2021-10-10
Alla buon’ora: adesso tutti dicono
che il green pass è un gran caos
Dagli industriali agli imprenditori fino a Luca Zaia e Massimiliano Fedriga arrivano richieste di modifica. Prima chi osava criticare era un «no vax»Ora, all'improvviso, è concesso dirlo: il green pass, fra pochi giorni, genererà il caos totale. Se ne stanno accorgendo in tanti, tantissimi. A porre il problema, e ne abbiamo dato notizia ieri, ci sono gli industriali: dal vertice di Confindustria Emilia Romagna, Valter Caiumi, fino a Leopoldo Destro di Assindustria Veneto. Nello stesso momento - e questo dà l'idea dell'ampiezza del fronte critico - si mobilita pure il sindacato. Il segretario generale della Fiom Valle d'Aosta, Fabrizio Graziola, ieri ha dichiarato che «dal 15 ottobre potrebbe succedere che alcune aziende si trovino a dover affrontare una riduzione del personale. Se ciò accadesse ci troveremmo davanti a uno stop della produzione, che a sua volta significherebbe niente lavoro».Sempre ieri, al gruppo si è aggiunto Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia. Il ragionamento dei professionisti dell'agroalimentare è piuttosto semplice: «Abbiamo sempre sostenuto il green pass come strumento di transizione verso la vaccinazione a tappeto e considerato giusto responsabilizzare chi per ideologia non si vaccina», dicono. «Ma così come scritta la norma dal 15 ottobre è inapplicabile. Le regole assurde sulla privacy impediscono all'azienda di registrare chi ha il green pass e chi no, rendendo inapplicabile ogni automazione nei controlli in entrata e caricando di lavoro impossibile e responsabilità le aziende. Ancora più inaccettabile prevedere che sia il datore di lavoro a comunicare alla prefettura il nominativo del lavoratore non vaccinato per far applicare la sanzione. Troppo comodo che si introducano norme contorte per non andare dritto sulla unica strada seria dell'obbligo vaccinale e poi si scarichi su altri l'applicazione».Come vedete, ciascuno ha le sue perplessità, ciascuno fa emergere gli inghippi che lo toccano da vicino, e che appaiono insormontabili ora che la scadenza del 15 ottobre incombe. Non è un caso che le Regioni abbiano raccolto il malcontento, paventino il «rischio caos» e abbiano chiesto di «riorganizzare il sistema di rilascio dei green pass dopo l'esecuzione dei tamponi, allungando ulteriormente i tempi di validità e dare la possibilità alle imprese di organizzarsi anche autonomamente per l'esecuzione dei test, oltre al supporto delle farmacie».Due governatori di peso come Luca Zaia e Massimiliano Fedriga hanno approfondito ulteriormente sul punto. Secondo il presidente della Regione Veneto, fra una settimana «scoppierà il caos» nelle aziende. «Non saremo in grado di offrire a tutti i non vaccinati un tampone ogni 48 ore», ha detto Zaia. «Gli imprenditori con cui parlo io sono preoccupatissimi». Fedriga chiede che il governo intervenga «tempestivamente per consentire alle imprese di organizzarsi», altrimenti sarà il pandemonio.Quelli illustrati da industriali, imprenditori, governatori, sindacati (a cui si aggiungono le forze dell'ordine, gli autotrasportatori, la grande distribuzione e numerose altre categorie professionali) sono esattamente i problemi che La Verità mette in luce da settimane, facendo notare che andrebbero risolti onde non produrre disastri. Che dall'introduzione del lasciapassare potesse in effetti scaturire un guazzabuglio, d'altronde, è risultato evidente fin da subito. Ma molti, all'inizio, hanno fatto finta di non sentire. La proposta della carta verde lanciata dal governo è stata accompagnata dall'immediata demonizzazione dei critici: chiunque osasse esprimere dubbi veniva bollato come no vax e sabotatore, attaccato con ferocia dai giornali, compresi quelli amici.È capitato, come era prevedibile, a Matteo Salvini, che da subito ha espresso profonde perplessità sul green pass, ed è stato di conseguenza presentato come un fiancheggiatore degli antivaccinisti, al pari di Giorgia Meloni. Il capo leghista è stato trattato da pericoloso sovversivo, ma si era limitato a far presente che la misura avrebbe generato disastri. E infatti… Mentre Salvini veniva massacrato dai media sanitarizzati, editorialisti e commentatori portavano in palmo di mano i governatori leghisti, presentati come alternativa «responsabile» al leader appannato. «Ah, Zaia e Fedriga, loro sì che sono bravi e ragionevoli, e infatti approvano la carta verde», scrivevano i giornali progressisti. Ebbene, ora anche Zaia e Fedriga fanno notare - con pacatezza estrema e con altrettanta ragionevolezza - che il tesserino potrebbe rivelarsi un grave danno per l'economia, un freno alla ripresa e una iattura per le aziende. Dunque tocca decidersi: i due governatori leghisti sono divenuti all'improvviso impresentabili oppure è il caso di ascoltarli con pazienza e serietà?Anche il sindacato - ironia della sorte - ha subito lo stesso trattamento riservato a Salvini. Ha mosso critiche all'impianto del green pass, e subito sono partiti gli assalti contro i vertici della Triplice: «No vax, fiancheggiatori, collaborazionisti!». Adesso - mirabile dictu - pure gli imprenditori e gli industriali si collocano su posizioni non troppo dissimili.Tutto ciò ci dovrebbe suggerire almeno due conclusioni. La prima è che, forse, esiste presso le istituzioni e i partiti un non piccolo problema di ascolto. Se tutto ciò che dicono Salvini e la destra dev'essere avversato in automatico o ridotto a «propaganda no vax», significa semplicemente che si sta togliendo voce a una parte fondamentale della nazione. Cioè che non si stanno prendendo in considerazione le esigenze di gente che lavora, produce e pretende la possibilità di vivere in modo decente. La seconda conclusione a cui giungere riguarda nello specifico il green pass: mancano ancora pochi giorni all'effettiva entrata in vigore. Se proprio non lo si vuole cancellare per non ammetterne il fallimento, sarebbe il caso di esaminare l'idea di modificarne i connotati. Estendere a 72 ore la validità del tampone non sarebbe certo sufficiente, ma sarebbe un buon inizio. Anche se lo dice Salvini.
Jose Mourinho (Getty Images)