
Tutti i giornali ostili all'esecutivo gialloblù hanno annunciato l'ennesima rottura tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Nulla di tutto questo: la maggioranza tiene e i due decreti arriveranno in Consiglio dei ministri lunedì.Mestiere delicato, quello del retroscenista: ogni quotidiano ha almeno un giornalista che, andando oltre le dichiarazioni rese ai microfoni o nelle interviste dai protagonisti della politica, si occupa di comprendere e raccontare quello che succede dietro le quinte del «palazzo», attraverso le indiscrezioni fornite da fonti autorevoli e confidenziali. Il rischio più grande che corre il retroscenista, è quello di confondere i propri desideri, o quelli del direttore, o dell'editore, con la realtà dei fatti. Ieri, i giornali di (ex) regime hanno sparato tutti la stessa notizia: tra Lega e M5s la rottura è vicina, Matteo Salvini e Luigi Di Maio sono ai ferri corti, il governo è a rischio, sta per crollare tutto, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, potrebbe non firmare i decreti su sicurezza e immigrazione. Il motivo? Il rinvio del Consiglio dei ministri che deve dare il via libera ai due decreti messi a punto dal ministro dell'Interno, Salvini. Eppure, il motivo di questo rinvio a lunedì prossimo è stato spiegato dallo stesso Salvini: «Sul decreto immigrazione», ha detto l'altro ieri il leader della Lega, «non c'è nessun problema: il Cdm slitta perché a fare la riunione senza premier e vicepremier mi sembrava di votarmi da solo il mio provvedimento». L'altro ieri, lo ricordiamo, il premier Giuseppe Conte era a Salisburgo per il vertice europeo e il vicepremier Luigi Di Maio si trovava in Cina. Dunque, le parole di Salvini erano ampiamente suffragate dai fatti. Eppure, ieri mattina, i giornali dell'ex regime hanno raccontato un'altra realtà, quella di un contrasto tra Salvini e Di Maio sui contenuti dei decreti. La realtà è molto diversa e infatti, lunedì prossimo, il Consiglio dei ministri varerà i due decreti, che saranno accorpati in un solo provvedimento. Il testo, a quanto abbiamo appreso da fonti del Viminale, contiene tutti i punti annunciati. Sull'immigrazione si prevede il raddoppio dei tempi di trattenimento nei Centri di permanenza per il rimpatrio; l'abrogazione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari sostituiti con permessi per meriti civili o per cure mediche o se il Paese di origine vive una calamità naturale; l'ampliamento dei reati che provocano la revoca del permesso di rifugiato (violenza sessuale, spaccio di droga, violenza a pubblico ufficiale); la revoca della protezione umanitaria ai cosiddetti «profughi vacanzieri»; l'esclusione del gratuito patrocinio nei casi in cui il ricorso è dichiarato improcedibile o inammissibile (se un migrante fa ricorso contro il diniego e il tribunale lo dichiara inammissibile, le spese processuali non sono più a carico dello stato). Sulla sicurezza, il decreto prevede il potenziamento degli organici dell'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alle mafie (i beni appartenenti al clan potranno essere messi sul mercato e venduti); la stretta sul noleggio di furgoni che potrebbero essere utilizzati per attentati terroristici; l'estensione del «daspo» per i sospettati di avere a che fare con il terrorismo internazionale; la possibilità per il personale della polizia locale di accedere alla banca dati interforze delle forze di polizia; la possibilità di estendere il daspo urbano anche ad aree quali mercati e fiere; la revoca della cittadinanza per gli stranieri considerati una minaccia per la sicurezza nazionale; la sperimentazione di armi ad impulsi elettrici, i taser, da parte di operatori della polizia municipale di comuni con più di 100.000 abitanti; l'inasprimento delle sanzioni nei confronti di coloro che promuovono o organizzano l'invasione di terreni o edifici; l'ampliamento della possibilità dell'utilizzo dello strumento investigativo delle intercettazioni telefoniche per coloro che commettono tale tipologia di reato.Ieri mattina, Matteo Salvini ha incontrato il premier Giuseppe Conte, e