2020-04-22
Conte: parole, parole, parole
Per spiegare che cosa ha detto Giuseppe Conte ieri in Senato credo che non ci sia nulla di meglio di una vecchia canzone di Mina: «Parole, parole, parole». A differenza della tigre di Cremona, il volpone di Volturara Appula con le sue parole non ci ha però trasmesso alcuna emozione, perché il suo discorso in giuridichese ci è parso scontato. Il principe del cavillo, l'esperto di diritto e di rovescio (tanto da riuscire a fare il premier di una maggioranza ma anche di quella contraria), ha confermato ancora una volta di essere un campione del nulla, capace di parlare a lungo senza dire niente di significativo, soprattutto senza prendere un impegno preciso con il Paese nell'«ora più buia» (la citazione è sua, perché il premier si sente un po' Winston Churchill, al quale lo accomuna la pochette).Sì, il presidente del Consiglio è stato concavo e convesso, come è in grado di trasformarsi quando si trova in stato di difficoltà, scivolando con l'abilità della saponetta su ogni asperità. Le opposizioni, ma anche il Pd, criticano l'applicazione che dovrebbe segnalare gli spostamenti degli italiani? Nessun problema, l'app di tracciamento sarà scaricata «solo su base volontaria» e chi non lo farà non subirà conseguenze né avrà limitazioni (ma allora a che serve? O è utile e allora sarebbe stato necessario spiegarlo o è inutile: la terza via non è ammessa). La riapertura delle attività? Sarà graduale, perché «l'avventatezza potrebbe compromettere i sacrifici fatti», ma «omogena per tutta Italia» così da evitare risse fra i governatori del Nord e quelli del Sud. Ma quali attività riapriranno dopo il 4 di maggio e con quali modalità? Il mistero è stato custodito da Conte meglio del terzo segreto di Fatima. Spariranno le zone rosse? «Sarà tuttavia tenuta sempre sotto controllo la curva dei contagi, al fine di prevedere provvedimenti specifici di restrizione per le zone che dovessero essere interessate da una recrudescenza dell'epidemia». Traduzione, la libertà sarà vigilata e revocabile? Risposta: «Le decisioni saranno commisurate alla specifica ricettività delle strutture ospedaliere delle aree di riferimento». Insomma, come ha spiegato anche via social prima di presentarsi a Palazzo Madama, «il riavvio sarà effettuato sulla base di un piano articolato e strutturato che tenga conto degli spostamenti dei lavoratori e della capacità dei mezzi pubblici». Parole, parole, parole. Purtroppo, al contrario della canzone di Mina, in questo caso non si sente neppure la voce di Alberto Lupo evocare le caramelle.No, niente rose e violini con l'avvocato del popolo. Le cifre vengono citate in ordine sparso, passando dai 25 miliardi stanziati inizialmente da Palazzo Chigi (ma come: non erano 400, e la poderosa iniezione di liquidità?) e che nessuno ancora ha visto, ai 50 miliardi che prossimamente, dice, arriveranno nelle tasche di famiglie e imprese. Gli avverbi sono la vera chiave di lettura delle parole di Conte. Dire prossimamente non impegna nessuno. Può essere domani o fra una settimana. Nel nostro caso, a quanto pare, ci si riferiva a maggio, quando arriverà il prossimo decreto. Dall'inizio dell'epidemia, nel frattempo, saranno passati due mesi e mezzo, forse tre, e alle imprese, ma anche alle famiglie, ancora non sarà chiaro su quali risorse dello Stato potranno contare e in quanto tempo. «A brevissimo» ha assicurato il premier, glissando con consumata abilità su una data certa. Sì, Conte non cambia mai, proprio mai. In Senato, dopo aver parlato di trilioni, ha evocato la Luna e i grilli, parlando del Mes e dell'European recovery fund. Sul primo il presidente del Consiglio ha dei dubbi, ma è sbagliato «alimentare un dibattito che rischia di dividere l'Italia su diverse tifoserie» (dunque che si fa? Si dice di sì o di no?). Sul secondo il premier invece si dichiara favorevole, ma non si aspetta che alla prossima riunione in Europa si trovi la soluzione. Dunque, nel frattempo che succede? Conte metterà il veto come ha fatto trapelare sui giornali o piegherà il capo? Neppure su questo il giurista di Volturara Appula pronuncia una parola definitiva. Già, dopo aver evidenziato la necessità di una risposta il più velocemente possibile (altro avverbio), il premier ha spiegato di voler attendere i regolamenti attuativi del «Pandemic crisis support», la nuova linea di credito del Mes, per vedere se sarà davvero senza «condizionalità». Insomma, Conte è Conte: un uomo di parola. Il suo problema è che di parole ne conosce e ne usa tante. Al punto che tra lui e gli italiani ci sono soltanto parole. Proprio come nella canzone di Mina.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?