2019-07-11
Il taglio del numero dei parlamentari scaccia il fantasma del voto anticipato
Penultimo passaggio sulla riduzione di deputati e senatori. Con meno poltrone disponibili, la crisi di governo si allontana.Il giorno del taglio dei parlamentari è anche quello in cui si riducono al lumicino le possibilità di elezioni anticipate, ed è pure, con ogni probabilità, la data che segna l'ingresso di Fratelli d'Italia in maggioranza. Oggi al Senato è previsto il voto in terza lettura del disegno di legge costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari: favorevoli Lega, M5s e Fdi, contrari Pd e Forza Italia (ma tra i berlusconiani la discussione ieri sera era ancora aperta). Le opposizioni ieri hanno tentato di anticipare il voto, sperando che le assenze tra i parlamentari di maggioranza potessero portare al flop, considerato che occorre la maggioranza assoluta, ovvero 161 voti favorevoli: nulla da fare, la conferenza dei capigruppo ha confermato il calendario e quindi oggi alle 9 e 30 inizieranno le dichiarazioni di voto, e a seguire ci sarà la votazione. Terza lettura, quindi penultima: la quarta, alla Camera, sarà l'ultima. Con l'approvazione definitiva del ddl, il numero complessivo dei parlamentari italiani scenderà da 945 a 600. I senatori passeranno da 315 a 200, di cui 4 eletti all'estero, mentre è fissato a 5 il numero massimo dei senatori a vita; il numero dei deputati, invece, scenderà da 630 a 400. «Domani, giovedì 11 luglio (oggi per chi legge, ndr)» ha scritto sul blog del M5s il ministro per i Rapporti con il parlamento e le riforme, Riccardo Fraccaro, «il Senato voterà sul taglio del numero dei parlamentari e poi passerà a Montecitorio per l'approvazione definitiva. È una riforma epocale che renderà più efficienti le Camere e farà risparmiare ai cittadini 500 milioni di euro a legislatura. La maggioranza andrà avanti compatta. Spiace che le opposizioni, Pd e Forza Italia, perdano l'ennesima occasione per essere coerenti visto che si sono sempre dette a favore del taglio. Noi manteniamo gli impegni con gli italiani. Con 400 deputati e 200 senatori», ha aggiunto Fraccaro, «i cittadini avranno un rapporto più accurato con i propri rappresentanti in Parlamento, potendo così esercitare un controllo più puntuale del loro operato. Grazie a questa riforma l'Italia non sarà più il Paese con il più alto numero di rappresentati direttamente eletti d'Europa e si darà una decisa sforbiciata ai costi della politica. C'è da augurarsi la più ampia condivisione possibile tra le forze politiche. Prendiamo atto che il Pd, contraddicendo qualunque sua promessa, ha deciso di votare contro e Forza Italia, che in precedenza aveva votato il testo sia al Senato che alla Camera», ha concluso Fraccaro, «ha deciso di voltare le spalle ai cittadini».«Il cavallo magro», ha sostenuto il relatore del ddl costituzionale, il senatore della Lega Roberto Calderoli, «corre più forte e salta in alto. Con questa riforma il Parlamento sarà più forte e quindi lo sarà anche la nostra democrazia. Mi auguro che nessuno, dopo l'ok delle Camere, proponga il referendum confermativo su una riforma così condivisa dall'opinione pubblica. L'obiettivo della riforma è duplice: favorire il miglioramento delle proposte decisionali», ha aggiunto Calderoli, «e dare alle Camere organi più snelli che costano meno».Dunque, si vota, e non è certo che Forza Italia, oggi, si schiererà contro il ddl. A quanto risulta alla Verità, infatti, Mara Carfagna, vicepresidente della Camera e coordinatore nazionale del partito insieme a Giovanni Toti, ieri si è espressa a favore del taglio dei parlamentari, cercando di convincere il partito a non apparire come la ridotta dei difensori della casta, insieme al Pd e a Leu. Chi invece ha annunciato il voto favorevole è Giorgia Meloni: «Fratelli d'Italia», ha detto ieri la Meloni, «conferma il voto favorevole al taglio dei parlamentari anche in terza lettura al Senato e se il provvedimento passerà sarà grazie a noi, visto che la maggioranza necessaria è di 161 voti, la maggioranza ne ha 164, ma ci sono alcuni senatori in missione e quindi è appesa a un voto. Il voto favorevole», ha aggiunto la Meloni, «non era scontato e c'è il rischio che il disegno di legge costituzionale non passi se le opposizioni si compattano».Una volta approvato definitivamente il ddl costituzionale (la quarta lettura alla Camera è prevista per settembre) sarà estremamente difficile, per usare un eufemismo, convincere deputati e senatori a far cadere il governo rischiando le elezioni anticipate con le poltrone a disposizione ridotte di più di un terzo. Dunque, ci si organizza, sia dalle parti del M5s che da quelle del Pd. Partiamo dai pentastellati: grandi manovre in corso alla Camera, dove si segnala una frenetica attività di Carla Ruocco, presidente della commissione Finanze. Intorno alla Ruocco si starebbe aggregando un cospicuo numero di deputati altamente insoddisfatti del trattamento ricevuto da Luigi Di Maio, che non li riceve, non risponde al telefono, in sostanza non li tiene nella minima considerazione. I numeri per formare un gruppo autonomo (20 deputati) ci sarebbero già: l'obiettivo è costituire un soggetto parlamentare equidistante da Lega e M5s che possa far pesare le proprie idee. Un gruppo, si badi bene, che non farebbe riferimento al presidente della Camera, Roberto Fico, considerato inaffidabile perché assai restio a mettere in discussione la sua carica. Dunque, se questo gruppo vedrà la luce (qualcosa potrà accadere già entro la fine del mese) si porrà come «terza gamba» critica della maggioranza, equidistante tra Lega e M5s. Al Senato, questo gruppo verrebbe guidato dall'ex M5s Gregorio De Falco. Movimenti tellurici anche nel Pd: il renzianissimo senatore Mauro Del Barba starebbe sondando il terreno per la costituzione di un nuovo soggetto, quel partito di Matteo Renzi del quale si parla ormai da tempo. Non è escluso che, se la legislatura dovesse proseguire, l'ex rottamatore costituisca comunque un gruppo autonomo in parlamento, abbandonando il Pd, dal quale è stato già, in effetti, abbandonato.