2019-09-21
Il presidenzialismo è il vero argine a Renzi e agli inciuci
Idea fissa di Giorgia Meloni, piace anche a Silvio Berlusconi e alla Lega. Il centrodestra lo rilanci per restituire al popolo la sua centralità.Nel dibattito politico-istituzionale italiano c'è un convitato di pietra: il presidenzialismo. Conviene discuterne adesso che il centrodestra è riunito fino a domenica ad Atreju, la festa di Fratelli d'Italia. Conviene porre la questione ora che sentendo precario il governo la sinistra comincia ad agitarsi sulla legge elettorale che vorrebbe proporzionale pura. Bisogna porre la questione ora che si è constatato come l'arbitrato di Sergio Matteralla, che in tutti i modi ha cercato di evitare il voto, ha portato l'Italia nella palude del Conte bis. E non c'è miglior momento di questo, quando pare che Matteo Salvini abbia offerto a Silvio Berlusconi la candidatura al Quirinale, per cominciare a lavorare alla costruzione del presidenzialismo.La sinistra di gramsciana memoria sta esercitando sui pentastellati una sorta di egemonia a-culturale, ma ha tradito il pensiero sia del sardo sia del «migliore», quel Palmiro Togliatti che predicava e agiva affinché le élite fossero al servizio dell'idea, mentre gli attuali dirigenti del Pd hanno asservito il partito alle lobby. Per questa sinistra il presidenzialismo è come l'aglio per i vampiri.Per non dire di Matteo Renzi, che ha una concezione egocentrica della politica secondo cui la sovranità non appartiene al popolo, ma è il popolo che serve alla sovranità. Del resto la cultura cattocomunista non ha mai digerito l'essenza della libertà intesa come autodeterminazione: per i cattolici il libero arbitrio si traduce in peccato, per i comunisti non esiste libertà individuale, ma solo egemonia di classe. Perciò non digeriscono il presidenzialismo che è la massima espressione del liberalismo poiché pone il rappresentante sotto immediato e quotidiano giudizio del rappresentato. E una ragione c'è. Noi abbiamo vissuto dal 1992 con Oscar Luigi Scalfaro - passando per Carlo Azeglio Ciampi, massimamente per Giorgio Napolitano e oggi con Mattarella - un presidenzialismo de facto che è sganciato però dalla censura popolare attraverso il voto. Non è un caso che questo sia accaduto dalla caduta del muro di Berlino in poi, quando l'Italia è diventata inutile come Paese di frontiera verso il blocco sovietico. Ben se ne accorse Francesco Cossiga che nel Novanta cominciò la sua opera di picconatore per evitare questa deriva e ben ne fu consapevole Giulio Andreotti che salutò così la riunificazione tedesca: «Mi piace tanto la Germania che ne preferisco due». Da lì è cominciato il settennato di Ciampi, che escludendo la volontà popolare ci ha condotto al disastro dell'Europa e alla gogna dell'Euro, seguito dalla «monarchia» di Napolitano, che è stato il più attivo regista della politica italiana per liquefare l'Italia nella melma europea. Come si vede il presidenzialismo in Italia c'è, ma non si deve istituzionalizzare perché altrimenti il popolo torna a comandare.Che vi sia nella sinistra un profondo disprezzo per il voto popolare è retaggio antico del comunismo e prassi attuale del leaderismo. Si sono sentiti infiniti epiteti rivolti agli elettori della Lega considerati dei minus habens. Anche Giuseppe Conte - che all'esame di Diritto costituzionale non deve essere stato troppo brillante - nel suo discorso d' insediamento bis ha testualmente detto che la sovranità «appartiene alla nazione». E in questo lapsus c'è la spiegazione dell'anti italianità del momento presente. Popolo e nazione non sono affatto sinonimi. Il popolo - richiamato nell'articolo uno della Costituzione - è l'elemento costitutivo dello Stato, sono persone legate da un vincolo di cittadinanza. La nazione è un insieme di persone che hanno valori, culture e lingua condivisi, ma non sono uno Stato. Si capisce perché si lavora sistematicamente al dissolvimento dell'Italia e il richiamo all'Europa non è a una federazione di Stati, ma un luogo di sudditanza dove contenere cittadini riottosi al volere delle élite. Sia Ciampi, sia Romano Prodi, sia Mario Draghi con i loro corifei ci hanno portato in Europa non per obbedire - come vuole la bolsa retorica di sinistra - al sogno di Altiero Spinelli o di Giuseppe Mazzini - a me assai più caro - ma per creare all'Italia dei vincoli esterni capaci di rimediare ai guasti prodotti da decenni di occupazione consociativa dello Stato. Ecco perché il presidenzialismo in Italia non deve essere né evocato né tanto meno istituzionalizzato. Quando Randolfo Pacciardi in perfetta sintonia liberale risorgimentale lo evocò venne tacciato di golpismo!Oggi è la carta vincente del centrodestra. Si tiene in queste ore Atreju 2019, la festa colta di Fratelli d'Italia. Il presidenzialismo da sempre è un'idea fissa di Giorgia Meloni e dei suoi, ma anche Berlusconi ha sempre sostenuto questa scelta, che certo non è lontana dal sentimento della Lega. Lavorare per portare l'Italia a essere una Repubblica presidenziale per restituire totale centralità decisionale al popolo è probabilmente il più forte e durevole collante del centrodestra, ma è anche l'unica prospettiva possibile per restituire anche in sede europea prestigio e ruolo all'Italia. Il momento per porre la questione è propizio. Si agitano già i giallorossi sulla legge elettorale che Renzi, un tempo vocato al maggioritario, vuole proporzionale pura. Dicono che sia in funzione anti Salvini, in realtà è per mantenere lo status quo. Il proporzionale è oggi il peggiore dei possibili regimi elettorali, perché permette alle élite tecnoburocratiche di sguazzare applicando l'adagio latino del «divide et impera». Più frammentato è il quadro politico, più si generano veti incrociati e più il detentore del potere burocratico diventa decisivo. Insistere sulla legge elettorale maggioritaria è oggi indispensabile per ridare stabilità e slancio al paese. Ma una legge elettorale maggioritaria è il presupposto per avviarci verso una Repubblica presidenziale dove il popolo scelga direttamente chi deve governarlo e il popolo medesimo abbia l'esclusivo potere di revocarlo. Rilanciando un vero processo democratico che un decennio di inciuci, come dimostra il presente governo, hanno fiaccato.