2019-10-09
Il Rottamatore attaccava il babbo di Di Maio. Ora insiste o chiede scusa?
I grandi giornali fecero titoloni sulla vicenda del genitore grillino, mentre l'ex premier puntava il dito sul rivale politico. Però sulla sentenza sfavorevole ai suoi cala il silenzio.Confesso: Giggino Di Maio non è il mio politico preferito. Ammesso e non concesso che io abbia un politico preferito, il ministro degli Esteri non incontra il mio favore per una serie di motivi, il primo dei quali si chiama reddito di cittadinanza e il secondo incompetenza. Ciò detto, quest'oggi mi tocca partire proprio dal capo dei 5 stelle. Non ho intenzione di parlare del taglio dei parlamentari, argomento che credo abbia già inondato i vostri salotti con una serie di chiacchiere. No, ciò di cui intendo scrivere è come la stampa ha trattato il padre di Di Maio. Vi state chiedendo se al vostro radar quotidiano sia sfuggito qualche cosa? Tranquilli, non vi è scappato niente. Semplicemente un anno fa, a seguito di un servizio delle Iene, siamo stati travolti da una serie di titoli in prima pagina sui presunti abusi immobiliari e di lavoro del genitore del politico grillino. A un certo punto, visto che la campagna montava su parecchi quotidiani, l'allora ministro del Lavoro scaricò il papà, costringendo il pover'uomo ad un'abiura pubblica in cui ammetteva le proprie colpe e si dichiarava responsabile di tutto: una gogna in stile maoista. Da quel che se ne sa, la denuncia delle Iene e le inchieste dei giornali non hanno prodotto granché, di certo non un processo e nemmeno una condanna. Così come non si ha notizia di processi e condanne per un caso analogo sollevato dalla stampa a proposito del padre di Alessandro Di Battista, accusato di avere un'azienda nei guai con il fisco e debiti con alcuni dipendenti.Se vi racconto fatti che risalgono allo scorso anno, ricordandovi il clamore mediatico suscitato, è perché mi ha molto stupito il silenzio dei giornali su un altro genitore, ossia quello di Renzi. Come abbiamo raccontato nell'edizione di ieri, sia il padre che la madre dell'ex presidente del Consiglio sono stati condannati a 1 anno e 9 mesi per fatture false. I suddetti genitori, inoltre, sono sotto inchiesta o a processo per altri fatti, su cui dovranno pronunciarsi presto i magistrati. E tuttavia, se ieri aveste sfogliato i principali giornali non vi sareste quasi accorti che contro il babbo e la mamma dell'uomo che oggi si candida a tornare a Palazzo Chigi, soffiando a Giuseppe Conte la poltrona così come la soffiò a Enrico Letta, è stata emessa una sentenza di condanna, perché i titoli in prima pagina o non c'erano o erano microscopici. Si dirà: le colpe dei genitori non ricadono sui figli. Ovvio che no: le responsabilità sono personali e dunque non si può rimproverare al fondatore di Italia viva ciò che avrebbero (uso il condizionale perché la sentenza di primo grado non può in alcun modo essere considerata definitiva) fatto i parenti. Ma è stato Renzi a rimproverare ai magistrati di aver avviato un'indagine contro la sua famiglia, lasciando intendere che si trattasse di una reazione alla sua discesa in campo. È stato lui a sostenere pubblicamente che si colpivano babbo e mamma per colpire lui. Le colpe del figlio cioè venivano fatte ricadere per mano giudiziaria su papà e mamma. «Se non avessi fatto politica la mia famiglia non sarebbe stata travolta dal fango», scrisse il giorno in cui i genitori vennero arrestati. «Non avevo mai pensato di farli soffrire così. Per colpa del mio impegno civile». Ora il tribunale ha accertato che a Tiziano e Lalla non sono state applicate delle misure cautelari per colpa dell'impegno civile del figlio, ma perché i due sono stati ritenuti responsabili di aver emesso fatture false e per questo il giudice li ha condannati a 1 anno e 9 mesi. Ma se le accuse dell'ex premier ai magistrati erano argomento da interessare la prima pagina, perché, a distanza di mesi, le condanne dei genitori dell'ex premier invece sono argomento da pagina interna? Non solo. Dopo aver sostenuto che i genitori non si toccano e non devono essere messi in mezzo per le scelte politiche dei figli, Renzi non si tenne. Tanto è vero che a seguito del servizio delle Iene sul papà di Di Maio, fu proprio il fondatore di Italia viva a scrivere di getto un post su Facebook in cui, rivolgendosi al ministro del Lavoro, lo invitava a chiedere scusa a suo padre. «Quando ho visto il servizio delle Iene mi sono imposto di non dire nulla. Di fare il signore, come sempre. Ma qui, all'una di notte, non riesco a far finta di nulla. Non ce la faccio. Rivedo il fango gettato addosso a mio padre. Rivedo la sua vita distrutta dalla campagna d'odio dei 5 stelle e della Lega». Conclusione: «Chiedano almeno perdono alla mia famiglia». Stessa musica da parte di Maria Elena Boschi, che sulla scia del capo rincarò la dose, approfittando dei presunti guai di Di Maio senior per riabilitare il Boschi senior e gettare in faccia il fango al ministro grillino. Più duro ancora fu lo stesso Tiziano Renzi, che da Firenze fece sentire la sua voce per invitare la stampa a non accostare il suo nome a quello del papà del vicepremier: io non sono come lui. Il che in effetti è vero. Al momento il papà di Di Maio non risulta essere a processo e neppure è stato condannato per fatture false. Né è indagato come il papà della Boschi. Dunque, chi deve chiedere perdono? E soprattutto, perché la grande stampa che allora dedicava titoloni al caso Di Maio e alle accuse di Renzi, ora, dopo la sentenza di condanna di Tiziano e Lalla è colta da afasia oltre che da amnesia? Strani fenomeni.
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