ha annunciato: «A Palazzo Chigi ho preso un gradevolissimo caffè con il presidente del Consiglio per limare alcuni passaggi del decreto sicurezza. Finalmente dopo mesi di lavoro lunedì ore 10, tornato Di Maio, tornato Conte», ha aggiunto Salvini, «arriverà in Consiglio dei ministri. Non c'è nessuna polemica, mi sembra che non ci siano ostacoli né del Quirinale né dei 5 stelle». Parole che, lunedì prossimo, ovvero tra 48 ore, diventeranno fatti, anzi atti: il Cdm darà il via libera ai provvedimenti sull'immigrazione e sulla sicurezza e i titoli dei giornali sullo «scontro» tra Salvini e Di Maio verranno archiviati nella sezione «desideri non realizzati» della stampa italiana antigoverno. La realtà delle cose, per quanto può risultare indigesta alle vedove (politicamente parlando) di Matteo Renzi, è che tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio il rapporto è infrangibile. Non c'è stato un solo provvedimento, una sola decisione, un solo atto che abbia visto Lega e M5s dividersi. I retroscenisti che, a reti unificate, confondono il desiderio di una rottura dell'alleanza di governo con la realtà dei fatti, probabilmente puntano a stimolare malcontento nella minoranza interna del M5s, l'ala più di sinistra, che si identifica con le posizioni di Roberto Fico. Il quale, comodamente seduto sulla poltrona di presidente della Camera, recita alla perfezione la parte che gli è stata assegnata: ogni due settimane dice qualcosa di sinistra e accontenta gli elettori e gli eletti del M5s che provengono da quella parte politica. Poi, al momento del voto in aula, anche i più duri e puri tra i grillini premono il pulsante «giusto», e il governo va avanti a gonfie vele, con l'opposizione incorporata. Meglio di così…
Stephen Miran (Ansa)
L’uomo di Trump alla Fed: «I dazi abbassano il deficit. Se in futuro dovessero incidere sui prezzi, la variazione sarebbe una tantum».
È l’uomo di Donald Trump alla Fed. Lo scorso agosto, il presidente americano lo ha infatti designato come membro del Board of Governors della banca centrale statunitense in sostituzione della dimissionaria Adriana Kugler: una nomina che è stata confermata dal Senato a settembre. Quello di Stephen Miran è d’altronde un nome noto. Fino all’incarico attuale, era stato presidente del Council of Economic Advisors della Casa Bianca e, in tale veste, era stato uno dei principali architetti della politica dei dazi, promossa da Trump.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 10 novembre con Carlo Cambi
Martin Sellner (Ansa)
Parla il saggista austriaco che l’ha teorizzata: «Prima vanno rimpatriati i clandestini, poi chi commette reati. E la cittadinanza va concessa solo a chi si assimila davvero».
Per qualcuno Martin Sellner, saggista e attivista austriaco, è un pericoloso razzista. Per molti altri, invece, è colui che ha individuato una via per la salvezza dell’Europa. Fatto sta che il suo libro (Remigrazione: una proposta, edito in Italia da Passaggio al bosco) è stato discusso un po’ ovunque in Occidente, anche laddove si è fatto di tutto per oscurarlo.
Giancarlo Giorgetti e Mario Draghi (Ansa)
Giancarlo Giorgetti difende la manovra: «Aiutiamo il ceto medio ma ci hanno massacrati». E sulle banche: «Tornino ai loro veri scopi». Elly Schlein: «Redistribuire le ricchezze».
«Bisogna capire cosa si intende per ricco. Se è ricco chi guadagna 45.000 euro lordi all’anno, cioè poco più di 2.000 euro netti al mese forse Istat, Banca d’Italia e Upb hanno un concezione della vita un po’…».
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, dopo i rilievi alla manovra economica di Istat, Corte dei Conti e Bankitalia si è sfogato e, con i numeri, ha spiegato la ratio del taglio Irpef previsto nella legge di Bilancio il cui iter entra nel vivo in questa settimana. I conti corrispondono a quelli anticipati dal nostro direttore Maurizio Belpietro che, nell’editoriale di ieri, aveva sottolineato come la segretaria del Pd, Elly Schlein avesse lanciato la sua «lotta di classe» individuando un nuovo nemico in chi guadagna 2.500 euro al mese ovvero «un ricco facoltoso».






