2022-09-02
«Il riciclo della plastica è calato del 40%. Colpa del caro bollette»
Nel riquadro, Walter Regis
Il presidente di Assorimap Walter Regis: «Viviamo una situazione insostenibile che colpisce sia le aziende sia l’ambiente».Il 40% delle attività legate al riciclo della plastica sono già state sospese perché i costi dell’energia sono troppo alti. A parlare con La Verità è Walter Regis, presidente di Assorimap, l’associazione nazionale riciclatori e rigeneratori di materie plastiche. In Italia, denuncia, non è stato fatto abbastanza per sostenere un settore d’eccellenza. Che problemi sta affrontando il settore del riciclo della plastica oggi?«Le imprese del riciclo della plastica sono importanti perché sono l’anello che unisce riciclo e mondo industriale. Il problema è che gli effetti della pandemia e il caro energia stanno mettendo a dura prova il settore, anche perché il costo per megawattora oggi è triplicato. Non solo, tolto il prezzo di approvvigionamento del materiale, quello dell’energia per noi rappresenta il 30% dei costi totali per il riciclo. Senza quindi mettere in campo le riserve economiche delle imprese diventa impossibile andare avanti. Nel lungo periodo, dunque, questa situazione diventa insostenibile». C’è poi un problema di progettualità per il settore. «Un altro problema di questa crisi è legato alla programmazione industriale. Il nostro settore si basa sulla capacità di reperire materia prima e questo innalzamento di costi lo rende impossibile. Ogni mese i costi aumentano e programmare diventa impossibile, così come tenere la clientela. All’estero, infatti, ci sono Paesi che hanno norme che tutelano meglio il nostro settore e la clientela spesso preferisce l’estero dove ci sono prezzi più vantaggiosi. Del resto, ci sono Stati che fissano un tetto per tonnellata. In Italia potrebbe essere intorno ai 200 euro, ma ci sono altre economie che arrivano anche a 70 euro per tonnellata. Il problema è che, a questi livelli, fare impresa è impossibile e lo diventa anche l’economia circolare. In particolare, si ferma la filiera della raccolta differenziata. Anche perché manca l’anello finale che è tra quelli, però, più importanti».Questa crisi è partita con la pandemia e la guerra in Russia o c’era già da prima? «Il settore del riciclo è piuttosto giovane ed è nato da circa una ventina d’anni. Quindi presenta dei problemi strutturali a cui ora si uniscono quelli congiunturali. La crisi ha portato una contrazione del mercato e quindi a una perdita dei clienti. Inoltre, con un mercato di minori dimensioni, abbiamo anche più difficoltà a trasformare la materia prima riciclata e a venderla. Così a risentirne sono le aziende, ma anche l’ambiente, con tutti i problemi dei rifiuti che sono ben noti in alcune parti d’Italia. Va detto che dopo la pandemia stavamo iniziando a uscire dalla crisi. Il Covid-19 aveva imposto delle chiusure che hanno messo a dura prova il settore. Poi il caro energia ha modificato di nuovo gli equilibri e siamo ancora qui a combattere. La filiera del riciclo è formata da circa 300 realtà industriali con circa 10.000 persone, se consideriamo l’indotto. Il problema vero è che l’Italia non ha mai previsto delle vere politiche attive per questo mondo. Si tratta di un comparto di eccellenza che purtroppo non viene valorizzato abbastanza e che vede la concorrenza agguerrita di Francia, Spagna e Germania, i nostri competitor in Europa». Quanta plastica viene riciclata ogni anno in Italia?«Stiamo parlando di circa 800.000 tonnellate di plastica l’anno. Rispetto ad altri Paesi europei siamo partiti avanti noi, poi quando la plastica riciclata è diventata un competitor della plastica verde sono iniziate le difficoltà. Purtroppo, a livello regolamentare, è mancato quello che poteva contribuire allo sviluppo del settore. In altri Paesi così non è stato».
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
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