2022-06-21
Il razionamento dell’energia è a un passo
Oggi il Comitato tecnico di emergenza potrebbe decretare lo stato da preallarme ad allarme. Gli esperti chiedono di avviare subito le limitazioni di gas e corrente. Davide Tabarelli (Nomisma): «C’è stata troppa sottovalutazione. Inevitabile fermare le industrie».Oggi pomeriggio al ministero della Transizione ecologica si riunirà il Comitato tecnico di emergenza e monitoraggio del gas naturale per discutere sul possibile innalzamento dall’attuale stato di preallarme attuale a quello di «allarme». All’incontro parteciperanno i tecnici del Mite, quelli di Arera e le imprese di trasporto e stoccaggio tra cui Snam e Terna. Già domani, dovrebbe poi seguire un’altra riunione tra il ministro Roberto Cingolani e con le società che forniscono il gas, tra cui Eni ed Enel. Fonti di governo ieri hanno fatto filtrare alle agenzie che l’Italia sta valutando il peso dei nuovi afflussi provenienti da fornitori alternativi a Gazprom e potrebbe non esserci alcuna decisione questa settimana se innalzare o meno il livello di allerta. Il protocollo - ricordiamolo - prevede tre stadi: uno stato di preallerta, già imposto a fine febbraio dopo l’invasione russa dell’Ucraina, uno di allerta e infine uno di emergenza. Lo stato di allerta innescherebbe una serie di misure volte a ridurre il consumo di energia elettrica e di gas, tra cui il razionamento a utenti industriali selezionati, l’aumento della produzione nelle centrali elettriche a carbone e la richiesta di maggiori importazioni di gas da altri fornitori. Se lo scenario non dovesse migliorare, valutato lo stato degli stoccaggi, si potrebbe quindi passare al secondo dei tre step che prevedono, per ultimo, l’emergenza.Nel frattempo, però, gli esperti chiedono di avviare subito i razionamenti. «Dobbiamo cominciare a considerare la possibilità di un razionamento, che è un’arma a doppio taglio da utilizzare con estrema delicatezza» e sulla quale «serve preparare la gente, dobbiamo dirglielo e non svicolare. Ma si tratta di un’azione importante che inizierà a calmierare i mercati«, ha detto Davide Tabarelli, presidente di Nomisma energia. Secondo il quale c’è stata «troppa sottovalutazione. Rischiamo di fermare le industrie. Siamo scoperti. Le scorte stanno aumentando ma non a ritmo sostenuto. Se ci tagliano la fornitura ben presto saremo scoperti, con gravi problemi in inverno. Dobbiamo ridurre subito i consumi, altrimenti c’è il rischio di dover tagliare il gas per uso domestico». Anche per il direttore della Rivista Energia, Alberto Clò, la situazione «è molto complessa perché registriamo una riduzione delle forniture di gas mentre bisognerebbe accrescere le scorte per raggiungere l’obiettivo fissato dall’Ue di un riempimento degli stoccaggi all’80% in vista dell’inverno». Attualmente, come emerge dai dati Agsi, gli stoccaggi italiani sono riempiti al 54,73%, leggermente sopra la media Ue che si attesta al 54,31 per cento. Il prossimo inverno, quindi, si preannuncia difficile «anche se tutto dipenderà dalla situazione meteorologica. Se anche con l’utilizzo delle centrali a carboni non saremo in grado di pareggiare l’eventuale carenza delle forniture di gas russo inevitabilmente rischiamo un piano di razionamento. E questo implica una decisione politica difficile anche in vista delle prossime elezioni», osserva Clò. Che guarda anche alle mosse degli Usa. «L’accordo tra il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che prevede di aumentare la fornitura americana di gas naturale liquefatto (Gnl o Lng all’inglese) in modo da garantire all’Europa ulteriori 15 miliardi di metri cubi entro fine anno non mi sembra realistico», aggiunge l’economista. L’incendio all’impianto di Freeport Lng in Texas, all’inizio del mese di giugno, «che è uno dei terminal più grandi di esportazione di Gnl negli Stati Uniti», sottolinea, «ha creato forti tensioni sul mercato, probabilmente non sarà riparato entro la fine dell’anno e quindi complica una situazione già difficile». Per Clò nel breve termine sembra anche poco plausibile la possibilità di compensare il gas russo con altri fornitori come l’Algeria. Il che allontana l’obiettivo annunciato dal ministro Roberto Cingolani di essere indipendenti dal gas russo nel 2024, considerando anche che ci sono precisi obblighi contrattuali nei confronti dei fornitori russi. «Bisogna pensare a un piano nazionale di razionamento gas di circa 30 milioni di metri cubi al giorno, secondo i miei calcoli», ha scritto su Twitter il fondatore di T-Commodity, Gianclaudio Torlizzi. Come funzionerebbe il razionamento? In teoria, bisognerebbe partire dai settori energivori e poi scendere. Sono però scelte prettamente politiche. Resta, inoltre, da sciogliere il rebus al meccanismo di solidarietà Ue: con quale prontezza scatterà nel caso in cui più di un Paese membro si ritrovasse a corto di energia? A Bruxelles per ora assicurano solo che la Commissione europea è al lavoro per esplorare con i partner internazionali la possibilità di introdurre un tetto temporaneo al prezzo del gas per fare fronte al caro energia. Ma sembra sempre più evidente che dopo le ultime strette al rubinetto del gas, Mosca abbia anche lasciato chiaramente intendere (qualora ce ne fosse stato ancora bisogno) quanto inapplicabile sia il cosiddetto «price cap».Ieri i prezzi sono di nuovo schizzati a causa della riduzione dei flussi di Gazprom verso l’Europa, attraverso il Nord Stream 1, che ha aumentato i timori sulle forniture per l'inverno. All’hub di riferimento europeo Ttf i future venivano scambiati, attorno all’ora di pranzo, a 124,50 euro per megawattora, in rialzo del 5,74 per cento. E anche ieri Gazprom ha consegnato volumi di gas minori di quanto chiesto dall’Eni.