2020-12-06
Il presepe con la mascherina sacrifica Gesù bambino sull’altare della prevenzione
Dopo le messe di mezzanotte e i canti, anche l'ultimo simbolo cristiano viene travolto dalla propaganda. Da San Gregorio Armeno a Castelvetrano, fino al Duomo di Torino.Qualche giorno fa monsignor Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia, ha lanciato un accorato appello: «Stiamo attenti», ha detto, «perché nel momento in cui noi vogliamo continuamente toccare tutti i significati simbolici, affettivi e di fede delle persone, non facciamo un guadagno né per le persone né per la socialità. La socialità si nutre di rapporti, di simboli, di tradizioni e questo deve essere guardato con attenzione, soprattutto dalla Chiesa». Eppure i simboli, in queste settimane contorte, continuano a essere maneggiati con estrema superficialità. Toccati, modificati, fraintesi e talvolta persino calpestati. La messa natalizia di mezzanotte è stata cancellata. L'Unione europea ha bandito i canti in chiesa. Che cosa restava da sfregiare fra i simboli del Natale? Ah già: il presepe. L'ossessione sanitaria si è infilata anche lì, tra capanne e pastorelli.A San Gregorio Armeno, la via dei presepi di Napoli, gli artigiani fanno i conti con le restrizioni, con i ristori che latitano e con i turisti evaporati. Però, già da qualche giorno, non mancano di vendere statuine dotate di mascherina. Ci sono appunto i pastori col loro bel dispositivo di protezione sulla bocca e sul naso. E poi, immancabili, medici e infermieri, anche loro bardati di tutto punto. In alcuni casi vengono ritratti mentre stringono amorevolmente fra le braccia una piccola Italia, quasi fossero padri e madri della nazione. Del resto già lo scorso anno, a Frosinone, ci fu qualcuno che ebbe la geniale pensata di allestire un presepe interamente mascherato per «sensibilizzare» i cittadini riguardo lo smog e l'inquinamento. Forse, se avessero saputo che cosa li attendeva nei mesi a venire, avrebbero cambiato idea.È l'inevitabile folklore, come no. Vicende del genere, poi, fanno sempre piacere ai cronisti in cerca di curiosità. Il punto è che, sotto alcune storielle edificanti, si avverte il fastidioso pungiglione della propaganda. La ragazza di Salerno che si fa fotografare con le statuine mascherate e distanziate per «mandare un messaggio positivo». L'artigiano che mostra soddisfatto il pastore imbavagliato per «ricordare a tutti i comportamenti corretti»... Amenità, va bene. Il problema si fa più serio quando i dispositivi di protezione iniziano a guadagnare spazio anche all'interno delle chiese. Accade, ad esempio, a Castelvetrano (provincia di Trapani), nella parrocchia di Santa Lucia che si è così guadagnata la sua bella foto sui giornali. Ma pure in vari altri borghi sparsi per la Penisola. E, soprattutto, la tendenza non risparmia le cattedrali.Nel Duomo di Torino, riportano con grande enfasi tutti i media, è stato realizzato un bel presepe in cui tutti - nessuno escluso - indossano la mascherina. Nemmeno una statuina ne è priva, comprese quelle di Giuseppe e di Maria. Il bue e l'asinello la scampano solo perché gli animali ormai sono intoccabili. I Re magi che ancora devono arrivare, tuttavia, hanno già la sorte segnata: bocca e naso coperti anche per loro. «Rimane il dubbio su come verrà presentato Gesù bambino, che nella notte tra il 24 e il 25 dicembre troverà posto nella culla fatta di legno e paglia. Mascherina si o mascherina no?», scrive un giornale locale. «Di certo dal Duomo di Torino arriva un messaggio a tutti i fedeli che si recheranno in chiesa e avranno modo di vedere il presepe: proteggersi rimane la forma di prevenzione più efficace».Il punto è esattamente questo: davvero in una chiesa il messaggio da recapitare ai fedeli deve riguardare la prevenzione della malattia? Nei giorni di Avvento il Vangelo parla dei due ciechi che vengono guariti dal Cristo per la loro fede: è il medicamento spirituale che viene promesso e donato a chi crede, è questa la vita nuova che deflagra col Natale. Invece, ancora una volta, la medicalizzazione trionfa. La religione del corpo ridotto a involucro si impone e non solo tocca bensì mastica e sputa i simboli della fede. All'ingresso delle chiese la disinfezione ha sostituito il segno di croce. L'acqua santa è stata abolita perché, come nelle epoche oscure, viene considerata veicolo di contagio (dunque è ridotta a acqua normale, il suo carattere speciale è eliminato). Ora ecco anche la Sacra famiglia imbavagliata: non è più folklore, a questo punto, è la divinità che svanisce per lasciar posto alla carne bruta. Allora tanto vale che i medici sostituiscano definitivamente i ministri del culto, e che la funzione del Salvatore sia esternalizzata a un commissario. Scriveva in una pagina splendida Luce Irigaray che «il divino è collegato all'aria, al respiro. Nella nostra tradizione, colui che si designa con il nome di Dio crea mediante il suo soffio, e quelli che fruiscono di poteri spirituali hanno un rapporto con l'aria, con il vento, con la fonte e il movimento della vita. Il diabolico invece si compiace del rinchiuso».Lo stesso Cristo è parola di Dio, dunque soffio. Un soffio che la mascherina mozza, segrega in gola. Vietando il canto, mascherando le statuine, si blocca il soffio vitale, si soffoca la parola, si zittisce il vento creatore. A questo ci ha ridotto la nuova religione, in cambio di una falsa promessa di vita (terrena) eterna: ci ha messo la mascherina all'anima, ci fa ammalare lo spirito nell'illusione di preservare il corpo.