2022-04-28
«Il Sì ai referendum è il primo passo per la riforma vera»
Carlo Nordio (Imagoeconomica)
Il magistrato Carlo Nordio: «Il testo della Cartabia è largamente insufficiente, c’è molto da cambiare. Csm sempre prigioniero delle correnti».È già operativo il Comitato per il Sì ai cinque referendum sulla giustizia che saranno votati il 12 giugno, assieme ai sindaci di molte città. Lo presiede Carlo Nordio, ex procuratore aggiunto di Venezia, che in carriera si occupò di Brigate rosse, Tangentopoli, coop rosse, Mose prima di diventare presidente della Commissione per la riforma del codice penale; lo compongono i professori Giovanni Guzzetta e Bartolomeo Romano (vicepresidente) e gli avvocati Andrea Pruiti Ciarello e Gippy Rubinetti. Dottor Nordio, chi le ha proposto e perché ha accettato la presidenza del Comitato per il sì ai referendum sulla giustizia? «La mia indicazione è emersa nell’ambito di una serie di dibattiti organizzati dalla Fondazione Einaudi, del cui consiglio di amministrazione faccio parte. Personalmente ho rilevato che vi erano giuristi assai più prestigiosi e autorevoli di me, ma è prevalsa la considerazione che 40 anni di esperienza come pubblico ministero mi rendessero interlocutore valido per discutere gli aspetti pratici conseguenti a un’eventuale vittoria del referendum».Che compiti ha il Comitato? «Essenzialmente quello di informazione. Come in tutti i referendum abrogativi, la lettura dei singoli quesiti è difficile, e forse incomprensibile, anche per gli addetti ai lavori. Occorre quindi spiegare in modo chiaro e distinto i contenuti di questa consultazione secondo noi fondamentale per un’eventuale riforma complessiva, anche costituzionale, della giustizia. Questo avverrà attraverso dibattiti, pubblicazioni e altre forme divulgative, sperando che i mezzi di comunicazione ci consentano di portarli a conoscenza dei cittadini».Che cosa cambierà se vincerà il Sì? «L’effetto immediato e diretto sarebbe già importante: la custodia cautelare verrebbe resa compatibile con il principio costituzionale della presunzione di innocenza, eliminando o almeno riducendo l’uso e l’abuso che se ne è fatto finora. L’eliminazione della legge Severino, che comporta la decadenza di amministratori anche prima della sentenza definitiva di condanna, renderebbe più sereno ed efficiente il loro operato; la separazione delle funzioni sarebbe un primo passo verso quella delle carriere, senza la quale il processo accusatorio che abbiamo adottato nel 1989 non funziona; la partecipazione degli avvocati ai consigli giudiziari allargherebbe la cosiddetta cultura della giurisdizione, che per definizione non può limitarsi al giudice e all’accusatore ma deve comprendere anche il difensore».E il Consiglio superiore della magistratura?«Verrebbe ridotto il peso delle correnti, che hanno screditato la magistratura dopo l’esplosione dello scandalo Palamara. Ma in realtà il significato di una vittoria o anche di una larga partecipazione, se non fosse raggiunto il quorum, sarebbe quello della volontà dei cittadini di una riforma globale della giustizia penale. E questo si può raggiungere, in prospettiva, attraverso una nuova Costituzione».Che giudizio dà della riforma Cartabia? «È il minimo sindacale per ottenere gli aiuti europei. Contiene alcune cose buone, ma assolutamente insufficienti per risolvere i problemi della giustizia penale. Del resto, le riforme non la fa il ministro ma il Parlamento. E questo Parlamento non mi sembra in grado di intervenire in modo radicale ed efficace».La Lega ha annunciato che proporrà correzioni al testo al Senato. È d’accordo con quei cambiamenti? «Non conosco in dettaglio le proposte della Lega: certo ci sarebbe molto da modificare».Il Csm riformato eliminerà le storture attuali dell’organo di autogoverno della magistratura? «Purtroppo no. Le correnti troveranno comunque il modo di spartirsi a tavolino candidati e collegi, con accordi preventivi. L’unico modo per troncare radicalmente il legame tra elettori ed eletti è il sorteggio, che tuttavia richiede una riforma costituzionale. Ma già la vittoria del referendum sarebbe un bel passo avanti». Perché solo nel centrodestra, e non nel centrosinistra, si vede la volontà di riformare una giustizia che non funziona?«In realtà si vede anche in parte del centrosinistra, benché per ragioni tattiche e politiche preferisca non dirlo, perché l’ipoteca dei 5 stelle è ancora gravosa. Ma vorrei ricordare che l’orgoglio della vera sinistra è sempre stato quello di difendere i più deboli. E nel processo penale l’imputato, ricco o povero, è sempre il più debole: il povero perché spesso è senza difesa, e il ricco perché ha molto da perdere. Quanto ai politici, molte carriere sono state rovinate in base a inchieste rivelatesi successivamente infondate, e magari create ad arte, che hanno provocato conseguenze gravi. Quella che ha colpito nel 2008 l’allora ministro della Giustizia Clemente Mastella ha fatto cadere il governo Prodi, e insieme la legislatura».
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)