenti per gli spareggi che assegnano gli ultimi posti al Mondiale 2026.





