Un video incastra il capo di gabinetto del governatore candidato alla segreteria del Pd. Albino Ruberti, durante la convention Piazza grande, ha alzato le mani sugli animalisti. Un incidente che può costare caro al dirigente, già discusso per conflitto d'interessi.
Un video incastra il capo di gabinetto del governatore candidato alla segreteria del Pd. Albino Ruberti, durante la convention Piazza grande, ha alzato le mani sugli animalisti. Un incidente che può costare caro al dirigente, già discusso per conflitto d'interessi. Albino Ruberti, capo di gabinetto di Nicola Zingaretti alla Regione Lazio, ha alzato le mani contro gli animalisti che hanno contestato il governatore nel corso di Piazza grande, l'iniziativa per lanciare la sua candidatura al congresso del Partito democratico, che si è svolta sabato e domenica scorsa all'ex dogana di Roma. Nel video, che sta circolando sui social network (e che potete vedere sul sito della Verità, inquadrando il Qr code che trovate in basso a destra), si vede Ruberti in camicia bordeaux e pullover blu sulle spalle che oltre a strappare i volantini dalle mani dei manifestanti, perde il controllo e si accanisce su uno di questi in particolare (il signore con gli occhiali da sole) ripetendo «bastardo», mentre il malcapitato prova a difendersi urlandogli: «Non mi puoi toccare» e «Ti denuncio perché mi hai menato». Ruberti viene poi allontanato dagli uomini della sicurezza, ma continua a dimenarsi perché vorrebbe tornare nella mischia. Davvero un'ottima immagine per Ruberti, braccio destro di Zingaretti, che lo ha voluto accanto a sé per il suo secondo mandato - da marzo 2018 - nominandolo al posto del magistrato Andrea Baldanza, rientrato alla Corte dei conti, proprio per lanciare la sua candidatura alla guida del Pd grazie alla sua «ventennale esperienza manageriale come dirigente d'azienda nel settore pubblico e privato», come lui stesso scrive, autocelebrandosi nel suo curriculum vitae. Ruberti, infatti, come già abbiamo scritto su questo giornale, ha accumulato negli anni poltrone pubbliche e private in pieno conflitto di interessi ed è riuscito così quasi a quadruplicare il tetto dei compensi per i manager pubblici, fissato dalla legge a 240.000 euro. Ruberti, figlio non laureato dell'ex rettore della Sapienza (la mancanza del titolo di laurea è stata fortemente contestata dai sindacati della Regione perché è un requisito indispensabile per la dirigenza pubblica, ma non per Ruberti), è stato contemporaneamente alla guida di Zetema (dal 1998 al 2017), la società al 100 per cento del Comune di Roma che si occupa di cultura, e contemporaneamente presidente e amministratore delegato di Civita, il gruppo che attraverso le sue società (dove era presidente o amministratore delegato) - Civita cultura holding, Opera laboratori fiorentini (qui era anche dirigente a tempo indeterminato), Civita Tre Venezie e Civita Sicilia - si occupa di mostre e gestione dei servizi nei musei italiani, molti dei quali per l'appunto a Roma. A questa situazione grottesca ha posto fine la grillina Virginia Raggi, diventata prima cittadina di Roma. A Ruberti è quindi venuto in aiuto il Pd: gli ha assegnato la prestigiosa poltrona di presidente di Laziocrea, la società che affianca la Regione Lazio nelle attività tecnico amministrative per la gestione e l'organizzazione delle attività di interesse regionale. Ha mantenuto tutta la galassia degli incarichi privati, a cui ha dovuto però rinunciare a marzo 2018, una volta diventato capo di gabinetto, per incompatibilità, quella sì insuperabile (a differenza della mancanza del titolo di laurea). Albino Ruberti, da capo di gabinetto, sta continuando a gestire Laziocrea per tutto ciò che è funzionale al lancio della candidatura di Zingaretti : per esempio con la ristrutturazione dell'ostello del Castello di Santa Severa (con un notevole dispendio di denaro pubblico), che a maggio è stato illuminato da Acea con una grande manifestazione che sul palco ha visto lo stesso Zingaretti e l'allora presidente Luca Lanzalone. Laziocrea è infatti una Spa con procedure più veloci di spesa e di gestione, a differenza di quelle previste da una pubblica amministrazione come la Regione Lazio.
Zohran Mamdani (Ansa)
Dalle politiche sociali ai limiti dell’esproprio alla città come «santuario» per i gay Mamdani rappresenta la radicalizzazione dei dem. Ma anche una bella grana
Da più parti, la vittoria di Zohran Mamdani alle elezioni municipali di New York City è stata descritta (se non addirittura salutata) come uno «schiaffo» a Donald Trump. Ora, a prima vista, le cose sembrerebbero stare effettivamente così: il prossimo primo cittadino della Grande Mela, che entrerà in carica a gennaio, sembra quanto di più lontano possa esserci dal presidente americano. Tanto che, alla vigilia del voto, lo stesso Trump aveva dato il proprio endorsement al suo principale sfidante: il candidato indipendente, nonché ex governatore dem dello Stato di New York, Andrew Cuomo.
Rifugiati attraversano il confine dal Darfur, in Sudan, verso il Ciad (Getty Images)
Dopo 18 mesi d’assedio, i paramilitari di Hemeti hanno conquistato al Fasher, ultima roccaforte governativa del Darfur. Migliaia i civili uccisi e stupri di massa. L’Onu parla della peggior catastrofe umanitaria del pianeta.







