2023-07-13
Il Ppe si scansa e fa passare la legge Natura
Fallisce di poco il tentativo di azzoppare la pericolosa norma green: all’europarlamento sì a un emendamento che riduce solo in parte le follie ambientaliste. I popolari si spostano a destra ma non basta a dare la spallata.Tensioni da un lato, abbracci dall’altro. È la fotografia finale scattata ieri pomeriggio all’Europarlamento. Come previsto da mesi la proposta sulla legge Natura, elemento portante del Green deal socialista, è arrivata al redde rationem. Dimostrandosi il culmine di un percorso di migrazione di voti e di spostamento politico dell’asse che tiene in equilibrio la maggioranza Ursula. La norma originaria nasce dall’idea degli estremisti verdi di far ritornare allo stato brado almeno il 30% dei terreni del Vecchio Continente. Compreso l’obiettivo di eliminare qualunque manufatto umano da almeno 25.000 chilometri di percorsi fluviali e l’idea di influenzare anche l’attività di una buona fetta di appezzamenti agricoli. Non è però questo il testo approvato ieri. Grazie a una serie di trucchi, tanto legittimi quanto inusuali, la commissione sostenuta dal vice presidente Timmermans si era premurata di far arrivare al voto della plenaria di ieri il testo modificato e smussato dal Consiglio. L’obiettivo dichiarato era spingere l’Aula a due voti. Il primo per il rigetto totale della legge e il secondo per il voto sul merito del testo più recente e non di quello originario e più estremista. È andata così. Il primo emendamento è stato bocciato 312 contro 324 e il secondo è passato 336 contro 300. E rispettivamente 12 e 13 astenuti. I socialisti hanno portato a casa la legge ma sul terreno hanno lasciato un altro pezzo di maggioranza, aprendo le danze in vista di settembre. Quando ci sarà l’altra vera battaglia: quella sulle case green. Il protagonista della giornata, dunque, è stato il Ppe, guidato da Manfred Weber il quale ha spostato il gruppo ancora più a destra. Per tracciarne i movimenti basta seguire gli appuntamenti d’Aula e in commissione che hanno scadenzato gli ultimi sei mesi. In occasione del voto che ha deciso l’avvio dello stop del motore endotermica entro il 2035, i popolari si sono presentati divisi esattamente in tre blocchi. Un terzo ha votato per le auto elettriche assieme ai compagni di coalizione, i socialisti del Pse. Un terzo – Weber in testa – a favore delle auto a benzina assieme alla destra. E il rimanente si è astenuto in compagnia dei liberali di Renew. Circa tre mesi fa c’è stato invece l’assaggio della battaglia sulla legge Natura. In quell’occasione chiamati a dare il parere erano i deputati della commissione Agricoltura, molto meno ideologizzata di quella sull’ambiente. Non a caso lì la maggioranza Ursula è crollata. L’effetto è stato quello di una sberla. I socialisti hanno capito davvero che dopo due decenni qualcosa stava per cambiare. I due alleati ma quasi avversari si sono reciprocamente attrezzati per affrontare il tema in Envi, la commissione Ambiente. Risultato pressioni, offerte e minacce. Il Ppe si è presentato spaccato più o meno a metà. Portando a casa un successo. Cioè riuscire a bloccare la legge Natura e, per la prima volta nella recente storia dell’Europarlamento, fare arrivare il testo in Aula con un timbro di bocciatura. Da qui il blitz dei socialisti e la sostituzione del testo originario con quello calmierato dal Consiglio Ue. Se non bastasse, il Pse è riuscito per tramite Renew ad affievolirlo ulteriormente sfilando i pericolosi vincoli in capo agli agricoltori. A questo punto il Ppe ha prima votato compatto al 90% per il rigetto totale della legge. E poi, alla seconda votazione, si è ripresentato vicino a Weber e alla destra all’80%. Ovviamente non è bastato per dare la spallata. Circa venti deputati sono rimasti al fianco di Timmermans, ma al tempo stesso si è dimostrato possibile lo scollinamento. Gli abbracci e le urla di gioia del Pse sono destinati probabilmente a durare poco. Ieri Timmermans ha dichiarato: «Seguire la scienza non è ideologico, negarla lo è. Non cadete nella trappola». Eppure lo stoytelling non sta più in piedi. Innanzitutto, perché il Pse pur di vincere ieri ha imposto ai Verdi e a The Left di approvare un testo che fino a poco tempo fa avevano svilito. A dimostrazione che la scienza non c’entra nulla. Non conta la conservazione del suolo, ma solo quella del loro potere. Inoltre, pur di vincere hanno aperto la strada agli scontri post estate. La casa green è un tema ancor più pretestuoso e potrebbe consentire al Ppe di terminare la transizione verso Ecr. Anche perché lo scollamento con i socialisti è iniziato proprio quando la deriva green di Timmermans e compagni è diventata plateale. A questo punto si aprono le scommesse. Ieri la componente della Lega ha commentato l’esito d’Aula evidenziando la spaccatura e l’insussistenza della attuale maggioranza. Tutto vero. Bisogna capire se per il Carroccio ciò significa ulteriore spinta per allinearsi e rinnovare l’accordo con la Le Pen e quindi tirarsi fuori dalla eventuale maggioranza Ppe-Ecr, di fatto indebolendola. Ieri nella conferenza post voto Weber ha definito la vittoria socialista sul green «una vittoria vuota». Per arrivare al passo successivo serve però una nuova maggioranza compatta e prima ancora serve che sulle case green i popolari terminino il percorso di transizione. Per i partiti italiani si pone un dilemma. Annacquarsi ideologicamente, fondersi e magari vincere la battaglia diventando propositivi, o mantenere le differenza e rischiare di essere marginali? L’autunno porterà consiglio. Intanto la Schlein fa festa contro gli interessi del Paese: «È fallito miseramente il tentativo portato avanti dai popolari e dalla destra di fermare un pilastro del green deal. Siamo felici che questa legge sulla natura sia passata, perché l’Ue ha messo in campo risorse significative».
Una riunione del Csm (Imagoeconomica)
Valerio de Gioia (Imagoeconomica)
Alfredo Mantovano (Imagoeconomica)