2018-12-02
Il Rottamatore si è lanciato l’ennesimo boomerang
Chissà che cosa aveva in mente Matteo Renzi quando lunedì è zompato sul caso del papà di Luigi Di Maio. In piena notte, dopo aver visto il servizio delle Iene dedicato al genitore del vicepremier a 5 Stelle, l'ex segretario del Pd aveva dato fuoco alle polveri, aprendo un cannoneggiamento che nella giornata sarebbe proseguito con un video di Maria Elena Boschi e con una presa di posizione dell'intero Pd, partito che - approfittando dello scandalo di un dipendente pagato in nero nella ditta dei Di Maio - è giunto a reclamare un'audizione in Parlamento del ministro del Lavoro per conflitto d'interessi. È probabile che nella notte fra domenica scorsa e lunedì, quando si è messo al lavoro davanti al computer per sparare le sue bordate contro il leader grillino, Renzi ritenesse che fosse giunto il momento (...)(...) della riscossa. Messo per mesi sotto tiro per le vicende paterne (il caso Consip prima, poi il rinvio a giudizio per un presunto giro di fatture false), il senatore semplice di Scandicci deve aver creduto che la vicenda familiare (lavoro nero sommato a presunti abusi edilizi) fosse un'occasione ghiotta da non farsi scappare per ribaltare il sentimento dell'opinione pubblica. Così è partita la carica, ovviamente accompagnata da campagne stampa che mai si erano viste per il papà dell'ex presidente del Consiglio.Tuttavia, Renzi non aveva certo messo in conto che qualcuno andasse a spulciare negli affari del suo genitore, ricordando faccende appartenenti al passato. Così è venuta alla luce una causa di lavoro di una delle società della galassia di Tiziano Renzi, un'impresa morta e sepolta che dalle parti di Genova, fino a un decennio fa, si occupava di distribuire quotidiani. Giacomo Amadori, nei giorni scorsi, ha riesumato il caso, che sotto la Lanterna finì anche sui giornali, perché un lavoratore straniero che non era stato pagato (nonostante una sentenza favorevole), s'arrampicò su una gru per protestare. Il caso, come vi abbiamo raccontato ieri, è addirittura diventato in Nigeria argomento di un libro, con prefazione dell'ex capo del sindacato giornalisti.Fin qui la cronaca dei giorni scorsi, con l'ultima puntata del volume autobiografico del lavoratore nigeriano che parla del papà dell'ex premier. Ma ora viene il bello, perché, sull'onda delle polemiche scaturite dal servizio delle Iene e dell'offensiva lanciata dai Renzi, siamo entrati in contatto con alcune persone che raccontano di aver lavorato in passato per le aziende di Tiziano e di essere state retribuite in contanti. Ricordate? Questa è l'accusa rivolta a Di Maio senior, cioè di aver pagato in nero alcuni suoi dipendenti. E quando qualcuno ha accostato il nome del papà del capo grillino al suo, il padre di Renzi si è ribellato sdegnato, dicendo - lui, al momento indagato e rinviato a giudizio - che con certe schifezze non ha a che fare, anche perché lui è un compagno mentre l'altro genitore ha simpatie di destra. Insomma, il ragionamento di babbo Tiziano pare il seguente: ditemi tutto, ma non mettetemi sullo stesso piano di un tizio che paga i dipendenti in nero, perché l'etica di sinistra certe cose ti impedisce di farle. E però il racconto di alcune persone che in passato hanno lavorato per lui - e non parliamo del dipendente nigeriano che sulla questione ha pure scritto il famoso libro di cui già vi abbiamo dato conto - è diverso. Già, perché quelli che nel passato distribuivano copie di giornali ai semafori raccontano di pagamenti cash e non di buste paga in regola con i contributi e tutto il resto. Un ex lavoratore, addirittura, ci mette il nome e cognome, senza chiedere di essere protetto dall'anonimato. Anzi. Proprio questo ex strillone aggiunge che a provvedere alle consegna di copie e a ritirare il denaro era proprio lo stesso Renzi. Cioè quello che ha fatto il capo dell'esecutivo e che ancora freme per ritornare al governo, non il papà. E anche l'altro, che pure esita a metterci la faccia, conferma. Per entrambi la ditta di famiglia saldava i conti con loro allungando un po' di banconote, e a provvedere al saldo dei conti si incaricavano padre e figlio, cioè anche quello che poi avrebbe fatto strada e sarebbe diventato presidente del Consiglio. Vero o falso? Noi ci limitiamo a registrare la faccenda, un po' come Le Iene.Certo, viene da ridere. Un po' perché pensiamo che tanti imprenditori, appena ne hanno l'occasione, mettono mano ai contanti, soprattutto in certi settori. E un po' perché, partito lancia in resta in cerca di una rivincita, Renzi rischia di finire suonato. Tutto per non aver riflettuto un po' domenica scorsa, prima di mettersi al computer. Praticamente la stessa cosa che gli capitò quando disse che avrebbe lasciato la politica se avesse perso il referendum, con il risultato di impiccarsi alla sconfitta.